CONVEGNO REGIONALE SUL TEMA:
“VECCHIE E NUOVE MAFIE A CIVITAVECCHIA E NEL LAZIO, STRATEGIE DI CONTRASTO”
RELAZIONE INTRODUTTIVA
“Troppa legalità e troppa giustizia danno l’orticaria. E’ accaduto prima con Mani Pulite e sta succedendo adesso per la mafia. Fino a quando si indaga sulla manovalanza va tutto bene; appena si alza il tiro iniziano i problemi”. E’ Giancarlo Caselli ad affermarlo in un’intervista alla Repubblica del 20 febbraio u. s.
Ed ancora: “Dobbiamo chiederci perché dopo un paio di anni di accettazione dell’antimafia, con cronometrica periodicità è riaffiorata la richiesta di mafia. Che è brodo culturale ideale per gli attacchi a questi Magistrati “alieni” che vogliono fare antimafia a 360 gradi.
E’ successo con Falcone e Borsellino, si è ripetuto con noi con attacchi violenti e delegittimanti… Spetta alla politica fare le leggi, ma nell’ultimo decennio poco o nulla è stato fatto. Primato della politica per qualcuno significa sottrarsi alla giustizia”.
Si fa un gran parlare in questi giorni di “lotta all’usura”. Si fanno convegni, dichiarazioni ai giornali. La verità è ben altra.
Con l’approvazione della legge cosiddetta “salva Previti”, si dimezzano i tempi della prescrizione della legge del 1996 contro l’usura. Da 15 a 7 anni e mezzo.
In 7 anni e mezzo in Italia non si riuscirà mai a completare un processo fino all’ultima istanza, per un reato, come l’usura appunto, per il quale è difficile ricostruire la prova.
Questo è il clima nel quale ci troviamo ad operare oggi nel nostro Paese. Ma c’è dell’altro. E’ dal 2000 che non viene finanziato il fondo antiusura. Le considerazioni le lasciamo tutte quante agli intervenuti.
Oggi, quanti si occupano, ai vari livelli ed in ambiti diversi, di lotta all’illegalità e contro la criminalità organizzata, si trovano ad operare in un clima di diffidenze e di difficoltà di ogni genere. Dal Prefetto di Latina che invita a… non “fare allarmismo”, al Presidente dell’Autorità Portuale di Civitavecchia che ti chiede… chi sono… “i finanziatori della nostra Associazione.
La lettera inviataci giorni fa dal Sig. Moscherini è emblematica al riguardo.
La leggiamo, senza commenti, per intero, accompagnata dalla nostra risposta
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“Egregio Dott. Di Cesare,
La ringrazio per l’invito che ha voluto riservarmi ma, purtroppo, non mi sarà possibile partecipare in quanto impegnato a Miami, per il “sea trade” annuale.
La lotta alla criminalità, i particolare alla mafia, è una materia di estremo interesse per questa Autorità Portuale, che ha sviluppato un articolato programma finalizzato a contrastare i tentativi di infiltrazione delle cosche mafiose e consentire un corretto sviluppo economico del network portuale.
Per quanto sopra ed al fine di inviare un qualificato rappresentante per assistere al convegno, La prego voler comunicare ulteriori notizie circa lo svolgimento della conferenza in oggetto, indicando inoltre l’attività l’organizzazione ed i finanziatori della Vostra Associazione.
In attesa di una Sua risposta, Le invio distinti saluti. ”
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“Egregio Presidente
l’abbiamo invitata quale rappresentante di un Ente che riteniamo importante ai fini dello sviluppo economico del nostro territorio, così come abbiamo invitato tanti altri al convegno del 18 p. v.
E’ la prima volta – nella vita di un’Associazione prestigiosa e che svolge da anni un ruolo meritevole e riconosciuto dai più alti livelli istituzionali e politici nell’azione di contrasto delle illegalità – che ci vengono rivolte domande sul nostro DNA e sui… nostri “finanziatori”.
I finanziatori “sono i nostri Soci e le notizie sulla nostra attività sono per la maggior parte – eccetto quelle che riguardano, ovviamente, i nostri rapporti su casi specifici alla Autorità investigative ed inquirenti – riportate sul nostro sito Internet.
Anche il programma della manifestazione del 18 p. v. a Civitavecchia è riportato sul sito internet, oltreché sulla stampa e si manifesti pubblici.
Acquisite tali assicurazioni, siamo certi che l’Ente da Lei presieduto offrirà a tutti, compresi i partecipanti al convegno, elementi preziosi per una lettura più puntuale del fenomeno criminale sul nostro territorio e per l’individuazione di un’efficace strategia di contrasto”.
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Ma veniamo al tema centrale di questa giornata: “La mafia a Civitavecchia e nel Lazio. Strategie di contrasto”.
Quello che ci preoccupa maggiormente è una pericolosa tendenza, fatte alcune eccezioni, ai livelli politici soprattutto ma anche istituzionali, a minimizzare il fenomeno della presenza della criminalità organizzata sul nostro territorio. Insipienza, impreparazione, complicità?
Non ci pronunciamo, perché siamo rispettosi di tutti i convenuti.
Noi abbiamo al riguardo delle idee precise, idee supportate quotidianamente da comportamenti che lasciano perplessi.
Abbiamo individuato e segnalato agli Organi investigativi e giudiziari una serie di fatti che riguardano soprattutto la situazione esistente in Provincia di Latina e sul litorale a sud di Roma che provano il livello di penetrazione della criminalità organizzata nel tessuto economico della nostra Regione. Ma è anche nel nostro impianto politico che la mafia estende i suoi tentacoli, come dimostra la recente operazione della cosiddetta “Formia connection”.
La mafia oggi fattura, secondo alcuni calcoli della Procura Nazionale Antimafia, intorno ai 100 miliardi all’anno. A questi, poi, vanno aggiunti quelli delle mafie straniere, da quella cinese, a quella albanese, da quella ucraina a quella nigeriana.
Il prossimo bersaglio della criminalità organizzata sarà, ha denunciato il Procuratore Vigna all’Assemblea dei Consigli Generali di CGIL-CISL e UIL, il sovvertimento delle regole del mercato. E sempre il Dr. Vigna ha denunciato che in provincia di Caserta “il commercio di polli, latte e pane è in mano alla camorra”. C’è, poi, tutto il settore del mercato delle persone che colpisce migliaia di ragazze buttate sulle nostre strade e decine e decine di migliaia di uomini e donne sono utilizzati come schiavi e senza alcuna copertura assicurativa e sanitaria nei campi, nei cantieri edili. Un commercio di persone che fa vergogna ad un Paese civile, che sottrae energie allo Stato e che porta un fiume di denaro alle bande criminali.
Quando l’economia finisce in mano alla criminalità, l’incidenza anche sul piano sociale e politico è notevole. E’ l’intero sviluppo civile, culturale, morale, politico ed economico che viene compromesso. Non bisogna, perciò, essere teneri con coloro che a livello politico ed istituzionale sono collusi con le mafie.
Sono anni che stiamo chiedendo a Magistratura e forze dell’ordine di indagare sulle collusioni fra politica e mafia. Ci sono zone d’ombra sulle quali bisogna far chiarezza. Certe concessioni edilizie, certe autorizzazioni rilasciate da Comuni, Enti pubblici e così via, a persone sospettate di essere direttamente od indirettamente collegate con la criminalità organizzata, , provano l’esistenza di aree di contiguità fra mafia e politica, fra mafia e pezzi di Istituzioni.
Ci stiamo interessando in questi giorni di alcune situazioni esistenti nel territorio di Sabaudia, in Provincia di Latina, dove, nell’ambito dei “Patti territoriali”, sarebbero state rilasciate concessioni addirittura a parenti di “Frank tre dita”. Abbiamo già chiesto agli organismi interessati di verificare la fondatezza della notizia. Abbiamo chiesto, inoltre, al Sindaco di quella città di fornirci, ai sensi della legge n. 240/91, tutti i dati identificativi dei soggetti, singoli o collettivi, i cui progetti sono stati approvati nell’ambito dei patti territoriali. In quella città, com’è noto, ai magistrati dell’Antimafia, qualche anno fa è stato bloccato un tentativo della camorra di realizzare un ippodromo.
Stiamo parlando di Sabaudia, di Formia, degli investimenti nel Porto di Gaeta, di Fondi, di Sperlonga, San Felice Circeo, Terracina, Aprilia, Latina, Cisterna, della provincia di Latina intera; ma parliamo anche del Cassinate, di tutto il litorale a sud di Roma, da Pomezia-Torvaianica – dove molti amministratori delle passate Giunte sono finiti in galera e dove ci sono da tampo presenze inquietanti – ad Ardea, Anzio, Nettuno.
E’ gran parte del Lazio, insomma, è gran parte della sua economia, che rischiano di cadere nelle mani dell apiovra, sia essa siciliana, o calabrese o campana, o cinese, o ucraina, o albanese, o nigeriana, o, – non sottovalutiamone la pericolosità – indigena, perché – lo riconoscono anche taluni vertici istituzionali – c’è ormai, anche una mafia locale, costituita da imprenditori locali che hanno stretto patti di ferro con le mafie storiche e fanno i loro affari, trovando complicità nell apolitica, a nelle istituzioni, nelle banche.
Nella relazione del secondo semestre 2003 al Parlamento la Direzione Investigativa Antimafia evidenzia la presenza nella parte meridionale del Lazio, ma anche nell’intero tratto costiero, di elementi collegati alla mafia siciliana (famiglie Privitera o Cursoti). La mafia siciliana è interessata alla realizzazione delle opere pubbliche nel Lazio, sia lungo la fascia della litoranea che nelle zone interne, segnala la DIA.
“Nel Lazio, continua la DIA, con particolare riferimento a Roma ed al litorale a sud della Capitale, soprattutto nel tratto tra Fiumicino ed Anzio, si registra la presenza di elementi collegati ai clan camorristici Cozzolini e Contini. Sempre nella nostra regione, inoltre, nello stesso rapporto della DIA viene evidenziata la presenza di elementi collegati alle ndrine dei Morabito-Mollica e Gallace-Novella, originari del soveratese. Nella regione, sostiene sempre la DIA, l’attività delle associazioni mafiose è significativa: le consorterie hanno posto solide basi per il controllo del territorio, esercitando in modo sistematico tutte quelle attività tipiche della propria terra d’origine, quali l’usura, le estorsioni, gli omicidi, il traffico di sostanze stupefacenti, arrivando ad imporre il pizzo ai delinquenti locali sui proventi delle attività criminali.
Si sottolinea che la presenza della criminalità organizzata calabrese nel Lazio ha radici antiche, riconducibili alla guerra di mafia degli anni 1986/1991, allorquando diversi fuoriusciti reggini trovarono riparo a Roma e nel suo hinterland. Tracce di appartenenti alle famiglie Mollica e Morabito si rilevano anche in alcuni centri a nord della Capitale, in particolare Rignano Flaminio, Morlupo e Sant’Oreste, ove si ritiene che siano entrati in contatto con personaggi legati al faccendiere Enrico Nicoletti e con i suoi figli, svolgendo attività criminali che variano dalle estorsioni all’usura ed al riciclaggio di capitali illeciti, nonché attività economiche lecite. E’ peraltro prevedibile un possibile tentativo da parte di taluni appartenenti alla ndrangheta di effettuare cospicui investimenti di capitali in attività commerciali nella Capitale, nonché di insinuarsi negli appalti per i lavori di ristrutturazione e ammodernamento delle aree portuali di Civitavecchia e Gaeta.
Per quanto riguarda il Porto di Gaeta – che, come è noto, è gestito dall’Autorità Portuale di cui è Presidente il Sig. Moscherini – l’”Espresso” del 23 gennaio 2003, in un servizio dal titolo “Cosa Nostra va a Palazzo” a firma di Marco Lillo, ha lanciato l’allarme parlando di intrecci fra mafia e politica. “Secondo un rapporto della squadra mobile di Palermo, arrivato ai Magistrati romani che indagano sul caso della cocaina al Ministero del Tesoro – scrive Lillo -, Mario Fecarotta, l’uomo della mafia per i lavori portuali, che vince le gare in combutta con la famiglia Riina, e poi gira i subappalti a beneficio di Totino, figlio del boss di Corleone, aveva “rapporti confidenziali” con il responsabile del controllo di legalità del Ministero delle Infrastrutture. Sembra una barzelletta, continua l’Espresso”: l’uomo che ha incontrato Fecarotta al Ministero nell’estate del 2001 e che lo ha poi indirizzato agli uffici giusti per una pratica relativa al Porto di Gaeta (che tanto interessava ai Corleonesi), è Vito Riggio, presidente della Commissione di controllo del Ministero di Pietro Lunardi. “Effettivamente conosco Fecarotta da quando siamo piccoli “fa sapere a l’Espresso” – Riggio – ed è vero che l’ho incontrato per la questione di Gaeta. Ma l’ho solo indirizzato agli uffici competenti. I lavori partirono, scrive l’Espresso ed il Ministero propose la rescissione soltanto dopo l’arresto di Fecarotta. Rescissione, scrive Lillo, mai avvenuta grazie al subentro provvidenziale di una Ditta di Bologna “!!!… Ditta, questa”, pulita, ovviamente.
Nel servizio giornalistico di Lillo vengono citati nomi di politici eccellenti che ricoprono incarichi di Governo sia a livello nazionale che della Regione.
Lasciamo Gaeta e la Provincia di Latina, la cui economia è ormai, per una parte significativa, nelle mani della criminalità organizzata (vedi il controllo che questa esercita sul MOF di Fondi ed i grossi investimenti di cui si parla nella zona, appunto, della Piana di Fondi), per passare a Civitavecchia.
Ci limitiamo a citare al riguardo quanto è venuto fuori con l’operazione “Cobra” che ha visto nel 2002 l’arresto dei fratelli gelesi Antonio e Salvatore Rinzivillo vicini a Giuseppe Madonna. Trasferitisi a Roma, con l’ausilio di funzionari pubblici, essi si sono impegnati nell’aggiudicazione di appalti, soprattutto nei settori nautico e carcerario…
Scrive “Antimafia duemila” al riguardo:
“Ad insospettire gli investigatori e a far scattare le indagini, era stata la scelta dei Rinzivillo di spostarsi nella Capitale, dove, peraltro, i due malavitosi avevano l’obbligo della firma. Il binomio mafia-appalti, infatti, correva sull’asse Lazio-Sicilia ed era gestito in particolare da tre persone – che collaboravano direttamente con i boss – ma che, comunque, rappresentavano solo l’estrema punta di un iceberg. Si tratterebbe della direttricedel carcere di Civitavecchia Elvira Ceci, dell’avvocato romano Franz Russo e del Presidente degli industriali di Caltanisetta e dei costruttori siciliani aderenti a Confindustria, nonché del Presidente dell’Ance (Associazione dei costruttori edili) Pietro Di Vincenzo. Elvira Ceci sarebbe accusata di aver favorito alcune Ditte, ritenute colluse con la mafia, nell’assegnazione di commesse… Prima e durante la gestione Ceci, il penitenziario era stato sottoposto a consistenti lavori di restauro, quasi tutti assegnati mediante aste pubbliche. Franz Russo sarebbe indicato dagli inquirenti quale referente dei Rinzivillo, per i quali avrebbe deciso strategie per l’acquisizione di appalti pubblici. A questo punto della vicenda avrebbe fatto la sua comparsa il geometra massimo Ceccarelli, addetto all’ufficio gare del Provveditorato dei Lavori Pubblici che, sulle offerte, avrebbe segnato il ribasso per le opere pubbliche. Ci sarebbe, infine, il Di Vincenzo, l’ingegnere, che, in passato, era gia stato coinvolto in altre inchieste su mafia ed appalti e, finito in manette, nel giugno del 93, nell’ambito di un’indagine condotta dal pool di Mani Pulite della Procura di Milano, dopo un interrogatorio dell’allora PM Antonio Di Pietro.
Al centro delle accuse al Di Vincenzo ci sarebbe un faccendiere romano, tale Pietro Canale, conosciuto, stando alle dichiarazioni dello stesso Di Vincenzo, “a Caltanisetta durante una visita elettorale dell’On. Rocco Bottiglione. Canale era con lui”.
Il Procuratore Vigna, in alcune dichiarazioni riportate lo scorso mese da alcuni organi di stampa, ha detto:
“Il ROS ad Anzio, ma anche la Polizia ad Ostia ed i Carabinieri a Civitavecchia hanno potuto constatare come l’infiltrazione mafiosa tenda a controllare, sempre di più, gli appalti per importanti infrastrutture pubbliche, come, ad esempio, le grandi opere marittime a Civitavecchia o i lavori di ammodernamento del Porto di Gaeta”.
Quest’ultimo, com’è noto, è gestito, insieme a quello di Fiumicino, dall’Autorità Portuale di Civitavecchia. Siamo curiosi, a questo punto, di conoscere quali efficaci strumenti di contrasto siano stati messi in atto da queste Autorità così come ci assicura il suo Presidente nella nota da me lettavi.
Ma per Civitavecchia l’allarme per quanto riguarda le attività mafiose non riguarda solo il Porto e gli appalti pubblici.
“Probabili infiltrazioni mafiose legate ad abusi edilizi sono segnalate dalla Procura di Civitavecchia”, rivela il Procuratore Generale della Corte d’Appello, Salvatore Vecchione, nella relazione con cui ha inaugurato l’anno giudiziario scorso.
I continui condoni non hanno fatto altro che stimolare la criminalità organizzata ad investire i propri proventi illeciti.
Che fare per fronteggiare questo fenomeno criminale?
Certamente alcuni provvedimenti adottati o prossimi ad essere adottati, come quello che riduce da 15 a 7 anni e mezzo i termini di prescrizione per il reato di usura, oggettivamente favoriscono la mafia; come il messaggio del Ministro Lunardi secondo il quale noi tutti ci dovremmo rassegnare a… “convivere con la mafia”; come l’attacco continuo ai Magistrati; come l’opera di costante denigrazione dei cosiddetti “pentiti”; l’intervento per rendere più difficili indagini e processi manomettendo i meccanismi di formazione delle prove; le varie leggi ad personam e quant’altro.
Tutti elementi, questi, che fanno nascere dubbi sulla reale volontà di combattere le mafie!
Il discorso, quindi, investe soprattutto gli ambiti culturali e politici. Fino a quando i cittadini, tutti i cittadini, non avranno acquisito la consapevolezza che la lotta alle illegalità ed alle mafie non può continuare ad essere fatta solamente dalla Magistratura e dalle forze dell’Ordine, non si faranno passi in avanti.
La lotta alla mafia è un’emergenza nazionale, forse la prima, di cui ci dobbiamo fare carico tutti, a qualsiasi livello.
Dobbiamo tutti convincerci che non ci sarà mai sviluppo economico se c’è mafia. Chi è quell’imprenditore serio che verrà mai ad investire i suoi soldi su un territorio, come il nostro, inquinato dalla mafia???… Ognuno di noi, quindi, tragga le conseguenze!!!
C’è l’esigenza di una mobilitazione di tutti, cittadini, sindacati, associazioni, chiesa, partiti, scuola.
Magistratura e forze dell’Ordine, dal canto loro, debbono adeguare il loro impegno alle nuove realtà.
Qualcuno dice “più finanzieri e meno carabinieri e poliziotti”.
Noi non lo condividiamo. Certo è che oggi la mafia si è aggiornata, è diventata “impresa” ed è sul piano economico che essa va affrontata.
Si debbono fare più indagini patrimoniali per individuare l’”origine” dei flussi finanziari. La mafia va combattuta sottraendole e destinandole all’uso sociale le ricchezze illecitamente acquisite.
E’ il “livello” delle indagini che va elevato, dotando forze dell’Ordine e Magistratura di maggiori risorse umane e di mezzi, razionalizzando l’organizzazione sul territorio dell’intero impianto investigativo e giudiziario, colpendo quelle aree di contiguità e di collusione fra mafia, pezzi delle Istituzioni e della politica.