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La giustizia riconosce l’alleanza tra Mafia e Stato

 

Sentenza storica emessa dal Tribunale di Bologna, a seguito del processo contro la famiglia Femia

By Dorotea Di Grazia On Ago 3, 2017

 

La giustizia ammette l’esistenza di una collaborazione tra Mafia e Stato. Questa emergerebbe dall’insediamento di una sorta di “mafia 2.0” all’interno dell’apparato statale e dai loro numerosi interventi, tanto a volte da sostituire le istituzioni stesse, per modificare la Costituzione.

Queste sono le motivazioni alla base della sentenza emessa dal Tribunale di Bologna, a seguito del processo che ha giudicato l’organizzazione criminale con a capo la famiglia Femia, già duramente colpita nel 2013 dall’inchiesta “Black Monkey”.

Fonte: ifg.uniurb.it

Si tratta di moderne organizzazioni criminali che insediano nuovi ambienti e adottano metodi più innovativi e più efficaci, oltre quelli tipici, tanto da arrivare a minacciare di morte il giornalista Giovanni Tizian. Quest’ultimo andava eliminato, secondo i membri del clan, perché aveva osato denunciare le loro attività illecite che gli permettevano di lucrare attraverso il business  delle slot machine.

 

 

Una sentenza storica perché riconosce l’associazione a delinquere di stampo mafioso, con tratti spiccatamente moderni, e la cui forza di corruzione si fonda su enormi quantità di denaro. Nonostante non si sia insediata e diffusa nei “classici territori di radicazione”, come è stato precisato nella motivazione pubblicata il 19 luglio, detiene tutte quelle caratteristiche che la qualificano come associazione mafiosa.

Il gruppo seppur non collegato alla n’dragheta calabrese, ha tutte le caratteristiche per essere paragonato a quest’ultima e come tale deve essere giudicato: questo è il punto focale dell’impianto accusatorio sostenuto dal pm Francesco Caleca.

Un altro punto fondamentale affrontato e riconosciuto dalla sentenza è la stretta collaborazione e alleanzanata tra le organizzazioni criminali e i funzionari pubblici o politici. Secondo il presidente della prima sezione penale del Tribunale di Bologna, Michele Leoni, il processo mostra come i collegamenti con l’organizzazione criminale siano una realtà consolidata “con funzionari che assicurano una rete di sicurezza svelando indagini, o con sedicenti o effettivi apparati dell’intelligence”.

Queste organizzazioni sono riuscite a insediare anche nuovi territori come l’Emilia Romagna, un tempo estranei a questa illegalità, grazie sia all’assenso sociale estorto agli operatori economici e sia dall’usufruire dei vantaggi derivanti dalla condivisione di attività illegali.

La cieca violenza delle “nuove mafie” si esplicita anche nel progetto di uccidere il giornalista Tizian, colpendo di fatto la Costituzione visto che si intende negare la libertà di cui gode la stampa grazie all’articolo 21.