Se non si va al cuore del problema e ci si impegna con tutti i mezzi consentiti dalla legge ad estirpare il cancro scovando e neutralizzando i mafiosi uno per uno, non si va da nessuna parte.
Non basta “raccontare” le mafie, anche se ciò è comunque apprezzabile e rappresenta un primo passo.
E’ necessario andare “OLTRE”.
Ed ” OLTRE” significa aiutare le parti migliori della Magi stratura e delle forze dell’ordine ad individuare i mafiosi uno per uno, a farli catturare e a far levare ad essi i beni illecitamente accumulati.
E’ inutile ripetere per l’ennesima volta che le mafie oggi sono inserite nei gangli vitali delle stesso Stato, per non parlare dei partiti politici.
Esse detengono, ormai, se non il controllo assoluto dell’economia del Paese, quanto meno, una cospicua fetta di essa.
Stanno nel Parlamento, talvolta anche al governo, nelle Regioni, nelle Province, nei Comuni, nelle Banche, non di rado anche nelle stesse Forze dell’Ordine e fra i Magistrati, fra i professionisti, i cittadini.
Televisioni e giornali ci fanno vedere solo il livello militare delle mafie, il loro livello basso, i delinquenti che minacciano, estorcono, violentano, sparano.
Ma ci sono mafie ancor più insidiose, quelle dei “colletti bianchi”, che per lo più sfuggono all’attenzione degli organi dello Stato, volutamente o non volutamente, ma che comunque vengono perseguite di rado.
Paolo Borsellino disse che stato e mafia sono due poteri che operano sullo stesso territorio e o si combattono o si mettono d’accordo.
Borsellino parlava una trentina di anni fa.
Da allora la situazione è cambiata perché spesso i due poteri si sono sovrapposti in molti territori del Paese fino a diventare un unico potere:
lo stato-mafia che si contrappone allo Stato-Stato sempre più debole ed in difficoltà.
Lo Stato-Stato è ormai quasi soccombente rispetto allo stato-mafia.
Ed è questo il motivo per il quale noi rinnoviamo fino alla noia il nostro grido di allarme e l’invito pressante ad aggiornare le metodologie di attacco alle mafie.
Andare in giro a parlare di Falcone e Borsellino, di Dalla Chiesa e di tutte le altre vittime di mafia, di fatti cioè già avvenuti, è lodevole sì ed anche importante, a patto, però, che si abbia, tutta intera, la consapevolezza del fatto che ciò non basta perché, se ci si limita a questo, non si fa nemmeno un graffio ai mafiosi ormai seduti in tutti i posti di comando ed in tutti i centri di potere.
Nemmeno un graffio, ripetiamo.
Stiamo vivendo in queste settimane la tragedia di Gennaro Ciliberto, ormai nota a tutta Italia ed anche all’estero, di un cittadino onesto che ha creduto e continua a credere, come noi e malgrado tutto, nello Stato di diritto, il quale ha visto alcune brutte cose ed ha ritenuto di fare il proprio dovere di Cittadino, denunciandole alla Magistratura inquirente di mezza Italia.
Minacciato e, quindi, con la sua vita in pericolo; costretto perciò a scappare in tutta Italia, solo, senza un euro, vivendo come un latitante, quasi di carità, continuamente in fuga per sottrarsi alla vendetta di coloro che egli ha denunciato e… “per arrivare, egli dice sempre, vivo ai processi e testimoniare guardando negli occhi gli accusati”.
In un altro paese egli sarebbe stato protetto dallo Stato, indicato come esempio a tutte le persone oneste.
In Inghilterra persone del genere vengono chiamate Testimoni di Stato, mentre in Italia egli non riesce ancora, dopo più di tre anni dall’inizio delle sue denunce, egli non riesce nemmeno ad ottenere il riconoscimento dello status di Testimone di Giustizia.
Lungaggini, impedimenti continui, sofferenze fisiche e morali, insultato anche, dileggiato da taluni i quali gli dicono in continuazione “ma chi te lo ha fatto fare???! “.
Il simbolo di un paese mafioso…
Si ha quasi la sensazione che ci siano alcuni, anche nello Stato, che desiderano che… egli non arrivi vivo ai processi… e che i mafiosi lo ammazzino prima…