Dopo anni, decenni di disattenzione ai problemi della giustizia e della legalità, di ostracismo, di negazionismo della realtà, di inedia e di ignavia, la provincia di Latina si scopre nuda.
Dovrebbe prendersela con se stessa e non con il governo centrale che ha soppresso la sezione staccata di Terracina del Tribunale di Terracina e quella di Gaeta che ha accorpato al Tribunale di Cassino.
E, malgrado tutto questo, ancora sentiamo nel Consiglio provinciale di Latina parole che ci fanno arrossire per la vergogna da una parte, mentre dall’altra ci inducono ad una riflessione per tentare di capirne eventuali ragioni e finalità.
Si raccoglie quello che si è seminato.
I rapporti della Direzione Nazionale Antimafia, della Direzione Investigativa Antimafia, le Relazioni della Procura Generale della Corte di Appello di Roma, da anni ci descrivono la provincia di Latina come un crocevia di grandi affari sporchi del Paese ed un territorio dove la legalità è un optional (parole indimenticabili di un ex grande Presidente del TAR andato via da Latina indignato), un territorio martoriato dalle mafie di ogni genere e di ogni etnia.
Di contro una parte consistente della classe politica, di professionisti, di cittadini hanno sempre girato lo sguardo dall’altra parte -alcuni addirittura probabilmente complici di malfattori e di mafiosi -, rappresentando così una barriera quasi insormontabile all’acquisizione di una coscienza progiustizia e prolegalità.
E ciò va letto come una delle cause della sconfitta di una giustizia vera in provincia di Latina.
Da decenni in qua.
D’altro canto, anche la vicenda di certe prese di posizione nell’ambito del Consiglio Provinciale di Latina, prima con la contestazione feroce dei contenuti della cosiddetta Relazione Frattasi, ed ora delle dichiarazioni di Carmine Schiavone, va letta in un contesto che potrebbe portarci lontano.
Il “quadro” di cui noi stiamo parlando da anni e che molti non hanno mai voluto o saputo prendere in considerazione.
Ed è significativo, a nostro avviso, che tutto o quasi abbia origine nel e dal sud pontino.
E la stessa animosità con la quale qualcuno sembra porsi di fronte alla questione della soppressione del presidio giudiziario di Gaeta non vorremmo che tragga, se non origine, almeno alimento da un disegno occulto di avversità nei confronti di quanti – il sindaco di Formia in testa- si battono contro i clan ed i loro sostenitori.
Ipotesi, solo ipotesi, ma non tanto strampalate se si vuol leggere il tutto nel “quadro” di cui parlavamo.
La partita che si sta giocando è grossa e complessa e non è limitata alla questione “tribunale sì tribunale no”.
Oggi si scopre il “problema Giustizia” quando fino ad ieri questa era stata considerata la cenerentola, quasi un intoppo al libero stormir delle fronde.
Perché solo oggi che è in atto, dopo la decapitazione dei vecchi vertici dei casalesi, una guerra fra bande per la ricomposizione di quelli nuovi?
Una partita più complessa ed articolata di quella che appare?