Giorgina Yaboah; Felix Omolido: Storie vecchie, persone di cui ricordiamo il nome perché dietro gli slogan esistono donne e uomini. Partendo dalle loro drammatiche vicende l’Italia, nel tempo, si è data leggi e politiche che hanno cercato di non escludere nessuno dal diritto alla salute. Fino all’oggi: Joy Johnson a marzo muore di tubercolosi perché si tiene lontano da una sanità che teme le sia ostile. Kante, clandestina della Costa d’Avorio, partorisce al Fatebenefratelli di Napoli, ma i medici la denunciano. La contestata legge voluta dalla Lega nel pacchetto sicurezza non è ancora in vigore, ma c’è chi l’ha già applicata
Giorgina Yaboah, ragazza ghanese, è morta per gestosi (una complicanza della gravidanza certamente curabile) all’inizio del 1995. Era venuta in Italia per raggiungere il marito, falegname nell’opulento nord est, ma lei non aveva il permesso di soggiorno; per paura di essere denunciata e di esporre anche il marito all’espulsione, pur sentendosi male, non va in ospedale, non chiama il medico, non dice nulla nemmeno al marito … e poi è troppo tardi.
Felix Omolido, filippina di 42 anni, in Italia per lavorare e poter sostenere il marito e i due figlioletti nel suo paese quando nel 1985 muore per un’ulcera complicata non curata dice la cronaca, per paura di perdere il lavoro ed esser rimandata a casa da “sconfitta” dicono gli amici.
Storie vecchie, riprese da giornali ingialliti, persone di cui ho voluto ricordare il nome per sottolineare come dietro slogan, sigle, etichette esistono donne e uomini che sperano, sognano, soffrono. Partendo da questi fatti drammatici l’Italia nel tempo si è data leggi e politiche che hanno cercato di non escludere nessuno dal diritto alla salute.
La cronaca attuale: Joy Johnson, giovane nigeriana irregolare di 24 anni, sognando una vita migliore ma calata in un oggi di sfruttamento e dannazione (faceva la prostituta), all’inizio del marzo 2009 muore in Italia di tubercolosi perchè, probabilmente per paura, si tiene lontano da una sanità “nascosta” da polemiche e notizie contrastanti.
E ancora, la storia di Kante, vedova di un uomo ucciso, quattro anni fa, dalla guerra civile che dilania la Costa d’Avorio e la sua città di Abidjan. Rifugiatasi in Italia nel 2007, inoltra subito richiesta di asilo politico, che le viene negato due volte (attualmente pende il ricorso innanzi al Tribunale di Roma contro quella bocciatura). Intanto, stabilitasi a Napoli, Kante si innamora di un falegname di Costa d‘Avorio, resta incinta, si fa curare la gravidanza difficile presso l’ospedale San Paolo, con sé porta sempre alcuni documenti e la fotocopia del passaporto, trattenuto in questura per un’istanza parallela di permesso di soggiorno, non ancora risolta. Quando – il 5 marzo scorso – Kante arriva all’ospedale Fatebenefratelli per partorire il suo bimbo (“al San Paolo non c’era un posto”), dal presidio sanitario scatta un fax verso il commissariato di polizia di Posillipo che chiede “un urgente interessamento per l’identificazione di una signora di Costa d’Avorio”. Ovvero: la denuncia.
Esattamente ciò che la norma – voluta dalla Lega nell’ambito del pacchetto sicurezza, e già approvata al Senato – chiede. Forse è la prima volta in Italia in cui una norma viene applicata prima ancora di diventare tale.
Quelli che vi ho proposto sono casi estremi, certo, ma che testimoniano dei sentimenti di migliaia di immigrati, donne, adulti e bambini, malati più o meno gravi, che non saranno curati, anzi che, paradossalmente, non vorranno essere curati per paura.
Il 5 febbraio 2009, il Senato ha approvato un emendamento che toglie il divieto di segnalazione da parte degli operatori sanitari nei confronti di immigrati irregolari presenti in ambulatorio o in ospedale, in altre parole uno straniero non in regola con il permesso di soggiorno che si reca in una struttura di cura “deve” essere segnalato ed espulso.
Questo “rischio” (che nel caso di Kante si è rivelato come una prematura certezza) sta allontanando dai percorsi di cura migliaia di persone malate e, se approvato (il cosiddetto “pacchetto sicurezza” è in discussione in questi giorni alla Camera), renderà inaccessibile da questa specifica popolazione, il sistema sanitario.
Ciò confligge con il mandato costituzionale dell’articolo 32: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. …” ed è in contraddizione con l’etica professionale di ogni operatore che ha scelto di lavorare nelle professioni d’aiuto (medico, infermiere, psicologo, assistente sociale …). “… tutto quello che durante la cura ed anche all’infuori di essa avrò visto e avrò ascoltato sulla vita comune delle persone e che non dovrà essere divulgato, tacerò come cosa sacra …”: è il giuramento di Ippocrate che ogni nuovo medico si impegna a rispettare così come è tenuto, ai sensi dell’articolo 3 del Codice di Deontologia Medica “alla tutela della vita, della salute fisica e psichica dell’Uomo e il sollievo dalla sofferenza nel rispetto della libertà e della dignità della persona umana, senza distinzione di età, di sesso, di etnìa, di religione, di nazionalità, di condizione sociale, di ideologia, in tempo di pace e in tempo di guerra, quali che siano le condizioni istituzionali e sociali nelle quali opera”.
Non è un caso che unanimamente tutti gli ordini professionali, le più importanti società medico-scientifiche, le associazioni di aiuto ed assistenza, molti gruppi della così detta “società civile”, abbiano espresso dissenso e preoccupazione per il conflitto deontologico e per le problematiche di sanità pubblica che si verrebbero a creare. Infatti la paura di essere denunciati non farà accedere gli immigrati ai servizi e forse si faranno curare solo in situazioni di urgenza indifferibile (magari utilizzando percorsi paralleli e clandestini), e ciò avrà anche ripercussione sulla salute collettiva con il rischio di diffusione di eventuali focolai di malattie trasmissibili a causa dei ritardi nelle terapie e la probabile irreperibilità dei destinatari di interventi di prevenzione.
La salute è un bene indivisibile ed un diritto inalienabile, non è concepibile che ci siano fasce di popolazione escluse dai servizi e dalle tutele: e questo per la dignità e per la sicurezza di ogni persona.
Salvatore Geraci, Presidente della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni
(Tratto da www.aprileonline.info)