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Wall Street Journal: “Un Paese fuori dalle democrazie moderne”

Nello scorso mese di aprile i media italiani sono stati teatro di una sceneggiata che sarebbe apparsa irreale praticamente in tutti gli altri Paesi del mondo occidentale. Il primo ministro Berlusconi ha criticato gli italiani che “facevano pubblicità” alla mafia scagliandosi in modo particolare contro Roberto Saviano e il suo libro “Gomorra” che ha messo sotto la lente di ingrandimento la corruzione legata alla Camorra e l’inquinamento criminale dell’economia nella sua regione, la Campania. Berlusconi ha affermato che gli scritti di Saviano e di altri intellettuali come lui rendono famosa la mafia e danneggiano l’immagine dell’Italia. La settimana scorsa la coalizione che appoggia il governo Berlusconi ha approvato in Senato una legge anti-intercettazioni che ostacola le attività investigative e favorisce la criminalità organizzata. Il governo assicura che le indagini in materia di organizzazioni criminali e terroristiche non subiranno alcuna limitazione. Il procuratore capo di Palermo, Francesco Messineo, ricorda che alcuni arresti eccellenti sono stati la conseguenza di intercettazioni relative a reati meno gravi e che con la nuova legge queste intercettazioni sarebbero vietate. Il procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso, è del parere che la nuova legge ostacoli in particolare la lotta al riciclaggio. Berlusconi ribadisce che la nuova normativa si propone di tutelare la privacy dei comuni cittadini e di allineare la legislazione italiana agli standard in materia di libertà civili alle altre democrazie. Il vero problema è che l’Italia non assomiglia affatto alle altre democrazie occidentali. L’Italia è un Paese nel quale le istituzioni – dalle forze armate alle autorità locali – si sono dimostrate in passato infestate da funzionari corrotti e permeabili all’influenza della mafia, un Paese nel quale i legami tra potere e criminalità sono stretti e oscuri e nel quale le organizzazioni criminali sono spesso più rapide ed efficienti del malridotto sistema giudiziario. Alla fine del mese scorso, vincendo il naturale riserbo diplomatico, il governo degli Stati Uniti si è visto costretto a manifestare la sua preoccupazione per la sostanziale cancellazione di questo importante strumento investigativo. L’inquietante sospetto è che la legge non abbia lo scopo di proteggere la privacy dei cittadini, ma che sia in realtà l’ennesima legge ad personam volta a proteggere la classe politica al potere. Scandali quali quello degli appalti per la ricostruzione di L’Aquila dopo il terremoto e quello relativo alle imbarazzanti rivelazioni sulla vita sessuale di Berlusconi non sarebbero venuti alla luce senza le intercettazioni. Con la nuova legge i giornalisti che pubblicassero il contenuto delle intercettazioni prima del processo rischierebbero una pesante multa e il carcere. Non è un semplice problema di criminalità e giustizia. La lotta alla mafia è anche un imperativo economico. Roma non riuscirà a ridurre il debito senza affrontare i problemi strutturali che ostacolano la crescita. Camorra e `Ndrangheta sono al centro di un sistema economico-criminale che demoralizza gli imprenditori, danneggia la competitività, tiene lontani gli investitori e distrugge posti di lavoro. Secondo SOS Impresa il giro d’affari della mafia è di 135 miliardi di euro l’anno e la maggior parte delle aziende al sud pagano il pizzo. Il presidente della Confesercenti, Marco Venturi, ha detto al Sole 24 Ore che la mafia costa all’economia 200.000 posti di lavoro l’anno. Se davvero I boss della criminalità organizzata sono pronti a far saltare i tappi di champagne per l’approvazione di questa legge “burletta”, a soffrirne non saranno soltanto giornalisti e pubblici ministeri. Il prezzo più alto continueranno a pagarlo quanti soffrono a causa di un sistema economico malato che attecchisce dove regnano paura e silenzio. (Wall StreetJournal)