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Vasta operazione della Polizia contro la ‘ndrangheta

Cosenza, catturato il mammasantissima “Don Pino” Vrenna, figlio ddel padrino storico di Crotone zu’ Luigi ‘U Zirru

La polizia di Stato lo ha arrestato a Settimo di Montalto Uffugo. A qualche chilometro da Cosenza,   Il latitante di ‘ndrangheta  viene ritenuto dalla Polizia come uno dei capi di società dell’omonimo clan di mafia( cosca di Crotone).  E’ stato sorpreso dalla Polizia e dalle Squadre Mobili di Crotone ( diretta dal vice-questore aggiunto,Angelo Morabito e dal vice Cataldo Pignataro) e di Cosenza ( diretta dal viuce-qiestore aggiunto Fabio Ciccimarra) in un appartamento del centro monteltese. I poliziotti, sono entrati nella casa in cui si nascondeva il latitante, calandosi dal piano superiore e sfondando una finestra, dopo che avevano bussato inutilmente alla porta dell’appartamento. Il rampollo di ndrangheta era ricercato con l’accusa di associazione per delinquere di stampo mafioso finalizzata ad estorsioni ed omicidi.

Era ricercato dall’aprile 2008 quando sfuggi alla cattura nell’ambito dell’operazione «Eracles» con l’emissione di 55 ordinanze di custodia cautelare nella quale erano state arrestate numerosi esponenti delle cosche mafiose operanti nella provincia di Crotone (contro la cosca Vrenna-Corigliano-Bonaventura).  ritenute responsabili inoltre di omicidi, traffico di armi e stupefacenti estorsioni e danneggiamenti. I fermi, oltre che a Crotone, erano stati eseguiti nel Lazio ed in Emilia. In quest’ultima regione, in particolare, insediati tra Bologna e Reggio Emilia per approvvigionare il mercato della droga di quelle zone il gruppo Vrenna-Bonaventura aveva importanti diramazioni per procurarsi la droga oggetto del traffico che veniva gestito in Calabria ed in altre regioni. L’operazione, della cattura del bosss crotonese, coordinata dal Servizio Centrale Operativo della Direzione Centrale Anticrimine, è stata portata a termine oggi all’alba.
Domenico Salvatore

COSENZA-Siamo al millenario braccio di ferro fra “Guardie & Ladri”. Le Guardie hanno capito che per vincere devono stare unite e lavorare in sinergia. Il legislatore sta adeguando le leggi. Le istituzioni, allergato i cordoni della borsa. Ma Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia penitenziaria, Guardie Forestali eccetera, non possono “sopravvivere” con questi stipendi da fame. Né con le promesse da marinaio. E non parliamo di certa caserme fatiscenti, che offendono la dignità delle forze dell’ordine. I magistrati, non nuotano nell’oro. Un aumento di stipendio anche per loro sarebbe auspicabile. Un altro pezzo da novanta della ‘ndrangheta, Giuseppe “Don Pino” Vrenna è stato catturato. Nell’inchiesta Hercules figurano anche due omicidi. Quelli di Gianfranco Gallo e Leonardo Covelli, accaduti nel 2000 e provocati dalla spaccatura determinatasi all’interno della cosca con il passaggio di alcuni esponenti ai gruppi Megna e Russelli. La spaccatura diametrale ha generato un forte  contrasto da cui sono scaturiti i tre omicidi in cinque giorni accaduti nel periodo di Pasqua nella frazione Papanice e ad Isola Capo Rizzato. Il titolare di un’ impresa era stato costretto, suo malgrado, a pagare “due pizzi”. La polizia di Stato lo ha arrestato a Settimo di Montalto Uffugo. A qualche chilometro da Cosenza,   Il latitante di ‘ndrangheta  viene ritenuto dalla Polizia come uno dei capi di società dell’omonimo clan di mafia( cosca di Crotone).

fabio-ciccimarra

E’ stato sorpreso dalla Polizia e dalle Squadre Mobili di Crotone ( diretta dal vice-questore aggiunto,Angelo Morabito e dal vice Cataldo Pignataro) e di Cosenza ( diretta dal vice-questore aggiunto Fabio Ciccimarra) in un appartamento del centro monteltese. I poliziotti, sono entrati nella casa in cui si nascondeva il latitante, calandosi dal piano superiore e sfondando una finestra, dopo che avevano bussato inutilmente alla porta dell’appartamento. Il rampollo di ndrangheta era ricercato con l’accusa di associazione per delinquere di stampo mafioso finalizzata ad estorsioni ed omicidi.

poliziotto

Era ricercato dall’aprile 2008 quando sfuggi alla cattura nell’ambito dell’operazione «Eracles» con l’emissione di 55 ordinanze di custodia cautelare nella quale erano state arrestate numerosi esponenti delle cosche mafiose operanti nella provincia di Crotone (contro la cosca Vrenna-Corigliano-Bonaventura).  ritenute responsabili inoltre di omicidi, traffico di armi e stupefacenti estorsioni e danneggiamenti. I fermi, oltre che a Crotone, erano stati eseguiti nel Lazio ed in Emilia. In quest’ultima regione, in particolare, insediati tra Bologna e Reggio Emilia per approvvigionare il mercato della droga di quelle zone il gruppo Vrenna-Bonaventura aveva importanti diramazioni per procurarsi la droga oggetto del traffico che veniva gestito in Calabria ed in altre regioni. L’operazione, della cattura del bosss crotonese, coordinata dal Servizio Centrale Operativo della Direzione Centrale Anticrimine, è stata portata a termine oggi all’alba.
I Vrenna sono una ‘ndrina originaria di Crotone formata da tre famiglie, Vrenna, Bonaventura e Corigliano. É stata la prima famiglia di ndrangheta di Crotone, (Da Wikipedia, l’enciclopedia libera da circa 60 anni sono presenti sul territorio anche se negli anni ‘80 erano dati in declino.[senza fonte] Le attività illecite in cui operano sono il traffico di droga e le estorsioni.
Le parentele familiari
I Vrenna ed i Bonaventura sono fratelli di padre Zu Luigi (Zio Luigi) u Zirro il quale ha avuto una moglie e relazioni con altre donne, ma hanno il cognome diverso, sono in totale fra uomini e donne più di 25 figli, ma non tutti hanno a che fare con gli affari del clan. I Corigliano sono un’altra famiglia dove Paolo il presunto capo è sposato con una figlia di Zu Luigi.
Storia
Origini
Il capostipite era Luigi Vrenna, il quale comandò il clan sino al 1974 anno che lo vide arrestato quale mandante dell’omicidio di due bambini.(figli di tale Umberto Feudale uomo di rispetto, detto u petruliaru che era dedito al contrabbando di sigarette). U petruliari qualche mese prima aveva ucciso un figlio di Zu Luigi, Calogero Vrenna detto Nini di anni 22 per motivi futili il quale era ritenuto da tutti un attacca brighe, e dopo averlo sparato lo investi con la macchina mentre era a terra morto in segno di sfregio,iniziando cosi una faida dove vennero colpite oltre ai bambini anche le donne dei Feudale. Per l’uccisione dei bambini(considerati sacri per quei tempi) il clan ebbe numerosi arresti,cadde in declino e fu contestato dalla popolazione di Crotone e si ridimensionò, cosi altre famiglie del crotonese cercarono di prendere il potere,tra questi le famiglie storiche di Isola ,Cutro e Cirò. Luigi Vrenna morì per cause naturali.
Oggi
Attualmente la cosca è la piu potente in Crotone[senza fonte] anche se dopo il pentimento di alcuni membri tra questi Luigi Bonaventura,detto Gnegnè, è stata decimata dagli arresti(39) con l’operazione Heracles.
Alleanze
Essa è collegata con tutte le famiglie del crotonese come i Megna, gli Iona e i Grande Aracri.
Capibastone e elementi di spicco
Raffele Vrenna detto Vignareddu (Ex vicepresidente della Confidustria calabresee ed ex presidente del Crotone Calcio)
Antonio (Tonino)Vrenna, capobastone
Gianni Bonaventura (morto per cause naturali l’11 marzo 2003)
Mario Bonaventura in carcere a seguito operazione Heracles
Giuseppe(Pino) Vrenna, presunto capobastone dal 2008 latitante
Luigi Bonaventura detto Gne-gnè (collaboratore di giustizia)
Salvatore Bonaventura detto rino papà di Gnegnè in carcere
Luigi Bonaventura Gnegne, sgarrista pentito
Paolo Corigliano, cognato di Giuseppe Vrenna( ha sposato la sorella)
Egidio Cazzato, amico fraterno di Gianni Bonaventura(gli hanno ucciso un figlio Vittorio nel 1990) in carcere
Sergio Vrenna, arrestato
Gianluigi Vrenna , detenuto con il reggime del 416 bis
arrestati-vrenna-1

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Fatti recenti
Il 7 aprile 2008 con l’operazione Hercules vengono arrestate 39 persone
presunte affiliate alle cosche Vrenna, Bonaventura e Corigliano a Crotone, Reggio Calabria nel Lazio e in Emilia Romagna. Dall’operazione si evincono varie attività illecite tra cui il traffico di droga, rifornimento di esplosivo dalla criminalità albanese, estorsione dal 2002 a un’impresa di pulizia e intimidazione delle forze dell’ordine da cui in questo periodo si sentivano braccati. Obbligavano anche locali (La casa cantoniera, il bar Columbus, il pub Bounty) come discoteche (Tortuga e Blanco) a ricevere protezioni da appartenenti alla cosca in cambio di denaro. L’11 aprile vengono confermati i fermi a 34 persone.
Il 28 aprile 2008 con l’operazione Eracles II vengono arrestate dalla polizia 55 persone legate ai Vrenna-Bonaventura-Corigliano. Sono accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione, detenzione di armi e traffico di sostanze stupefacenti.
Ndrine alleate
Bonaventura
Nenna
Megna
Operazioni Heracles e Puma. Non solo omicidi, traffico di droga, estorsioni, ma anche intimidazioni e danneggiamenti a rappresentanti delle forze dell’ordine e magistrati, per indurli ad allentare la pressione su di loro. E perfino l’invio di alcune lettere anonime al Questore di Crotone nientemeno. Gli affiliati alla cosca Vrenna-Corigliano-Bonaventura di Crotone non si limitavano a gestire le solite attività illecite, ma erano arrivati a colpire gli investigatori per indurli a lasciare perdere le indagini o, quantomeno, a rallentarle. Pura illusione. Lo Stato non s’intimidisce e non s’arrende. Anzi lotta e combatte con tutte le sue forze per distruggere il male e far prevalere il bene
Infatti le indagini,   alle quali hanno dato il loro contributo  ben cinque collaboratori di giustizia, sono andate avanti e si sono intensificate. Così era arrivata una prima risposta all’escalation di violenza ed ai delitti della settimana di Pasqua 2008, nella frazione Papanice di Crotone e a Isola Capo Rizzato, che avevano gettato la gente nella paura e nel terrore. Vedi omicidio di Luca Megna, figlio del boss Domenico detto Mico; ucciso il 22 marzo in un agguato, nel quale è rimasta ferita la figlia di cinque anni. Da quel giorno ricoverata in stato di coma nell’ospedale di Catanzaro. A Giuseppe Cavallo, legato ai Russelli, ai quali tramite un collegamento con i Nicoscia, era legato anche Francesco Capicchiano, ucciso a Isola Capo Rizzuto il 27 marzo del 2008.

La ‘ndrina sentiva la pressione delle forze di polizia. E’ per questo  era stato progettato un piano di delegittimazione di magistrati e investigatori.   Con minacce, lettere minatorie, aggressioni e attentati contro investigatori e loro familiari. Il pettegolezzo mirato (il famigerato “murmuru”) è una delle armi più efficaci sul territorio di cui si servono le cosche mafiose calabresi.  Era stato approntato un piano per la diffusione di voci diffamatorie e notizie false per screditare magistrati e investigatori. In cui si dovesse fare uso delle fiamme e dell’esplosivo Vedi l’incendio il 6 gennaio 2007, dell’auto di un assistente capo della polizia e l’attentato dinamitardo , compiuto il 26 aprile 2007contro un negozio di proprietà della moglie di un ispettore. L’esplosivo giunse da Roma all’interno di un pacco trasportato a Crotone da un pullman di linea In entrambi i casi, secondo l’accusa, corroborata dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, il mandante era Antonio Macrì, considerato un elemento di spicco e già detenuto da alcuni mesi. Lo stesso Macrì, fu fermato pochi minuti dopo l’incendio della macchina del poliziotto, dagli agenti di una volante. In suo soccorso intervennero tre giovani, poi identificati, che per evitare il suo arresto aggredirono gli agenti con calci e pugni. Ma la magistratura ben sorretta in basso ed in alto loco, (il sostegno politico, giudiziario, economico, morale e strutturale e la sinergia fra le istituzioni furono vincenti) non si faceva intimidire e teneva sotto controllo la situazione. Lo faceva capire il procuratore facente funzioni di Catanzaro, Salvatore Murone, incontrando i giornalisti a Crotone per illustrare gli esiti dell’operazione. Lo stesso (allora) procuratore di Crotone, Franco Tricoli, ammetteva…”appartengono a famiglie criminali più volte attenzionate in passato”.
Il “nemico giurato” delle cosche, pm applicato alla Dda di Catanzaro, Pierpaolo Bruni,  plaudiva al gioco di squadra”,  ed agli straordinari risultati ottenuti… “la pressione cui sono state sottoposte le cosche ha portato alla dissociazione di importanti esponenti”.
Alcuni collaboratori di giustizia spiegarono che alcuni mezzi sequestrati dovevano servire ad un commando incaricato di uccidere il pm Bruni. Tra i fermati, due  persone dovevano far parte di  un commando, che aveva il compito di uccidere il pm di Crotone applicato alla Dda di Catanzaro Pier Paolo Bruni. Anche Luca Megna, l’uomo ucciso il 22 marzo scorso a Papanice di Crotone. Il progetto di attentato fu scoperto nel maggio del 2006 quando furono intercettati alcuni mezzi rubati.

Il dirigente della squadra Mobile di Crotone, Angelo Morabito, si sbilanciava “sono stati colpiti vertici e manovalanza della cosca”. Ed addirittura il questore, Gaetano D’Amato, esaltava lo sforzo della Polizia di Stato che ha inviato sul territorio circa 200 uomini. Un concertino. Il direttore dello Sco, Gilberto Caldarozzi, riteneva che “il dispositivo di sicurezza non verrà mosso dal territorio fino a quando non ci saranno risultati positivi”. Figurarsi il ministro dell’Interno, Giuliano Amato e il viceministro Marco Minniti, che si  complimentavano con la Polizia di Stato e con i magistrati per l’operazione “Eracles” ed affermavano: “Duro corpo ai clan. L’operazione della polizia contro i clan nel crotonese  é un nuovo tassello verso la liberazione dell’economia calabrese dalla pressione della ‘ndrangheta”.   La polizia, aveva pure scoperto tre arsenali, sequestrando 16 pistole, una bomba a mano, otto fucili, uno dei quali a canne mozze, migliaia di proiettili e anche dei mitragliatori da guerra Kalashnikov. Lo stesso Governatore della Calabria Agazio Loiero sibilava :”Sono questi i risultati che ci attendiamo dal lavoro delle forze dell’ordine e della magistratura: una bonifica dei territori trasformati in feudi mafiosi. Crotone e la Calabria hanno il diritto di misurarsi con i progetti di sviluppo. La cappa mafiosa è intollerabile e comprime qualsiasi ipotesi di rilancio del territorio. L’operazione di polizia contro le famiglie mafiose del Crotonese merita, dunque, l’apprezzamento della Calabria intera. Le organizzazioni malavitose hanno recentemente trasformato il Crotonese in un campo di battaglia che ha lasciato sul campo vittime innocenti. Ripristinare in quest’area la legalità era un obiettivo vitale. Polizia e magistratura si sono mosse con tempestività e ciò conferma la reale volontà dello Stato di combattere la ‘ndrangheta senza titubanze. E’ un compito rischioso e va espressa tutta la solidarietà delle istituzioni a quegli uomini  che con generosità e grande senso dello Stato, giorno dopo giorno, in silenzio, combattono una battaglia di civiltà e di democrazia. Come Regione pur essendo la sicurezza compito dello Stato, abbiamo messo a disposizione risorse consistenti per rassicurare le popolazioni costrette a subire la prepotenza dei clan. E sabato scorso è passato in Giunta regionale un protocollo di intesa per l’utilizzo dei beni immobili confiscati alle cosche ed è stato istituito un tavolo di ‘governance’ che sarà coordinato dal prefetto di Reggio Calabria”. Al concertino, partecipò anche il sindaco di Crotone, Peppino Vallone:”La brillante azione condotta dalle forze dell’ordine, di concerto con la magistratura è la replica più immediata che questo territorio attendeva. Lo avevamo chiesto nel corso del recente consiglio comunale e provinciale congiunto, tenutosi all’indomani dei recenti avvenimenti criminosi, di non essere lasciati soli e la risposta dello Stato é giunta subito. Ho personalmente ringraziato il Prefetto, il Questore ed il Procuratore della Repubblica ed estendo il ringraziamento a tutte le forze dell’ordine anche a nome della città. Crotone è una città che ha dimostrato di avere una grande coscienza civile a tutti i livelli, a cominciare da quei bellissimi ragazzi che la scorsa settimana hanno voluto gridare in piazza il loro dissenso “.
Domenico Salvatore

(tratto da Melito online)