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Vibo Valentia, dove tutto è massomafia ma nessuno ha il coraggio di fermarla

Da Iacchite -7 Settembre 2023

Il Sole 24 Ore a settembre 2016 pubblica un articolo del proprio inviato a Vibo Valentia Roberto Galullo dal titolo eloquente: “A VIBO UN MASSONE OGNI 18 MASCHI MAGGIORENNI”… 

L’incipit dell’articolo di Galullo dava l’idea dell’estensione del fenomeno  massonico nella città di Vibo Valentia: “Se camminate per Vibo Valentia ogni 18 maschi residenti e maggiorenni che incontrate, avrete la possibilità concreta che almeno uno sia massone. Se anche voleste aggiornare la statistica all’intera provincia, uno ogni 91”.  Un dato che scaturiva dai numeri degli iscritti ufficiali fornito dalle cinque logge esistenti nella cittadina: Grande oriente d’Italia, Carducci, Monteleone, Murat e Musolino, oltre alla storica loggia Michele Morelli e che indicavano in (almeno) 700 gli iscritti all’epoca.

Ma ridiamo la parola a Galullo, che ci informava così: “Se aggiungiamo oltre alle 5 logge del Goi anche quella del Glri, la Gran loggia regolare d’Italia – che però si riunisce a Palmi – allora capirete chi conta davvero a Vibo Valentia. E per non farsi mancare niente, a Vibo c’è anche la loggia Giovanni Pasquale Francica della Sovrana Gran loggia garibaldini d’Italia (non mi chiedete cosa sia). Insomma, nel vibonese c’è un’irresistibile, irrefrenabile e incontrollabile voglia di grembiulini, guanti e compassi. Tutto alla luce del sole e – ovviamente – tutto legittimo”.

Sempre Galullo ci informava che “non c’è professione che non conti massoni ma se ce n’è una che non sa più dove metterli, ebbene quella è la professione legale”. A quel punto Galullo si pone la domanda se nelle logge fossero iscritti anche dei magistrati.  E si chiede: E SE CI FOSSERO ANCHE MAGISTRATI? Che tra gli avvocati ci siano flotte di massoni è ormai risaputo (in Calabria soprattutto ma non solo) ma la domanda sorge spontanea: e se nello stesso distretto giudiziario ci fossero anche magistrati e giudici iscritti alla massoneria?”.

In questi sette anni certamente tanto è cambiato in meglio sia nella procura che nel tribunale di Vibo, ma la domanda ha ancora una sua attualità. Per sottolineare l’importanza della massoneria vibonese il giornalista cita il massimo massone vibonese: “Una massoneria talmente importante, quella vibonese, che l’avvocato Ugo Bellantoni è stato Gran II Sorvegliante dal 20 marzo 2004 al 5 aprile 2009 del Goi”.

Ugo Bellantoni ha lavorato per un quarantennio all’ufficio Lavori Pubblici del Comune di Vibo. Iscritto fin dal 1970 alla massoneria, fu per anni uno dei suoi massini dirigenti nazionali in qualità di Gran Maestro onorario. Ha sempre privilegiato un profilo discreto, evitando deliberatamente le “luci della ribalta”,  ma tutti sapevano che era uno che decideva e comandava nella città di Vibo Valentia.

Siamo nel 2016, arriviamo al 2019 e all’esplodere dell’operazione Rinascita Scott di Nicola  Gratteri e della DDA di Catanzaro. Esce fuori dall‘indagine il sistema di potere della città basato su un intreccio di affari, clientele, amicizie, tra colletti bianchi, mafiosi, politici. Ugo Bellantoni viene coinvolto in un primo momento con l’accusa di  concorso esterno in associazione mafiosa. Poi lo stesso pm chiede lo stralcio della sua posizione.

Nell’indagine Rinascita Scott viene tirato in ballo dalle parole di Bruno Villone, ex vigile urbano che al pubblico ministero dichiara: “A Vibo Valentia vi è la loggia massonica Morelli che detiene, a mio giudizio, il potere finanziario ed amministrativo di tutta la città a tutti i livelli. Ricordo che è stato o è attualmente maestro venerabile di questa loggia il responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di Vibo Valentia, signor Bellantoni Ugo Davanti alla squadra mobile di Vibo Valentia nel 2007 afferma: Conoscevo  l’architetto Minarchi, dirigente della Sezione Urbanistica del Comune di Vibo Valentia, deceduto qualche anno addietro in circostanze poco chiare secondo me. Minarchi aveva diversi problemi personali dovuti all’etilismo ed all’uso di sostanze stupefacenti. Per ciò che è di mia conoscenza l’architetto Minarchi, nonostante la sua funzione, era succube degli amministratori dell’epoca particolare del signor Ugo Bellantoni, ed in adesso in pensione, e che per tanti anni ha ricoperto la carica di capo dell’Ufficio Tecnico del Comune di Vibo Valentia. Furono fatte delle grosse speculazioni edilizie per svariate decine di miliardi di lire che permisero a massoni e gruppi delinquenziali di appropriarsi di terreni agricoli di varia provenienza fra cui anche appartenenti alla Chiesa, di costruire palazzi con false concessioni fatte firmare al povero architetto Minarchi anche quando i terreni erano sottoposti a vincolo archeologico da parte della Sovrintendenza alle Belle Arti.

Il pm decise a giugno 2020 di stralciare la posizione di Bellantoni; nemmeno un anno prima, ricordiamo, ne aveva richiesto l’arresto per concorso esterno. L’avvocato del Bellantoni espresse all’epoca la giusta soddisfazione del suo assistito e Bellantoni esce dal ruolo di imputato dal processo Rinascita Scott. Subito dopo lo stralcio della sua posizione assunta dal pm dell’operazione Rinascita scott, Bellantoni, uomo solitamente schivo, rilascia un’intervista al Quotidiano del Sud, alla domanda del giornalista: “Di Bellantoni si diceva che fosse il capo di un gruppo di potere occulto che condizionava la città…” ecco cosa risponde: “Non c’è alcun fondo di verità. Vede, io faccio parte da tanto tempo, e ne sono orgoglioso, del Grande Oriente d’Italia, la massoneria ufficiale, autorizzata, verso la quale parte dell’opinione pubblica nutre un inaccettabile pregiudizio: sei massone? Allora non puoi essere una persona onesta e trasparente. Questo è ingiusto e inaccettabile”.

Il giornalista insiste: “Non può negare però che la massoneria ci ha messo del suo… Vedi le inchieste della magistratura e gli arresti”, e Bellantoni: “Beh, anche lei confonde la massoneria ufficiale con qualche scheggia impazzita, come furono le Brigate Rosse rispetto al Pci”. Torniamo a ripetere che l’aspetto penale è quello che meno ci interessa nella nostra disamina, anzi non ci interessa per nulla. Bellantoni, ultraottantenne, è ormai fuori dalla vita amministrativa e pubblica della città di Vibo Valentia.. Nessun qui vuole buttare fango sulla massoneria e sulle logge ufficiali, ma se vogliamo capire l’influenza che certa massoneria svolge nella vita pubblica della città di Vibo non possiamo che parlarne riferendo i fatti e le testimonianze che hanno visto protagonista uno dei suoi massimi dirigenti.

Nonostante l’archiviazione decisa dal pubblico ministero, il nome di Bellantoni, a questo punto non più indagato, viene  tirato in ballo in varie testimonianze durante il processo Rinascita Scott.

Iniziamo dall’interrogatorio di Andrea Mantella nel corso del processo Rinascita Scott. Nella seduta di fine maggio 2021 Mantella dichiara: Ugo Bellantoni è un massone di Vibo con entrature nella criminalità organizzata. Comandava più lui che il sindaco ed era in intimi rapporti con tutte le ‘ndrine del Vibonese e con il mio capo. Quando venne rapinato a Vibo di un orologio al circolo dei nobili, Bellantoni si rivolse al mio capo Carmelo Lo Bianco per recuperarlo e sono stato io ad individuare il rapinatore ed a recuperargli l’orologio nel 1991, poco prima del mio conflitto a fuoco con Roberto Piccolo. Ugo Bellantoni  era nella congrega di cui facevano parte Santo Lico, Enzo Barba e il senatore Murmura (n.r non indagato e scomparso)Bellantoni era amico pure dei Piscopisani, cioè di Ciccio D’Angelo e dei Giamborino.

Andrea Mantella sempre nella sua testimonianza nel processo Rinascita Scott  tira in ballo esponenti importanti della politica, della magistratura, dell’avvocatura e della ndrangheta e le sue dichiarazioni chiamano oggi in causa pezzi importanti dell’avvocatura, della magistratura ed anche della politica. Mantella dichiara: “Giancarlo Pittelli faceva parte di una loggia coperta. Era nella massoneria insieme a Ugo Bellantoni e Santo Lico (n.r scomparso e non indagato). E’ stato Micuccio Macrì quando ero detenuto insieme a lui nel carcere di Cosenza a dirmi che nella loggia coperta c’erano Pantaleone Mancuso, detto Vetrinetta, Giovanni Mancuso, Antonio Mancuso, Carmelo Lo Bianco ed il giudice Elio Costa (non indagato).

Andrea Mantella tira in ballo anche l’ex Procuratore della Repubblica di Vibo Valentia, Alfredo Laudonio:”In altra occasione, invece, il boss di San Gregorio d’Ippona Saverio Razionale si sarebbe recato in Tribunale a Vibo per picchiare il procuratore Laudonio poiché aveva osato non avvisare Razionale di avergli messo il telefono di casa sotto controllo. Razionale mi disse di essere entrato nella stanza di Laudonio per picchiarlo, ma la cosa non venne denunciata”. Sempre Andrea Mantella nella sua testimonianza asserisce che Laudonio era vicino a Pantaleone Mancuso e a Carmine Lo Bianco: “Anche Carmelo Lo Bianco aveva amicizia con Laudonio tramite un costruttore. Laudonio era nelle mani di mani Pantaleone Mancuso, Vetrinetta, tanto che per l’operazione Asterix io, Francesco Scrugli e Paolino Lo Bianco abbiamo tentato di arrivare al procuratore.

E’ bene precisare che Alfredo Laudonio, scomparso nell’autunno scorso a Tunisi dove si era ritirato, non è stato mai indagato in Rinascita Scott.  Fu invece rimosso dal CSM  dalla magistratura per le carenze di indagini dopo la morte della giovane Federica Monteleone all’Ospedale di Vibo Valentia.

Nella stessa udienza Andrea Mantella fa i nomi  degli ex comandanti dei vigili urbani Filippo Nesci e del suo predecessore Corigliano. Mantella dichiara su Nesci: Era considerato un amico degli amici nell’ambiente della ‘ndrangheta. Nesci era in rapporti con i Lo Bianco ed i Barba, ma anche con i Mancuso ed i Vallelunga di Serra San Bruno. Aveva inoltre rapporti con Gianfranco Ferrante. Ha preso il posto dell’ex comandante Corigliano ed era anche peggio di Corigliano. Corigliano, l’ex comandante, ha dato la possibilità al mio capo Carmelo Lo Bianco, detto Piccinni, di affittare agli ambulanti l’area del mercato dove mettere le bancarelle. Con Carmelo Lo Bianco, Corigliano era di casa e bottega, è stato da sempre funzionale ai Lo Bianco. Stessa cosa era Nesci, un mazzettaro. Le notizie su Nesci me le portò nel 2011 Francesco Scrugli che all’epoca sapeva tutte le questioni di Vibo Valentia. Non so riferire però un episodio specifico su Nesci, ma nell’ambiente della ‘ndrangheta si diceva così.  Mentre Nesci  è   a processo  nel processo Rinascita Scott , Domenico Corigliano non  è stato  indagato in Rinascita Scott.

Ancora  più ricca  sul mondo della massoneria vibonese è la testimonianza di Bruno Villone, sempre al processo Rinascita Scott di qualche mese fa, era novembre del 2022.Quindi successiva all’uscita di Ugo Bellantoni da indagato nell’operazione Rinascita Scott. Alle domande del pubblico ministero della DDA di Catanzaro, Bruno Villone risponde  descrivendo dettagliatamente la massoneria vibonese. Nel corso della mia attività ho saputo dell’esistenza di una loggia massonica a Vibo e sono stato perseguitato da alcuni massoni semplicemente perché cercavo di fare il mio lavoro onestamente…. Tutto è iniziato a metà anni ’80 quando ho denunciato alla Procura il comandante dei vigili urbani di Vibo Valentia, ma tutto è finito a tarallucci e vino. Il mio comandante Domenico Antonio Corigliano è massone, così come il mio vice…. Il capo della massoneria a Vibo era Ugo Bellantoni, un geometra, dipendente comunale. I rapporti fra me e questo gruppo di massoni sono sempre stati tesi, e mi facevano dispetti di ogni tipo sul lavoro, tanto che con un brigadiere dei vigili sono arrivato alle mani.

La testimonianza di Bruno Villone è lunga ed articolata, si sviluppa tra pedinamenti a Ugo Bellantoni e altri massoni, assiste  di nascosto ad un rito massonico dove dice: ”C’erano venti persone… alcune delle quali incappucciate, con Bellantoni che teneva una spada sulla spalla del magistrato. Ho riconosciuto il magistrato in questione in Elio Costa (n.r non indagato) che poco dopo divenne procuratore a Crotone”.

Tira in ballo come appartenenti alla massoneria personalità di primo piano della società vibonese: “C’erano Bellantoni e Corigliano, ma ne facevano parte anche diversi politici e medici “ Tra cui:” Ulderico Petrolo (n.r non indagato) insieme ai fratelli Franco e Giuseppe Petrolo (n.r non indagati). Questi Petrolo avevano poi fatto una loggia familiare. Il capo della loggia Carducci era invece l’avvocato Colloca… (n.r. scomparso e mai indagato) “. 

Poi parla a lungo di Pietro e Giovanni Giamborino affermando che fossero vicini alla famiglia Mancuso, Lo Bianco e Fiarè. Racconta un episodio emblematico di quando  Bellantoni e Giamborino furono fermati da una pattuglia della polizia: ”Ricordo poi che all’una di notte nella stessa auto le forze di polizia hanno fermato Giovanni Giamborino e Ugo Bellantoni”.  “Ugo Bellantoni si accompagnava a Vibo a Carmelo Lo Bianco, il quale Lo Bianco l’ho visto personalmente che andava a trovare Bellantoni nel suo ufficio al Comune. Bellantoni aveva anche una ditta di costruzioni intestata ad un suo prestanome, Antonino Profiti (non indagato). Bellantoni è riuscito a costruire anche una chiesa e l’oratorio su un terreno del demanio militare con vincoli archeologici”.

Sempre Villone: “Ho denunciato all’epoca un diffuso sistema di tangenti al Comune di Vibo ed era iniziata l’indagine dell’allora pm Coletta che trovò i riscontri alle mie dichiarazioni. Ma quando andò in pensione il procuratore di Vibo Scrivo, unico candidato a succedergli arrivò il dott. Laudonio, il quale da nuovo procuratore di Vibo la prima cosa che fece fu quella di acquisire le mie denunce e indagini non ne hanno più fatte. Ma se le carte le possono nascondere  i palazzi che hanno costruito non se li possono mangiare. Ciò che ho denunciato non è mai stato accertato perché le indagini non sono state fatte e per questo sono stato condannato per calunnia (n.r nei confronti di Elio Costa) e tuttora nutro sospetti anche sui magistrati dell’epoca di Vibo che mi hanno condannato. Ho denunciato anni di speculazioni edilizie a Vibo per le quali ci sono stati anche due morti, due omicidi: l’architetto Minarchi e la moglie.

Altri testimoni e collaboratori potremmo citare, ma per adesso ci fermiamo qui. Ci ritorneremo presto.

E’ impressionante questa cavalcata che parte dagli anni settanta della prima repubblica e vede LA COSTRUZIONE E IL CONSOLIDAMENTO di un sistema di potere forte e profondo con intrecci tra professioni diversi, apparati dello stato, politica, parlamento, imprenditoria, massoneria deviata, ‘ndrangheta. Un sistema di potere che non avrà nessuna conseguenza giudiziaria, infatti tutti i nominativi citati non sono mai stati indagati, ma che ha condannato Vibo Valentia ad essere una delle realtà economiche, civili e democratiche più  arretrate non solo dell’Italia tutta, ma anche della stessa Calabria. La prima Repubblica a Vibo Valentia ha espresso anche  uomini di una certa levatura, come il senatore democristiano Antonino Murmura. Senatore  per una vita, è stato il padre indiscusso della vita pubblica ed istituzionale a Vibo. Come in tutte le stagioni, vanno sottolineate luci ed ombre. Potremmo dire che nella Prima Repubblica la ‘ndrangheta bussava alla porta della politica. Oggi, viceversa, è la politica che bussa alle porte della ‘ndrangheta. Oggi alla ribalta di Vibo Valentia si affaccia Peppe Mangialavori… lo spessore intellettuale e culturale è anni luce lontano da quello del senatore Murmura. Potremmo dire che è un nano rispetto al gigante. Da ciò si può capire come la situazione a Vibo sia sempre più tragica e la marginalizzazione sempre maggiore.

Torniamo alla domanda delle domande al procuratore (in scadenza di mandato) Nicola Gratteri e al prefetto di Vibo e aggiungiamoci anche il procuratore di Vibo Camillo Falvo, sempre più “amico degli amici”: a Vibo ci sono le condizioni per far svolgere libere elezioni nel 2024?

Nessuna risposta abbiamo ricevuto finora, ma noi siamo tenaci e continueremo ad illustrare le indagini svolte dalla stessa Dda di Gratteri e che ci dicono che a Vibo NON CI SONO LE CONDIZIONI PER LIBERE ELEZIONI E CHE L’ASP DI VIBO ANDREBBE SCIOLTA IMMEDIATAMENTE. 

Fonte:https://www.iacchite.blog/vibo-valentia-dove-tutto-e-massomafia-ma-nessuno-ha-il-coraggio-di-fermarla/