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Una storia,quella dei coniugi Giuseppe Grasso e Francesca Franzè,Testimoni di Giustizia,che fa riflettere e che smentisce tutto il trionfalismo manifestato per questa nobile categoria dai vari Alfano,Bubbico e chi più ne ha più ne metta. Oggi i due coniugi stanno in “località protetta” ( si fa per dire!!!!!!!),ma il loro calvario non accenna a diminuire,come,d’altronde,quello di altri Testimoni di Giustizia,come ad esempio Salvatore Barbagallo anch’egli del Vibonese.Proprio oggi Francesca Franzè ci ha telefonato e ci ha annunciato l’invio alla stampa di una sua forte dichiarazione contro coloro che nelle istituzioni dovrebbero seguire il loro caso.Siamo in attesa di una copia di tali sue dichiarazioni per intervenire sugli Organi centrali del Ministero dell’Interno competenti.

CRONACA
19/09/2011
«Noi testimoni di giustizia scaricati dallo Stato»
Allarga le braccia, scuote la testa. È delusa, amareggiata Francesca Franzè, moglie del testimone di giustizia Giuseppe Grasso. «Cosa vuole che le dica, siamo stati scaricati. Sono passati i tempi in cui credevamo che tutto potesse cambiare… Purtroppo non c’è stato niente da fare. Qui la mafia continuerà a fare sempre quello che vuole». È l’ennesimo sfogo di una donna che, insieme al marito, con coraggio e determinazione ha contribuito a sostenere indagini importanti coordinate dalla Dda di Catanzaro nella lotta alle cosche della ‘ndrangheta.
Ora Francesca Franzè e Giuseppe Grasso, si sentono scaricati, hanno prove più che sufficienti per considerarsi «elementi fastidiosi, ingombranti, petulanti, saccenti, presuntuosi, comunque ingestibili» e, pertanto, soggetti paradossalmente «pericolosi».
Il lungo ed estenuante braccio di ferro con il sistema di tutela li ha portati a sprofondare in uno stato di estrema depressione: da soggetti pronti a tutto, a sfidare con il coraggio delle loro testimonianze pericolosi criminali, boss e affiliati delle cosche, a persone rassegnate, piegate, quasi fiaccate da un «burocraticismo sclerotizzante», se non imbrigliate nella ragnatela di collusioni tessuta «da spezzoni dello Stato».
Da «testimoni attendibili» come si legge in qualche sentenza a soggetti scaricati. «Hanno deciso di abbandonarci al nostro destino – dice Francesca Franzè – così come molto spesso nei nostri confronti sono state messe in atto delle vere e proprie ritorsioni, simili ai peggiori metodi mafiosi. E alla luce di tutto ciò, davanti alla certezza di essere stati mollati da uno Stato che si ricorda dei coniugi Grasso solo quando gli fa comodo, noi diciamo basta! Basta con le testimonianze e basta con le protezioni, basta con la finta sorveglianza e basta con le minacce e le ritorsioni da parte di chi ti deve proteggere».
Parole che Francesca Franzè ripete a più riprese. «Sì, diciamo basta con questo modo di essere che è la negazione stessa della vita e della libertà di autodeterminarsi. I mafiosi che si sono pentiti vengono trattati con rispetto. I testimoni di giustizia che mafiosi non sono e reati non ne hanno commessi, sono considerati peggio dei peggiori delinquenti». Un vero e proprio atto d’accusa.
La goccia che ha fatto traboccare un vaso ormai colmo di «diritti negati» è stata la comunicazione con la quale il 25 agosto scorso ai coniugi Grasso veniva comunicato verbalmente, di avere ricevuto un declassamento della tutela, dal terzo al quarto livello. «Nello stesso tempo – aggiunge Francesca Franzè – venivamo ammoniti che in auto non doveva salire alcun familiare». Il declassamento della tutela è di fatto coinciso con una serie di intimidazioni, segnali inquietanti messi in atto attorno alla loro abitazione a San Leo di Briatico. Tre croci disegnate sul brecciolino di un viale, una bottiglietta di acido muriatico come per dire «non vi resta altro che suicidarvi» e nella notte del 27 agosto colpi di pistola «tanto per ricordarci – dice Francesca Franzè – che qualcuno di noi non si è dimenticato».
E allora, cosa fare? «Un interrogativo di fronte al quale i coniugi Grasso rispondono in piena sintonia: «Noi smetteremo di essere testimoni di giustizia ma non operatori per la giustizia, giustizia per la verità, per la libertà, per la dignità della persona. Da oggi pertanto cominceremo a raccogliere prove ed elementi contro tutti quegli elementi che che dovrebbero servire lo Stato e invece non fanno altro, con i loro comportamenti che non posso che definire meschini, che il gioco delle cosche».

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