UN’ ASSOCIAZIONE ANTIMAFIA SERIA, PER
ASSOLVERE PIENAMENTE AL SUO RUOLO, DEVE
ESSERE LIBERA DA OGNI COLLEGAMENTO CON
LA PARTITOCRAZIA E DA QUALSIVOGLIA
CONDIZIONAMENTO ISTITUZIONALE O DI
NATURA ECONOMICA
Ci troviamo in Italia di fronte ad un vero e proprio vulnus.
Un travisamento della realtà che snatura fisionomia e ruoli
dei soggetti in campo.
Colpa, soprattutto, del nostro sistema d’informazione, fatta
qualche eccezione, che si è prestato ad edulcorare, se non
proprio a travisarle, le realtà, facendoci apparire lucciole
per lanterne, nascondendo alla massa dei cittadini
disinformati quelli che sono i problemi reali che
impediscono un’effettiva ed efficace lotta alla criminalità
mafiosa ed agevolando oggettivamente, peraltro, la
saldatura fra pezzi delle istituzioni e mafia, fra pezzi della
politica e mafia.
A fronte degli effetti negativi di una cultura mafiogena che
ha riempito la mente della maggioranza degli italiani di
false interpretazioni e di una visione distorta dei
fatti, l’Associazione Caponnetto vuole avere la
presunzione, pur consapevole della gravosità del ruolo che
si è imposto, di disegnare un percorso nuovo che la ponga
come antesignana di un processo di chiarificazione
generale nell’opinione pubblica nazionale.
Partendo da un punto saldo: non si possono servire, al
contempo, Dio e mammona, l’antimafia e tutto ciò che
agevola la mafia.
E’ necessario smontare tutta la campagna di
disinformazione messa in piedi ad arte da un potere bisex.
Una sorta di Giano bifronte.
Ma noi possiamo lanciare delle idee, delle proposte, dei
progetti, che, ovviamente, rimarrebbero tali – e già sarebbe
molto in quanto la potenza e la diffusione delle idee già di
per sé stesse rappresentano una rivoluzione -, se non
trovassero accoglimento da parte di un gruppo di
parlamentari i quali, poi, avrebbero il compito di farli
trasformare in disposizioni e leggi.
Parlamentari, non partiti o, quanto meno, non quei partiti che
hanno partorito una legislazione lacunosa se non proprio
favorevole alle mafie.
Qua è il profumo della nostra autonomia che difendiamo da
sempre contro il costante pericolo di inquinamento di cui
anche noi abbiamo subito e subiamo i rischi.
E’ difficile, infatti, tenere la barra dritta e costa anche caro!
Ma tant’è e tanto deve essere!
La continua selezione che noi operiamo fra i nostri iscritti e
fra i nostri dirigenti ci è imposta dal processo ininterrotto
di innalzamento dei compiti che andiamo man mano
assegnandoci perché, se non si sarà in grado di individuare
e di sciogliere tutti i nodi che impediscono in Italia una
vera lotta alle mafie, si macinerà sempre aria fritta e non si
impedirà mai alle mafie di finire di impossessarsi di tutto il
potere reale del Paese.
Un’associazione con delle strutture
statiche, obsolete, immobili non sarà mai in grado di
combattere le mafie che cambiano sempre fisionomia e
metodologie.
Quanto meno bisognerà essere pari, se non più bravi.
E cominciamo dalle Prefetture e dai Prefetti le cui figure ed
i cui ruoli assumono un ruolo fondamentale, diremmo
vitale, nell’azione di contrasto alle mafie.
Il Prefetto è il massimo organo amministrativo periferico, il
terminale politico-operativo dell’apparato di
sicurezza, l’agente elettorale del governo centrale, il motore
della vita economica e sociale della provincia, il tutore
dell’ente locale.
Il Prefetto ha una posizione di eminenza rispetto alle altre
cariche amministrative periferiche in virtù del
riconoscimento della rappresentanza dell’esecutivo nella
provincia e, conseguentemente, del carattere tendenzialmente
” generale” del campo delle attribuzioni.
L’art.2 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (
t. u. l. p. s. ) concede un’amplissima facoltà al Prefetto di
adottare atti contingibili e urgenti per esigenze di sicurezza
pubblica.
Il Prefetto presiede i Comitati provinciali della Pubblica
Amministrazione e dei comitati metropolitani; egli ha
funzioni in materia di droga, scioperi nei servizi pubblici
essenziali, antimafia, statistica ed altre.
Insomma la legge conferisce ai Prefetti poteri enormi.
Tra questi, è appena il caso di ricordare quelli che egli
esercita attraverso il Comitato provinciale per la Sicurezza
e l’Ordine pubblico che vede la partecipazione, in posizione
di subordinazione funzionale, del Questore, dei Comandanti
Provinciali della Guardia di Finanza e dei Carabinieri.
E’ proprio in detto Comitato che si decidono le proposte al
Consiglio dei Ministri degli scioglimenti dei consigli
comunali per infiltrazioni mafiose, le misure di protezione
da assegnare ai magistrati ed ai cittadini minacciati ecc. ecc.
Gli stessi vertici delle forze dell’ordine a livello provinciale
sono soggetti, ai fini dell’avanzamento di carriera, delle
valutazioni da parte dei Prefetti.
Quindi i Prefetti sono potenzialmente in grado di incidere
sulle figure apicali delle tre forze di polizia
e, indirettamente, anche sui magistrati esposti a pericoli di
attentati o di sicurezza personale dovendo il Prefetto
decidere se e a chi assegnare le misure di tutela
(vigilanza, scorta, nei suoi diversi livelli di gravità, ecc. ).
Ci si renderà conto che il Prefetto, stante la delicatezza dei
compiti assegnatigli dalla legge e il ruolo centrale nelle
vicende più delicate di ordine e sicurezza pubblica, deve
svolgere le proprie funzioni nel pieno ed inderogabile
rispetto di imparzialità dettato dall’art.97 della nostra Carta
costituzionale.
Ma il Prefetto è posto nelle condizioni di poter esercitare
liberamente e fuori da ogni forma di condizionamento le
proprie delicatissime funzioni???
Questo è un punto centrale.
Per poter rispondere a tale domanda è necessario capire
bene come si articola la carriera prefettizia e come vengono
nominati i prefetti e assegnati alle sedi provinciali.
La nostra Carta costituzionale non prevede, come per
l’ordine giudiziario, un organo di autogoverno che possa
assicurare l’indipendenza e l’autonomia dei Prefetti.
Invero essa non prevede neppure la figura del prefetto la cui
presenza deriva dalla normativa del ventennio fascista.
I Prefetti vengono nominati dal Consiglio dei Ministri.
Essi, cioé, sono nominati dalla politica e dalle maggioranze
che di volta in volta si succedono al governo.
Quindi, i Prefetti vengono nominati a seconda della loro
contiguità o, meglio, del gradimento di questa o quell’altra
forza politica.
In parole povere, durante il governo Berlusconi, per citare
un esempio, sono stati nominati prefetti di gradimento della
sua parte politica e, in particolare, di coloro che la
rappresentano su quel territorio: Cosentino in
Campania, Fazzone nel Lazio, Fitto nelle Puglie e così via.
Chi non è allineato alla politica va via: vedi i casi di
Vittorio Piscitelli, a Reggio Calabria, che sciolse il
consiglio di Reggio, di Fulvio Sodano ad Agrigento e così
via (e potremmo aggiungere quelli di Frattasi a
Latina, Mosca a Roma ecc).
Insomma appare improcrastinabile l’esigenza di blindare
talune delicate funzioni di ordine e sicurezza pubblica ai
prefetti.
Due, a questo punto, potrebbero essere le strade:
o si modificano le leggi prevedendo un meccanismo di
nomina dei prefetti attraverso un sistema simile a quello
previsto per i magistrati, o si trasferiscono queste funzioni
strategiche per la sicurezza pubblica dei cittadini e dei
servitori dello Stato alla Magistratura.
Appare inaccettabile che debba essere un funzionario dello
stato, il prefetto, nominato dalla politica, a decidere se un
magistrato (che spesso si trova ad indagare politici di
rilievo nazionale presenti direttamente od indirettamente
nel Consiglio dei Ministri) debba o meno avere misure di
tutela a fronte di minacce anche potenziali o di esposizione
elevate a rischio attentato.
Come pure è paradossale che debba essere un
prefetto, nominato dalla politica, a formulare giudizi e
valutazioni sul Questore, sul Comandante dei Carabinieri e
su quello della Guardia di Finanza i quali si trovano, così, a
correre il rischio di condizionamenti o di timore
reverenziale nei confronti del prefetto nel caso in cui si
trovassero a dover indagare su fatti e vicende che
riguardano gli stessi prefetti o i politici che li hanno voluti
al loro posto.
Un’Associazione antimafia seria DEVE – e ripetiamo
DEVE – essere in grado di affrontare e sciogliere questi
nodi.
Occorre, quindi, un SALTO DI QUALITA’ da parte di tutti
quei soggetti che intendano impegnarsi sul fronte della
lotta alle mafie.
Altrimenti è tutta aria fritta.
L’Associazione Caponnetto, fortemente e convintamente
impegnata ad elevare il livello del suo ruolo e del suo
impegno, si darà presto delle strutture adeguate e si propone
alla guida di tutto un processo che punta a qualificare il
movimento dell’antimafia sociale nel Paese.