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Wirecard, il fintech per mafia e ‘Ndrangheta

La Stampa, 5 Agosto 2020

Wirecard, il fintech per mafia e ‘Ndrangheta

Dai clan baresi alle cosche reggine, il colosso tedesco nelle carte delle inchieste su criminalità organizzata, scommesse e riciclaggio

MATTEO CIVILLINI, GIANLUCA PAOLUCCI

BetUniq era una società di scommesse che si era inventata un modo ingegnoso per aggirare la normativa italiana sul gioco d’azzardo. Il sistema si reggeva su due elementi: la ‘Ndrangheta e i servizi di Wirecard, l’ex colosso tedesco del fintech, franato nel giugno scorso con un buco di due miliardi e una storia opaca ancora in gran parte da scrivere. BetUniq funzionava così: una fitta rete di agenzie camuffate da internet point dove, in teoria, i clienti avrebbero dovuto creare un proprio profilo online e scommettere senza l’intermediazione del centro. In realtà, le agenzie accettavano scommesse in contanti che venivano poi caricate su un unico conto gioco alimentato da un fido concesso da Uniq Group. Società maltese a capo di BetUniq, Uniq Group disponeva di un conto corrente aperto presso Wirecard che veniva utilizzato per il trasferimento di soldi dai centri scommesse in Italia alla casa madre. Nel 2014 erano transitati su questo conto circa 3,9 milioni di euro, che secondo gli investigatori della Dda di Reggio Calabria rappresentavano una parte degli incassi illeciti derivanti dalla raccolta fisica delle scommesse.

Betuniq non esiste più dal luglio 2015, spazzata via dall’operazione Gambling della Dda reggina. Il processo d’Appello per 22 imputati si è chiuso un anno fa con sedici condanne e sei assoluzioni. Tra i reati contestati l’intestazione fittizia di beni, l’associazione per delinquere e l’associazione mafiosa. A controllare il gruppo era Mario Gennaro, ai tempi espressione delle più importanti cosche reggine della ‘ndrangheta e oggi pentito. Proprio a una serie di famiglie di Ndrangheta faceva riferimento la rete di agenzie di BetUniq messa in piedi da Gennaro.

Tra le tante ombre del caso, oltre alla incapacità di regolatori e controllori di intervenire malgrado i numerosi allarmi, anche la disinvoltura con la quale Wirecard si è prestata a regolare transazioni di clienti ai limiti del legale – dal porno estremo al trading di prodotti finanziari ad alto rischio. Fatti che danno sostanza ai

Fino alle organizzazioni criminali vere e proprie. Perché quello di BetUniq non è un caso isolato e le cosche reggine non sono le sole, tra le organizzazioni criminali, ad aver testato l’efficienza di Wirecard per raccogliere e trasferire denaro derivante da attività illecite. Tra i suoi clienti c’era anche Centurionbet, società di gambling controllata dalla famiglia Martiradonna, vicina alla criminalità organizzata barese. Wirecard processava i pagamenti degli scommettitori sul sito Bet1128. Marchio che all’apice della propria espansione commerciale vantava diverse decine di centri scommesse in tutt’Italia e un fatturato stimato in oltre 100 milioni di euro.

Il rapporto tra Wirecard e Centurionbet è proseguito fino al maggio 2017, quando l’azienda maltese ha chiuso i battenti in seguito a un’inchiesta della Dda di Catanzaro. Schermata dietro una serie di scatole vuote a Panama e alle Isole Vergini Britanniche, la proprietà di Centurionbet era nelle mani di Francesco Martiradonna. Condannato l’anno scorso a 11 anni e 4 mesi per concorso esterno per aver fatto affari nel gioco d’azzardo con il clan Arena di Crotone.

Del legame tra Wirecard e Centurionbet ha scritto nei giorni scorsi il Financial Times. Un ex dipendente dell’azienda tedesca ha riferito al quotidiano britannico che Wirecard avrebbe svolto una revisione interna su Centurionbet dopo che erano emerse infiltrazioni mafiose in un altro operatore maltese. L’analisi di compliance avrebbe avuto esito positivo sulla base di garanzie fornite dall’azienda.

Ad affidare i propri soldi a Wirecard è stata in passato anche Sks365, un’altra azienda nota alle cronache giudiziarie. Nel novembre 2018 le procure di Reggio Calabria, Bari e Catania hanno accusato l’azienda di aver stretto alleanze, almeno fino al 2017, con clan di Cosa Nostra, Sacra Corona Unita e ‘Ndrangheta. Ponendo così le basi per costruirsi una solida posizione nel mercato. Oggi la gestione di Sks365 è passata a un nuovo management estraneo ai fatti incriminati. Ma all’epoca la proprietà era nelle mani di manager poi arrestati per associazione mafiosa, riciclaggio e truffa aggravata. Dalle carte dell’indagine emerge che tra numerosi conti correnti in mezza Europa, Sks365 ne aveva anche due con Wirecard, nei quali alle fine del 2015 erano custoditi oltre un milione e mezzo di euro.