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Una giustizia lenta, molto lenta

Una giustizia lenta, molto lenta

Il fascicolo della procura della Repubblica di Palermo relativo alla morte di Giuseppe Impastato è aperto, il 9 maggio 1978, come « atti relativi al decesso di…, avvenuto in territorio di Cinisi nella notte dall’8 al 9 maggio 1978, a seguito di scoppio di ordigno esplosivo».

Il procedimento prende il numero n. 1670/78/C.

Giuseppe Martorana, all’epoca procuratore capo reggente, delega per la trattazione del procedimento il sostituto procuratore Domenico Signorino.

Dopo centottantuno giorni di « istruzione sommaria », il 6 novembre 1978, il pubblico ministero, dispone l’iscrizione del processo contro ignoti (al n. 33379/78/B) per i reati di omicidio premeditato di Giuseppe Impastato e di detenzione e porto in luogo pubblico di esplosivo. Quindi trasmette gli atti al giudice istruttore « per il formale procedimento contro ignoti cui darà carico: a) del delitto previsto e punito dagli artt. 110, 575, 577 n. 3 c.p., per avere, in concorso tra loro, cagionato, mediante esplosione di dinitrotoluene la morte di Impastato Giuseppe, commettendo il fatto con premeditazione; b) del reato previsto e punito dagli articolo 2 e 8 della legge 14.10.1974, n. 474, per avere detenuto e portato illegalmente in luogo pubblico materiale esplosivo (In Cinisi, il 9.5.1978) ».

Prosegue l’indagine il giudice istruttore Rocco Chinnici.

Dopo l’assassinio di Chinnici, il CSM nomina al vertice del- l’Ufficio Istruzione del tribunale di Palermo (novembre del 1983) Antonino Caponnetto, che assume la titolarità del processo.

Il 19 maggio 1984, Caponnetto emette sentenza di «non doversi procedere in ordine ai rubricati delitti di omicidio volontario sulla persona di Impastato Giuseppe e porto illegale di materiale esplosivo, per essere rimasti ignoti gli autori del reato». Con questa pronunzia, a poco più di sei anni di distanza, termina la prima saliente – e per molti versi essenziale – fase del procedimento penale relativo agli eventi di quella notte tra l’8 e il 9 maggio del 1978.

Dopo il 1984, il processo per l’omicidio di Peppino Impastato, come è noto, subirà altre vicende, con riaperture delle indagini, un’archiviazione nei confronti di ignoti e, infine, il rinvio a giudizio di Badalamenti Gaetano e Palazzolo Vito. Attualmente è nella fase del dibattimento di primo grado, dinanzi alla Corte di Assise di Palermo [Ndr. Badalmenti è stato condannato in primo grado nel 2002, a distanza di 24 anni dal delitto Impastato, all’ergastolo; è stato ritenuto il mandante dell’omicidio di Peppino].

[…] Nelle pagine che seguono verranno rivisitati gli accadimenti che segnarono la prima fase dell’inchiesta penale.

Oggetto dell’analisi è la ricostruzione dell’andamento delle investigazioni e della loro adeguatezza, per verificare – su un piano di rigore obiettivo e testuale – la paventata esistenza di fatti e comportamenti che potrebbero averne condizionato tempi, modalità di svolgimento e risultati. In sostanza, un rilettura di quella vicenda investigativa per tentare di dare una risposta a quanti – a cominciare da Felicia Bartolotta, una madre che più di ogni altra persona al mondo ne ha titolo – ad oltre vent’anni di distanza, legittimamente chiedono di sapere se vi furono « deviazioni » che sviarono il regolare corso della giustizia; che impedirono l’individuazione della causale della morte, un corretto sviluppo investigativo, la raccolta e la valutazione di reperti e prove; che determinarono la diffusione di notizie non veritiere; che non consentirono di dare un nome agli assassini. E se sì, perché ciò accadde.

È questo un compito complesso e delicato, che impone una metodologia di lettura approfondita ed analitica delle carte processuali, delle risultanze delle numerose audizioni compiute e dell’ampio materiale documentario raccolto.

Una ricostruzione basata dunque su fatti e non mere ipotesi, per enucleare criticamente le eventuali anomalie delle investigazioni e per analizzarne gli effetti.

La Commissione, con questa relazione , intende infine tentare non solo una analisi storico–politica di quelle vicende ma anche ricercare, individuare e collegare i dati e le circostanze necessari per una esatta descrizione dei ruoli e dei comportamenti dei protagonisti di quelle indagini. Il tutto nei limiti dei compiti assegnati dalla legge istitutiva, nel rispetto pieno dell’autonomia e dell’indipendenza delle autorità giudiziarie – che furono e sono impegnate su questa vicenda – e senza, in nulla, interferire con l’accertamento delle responsabilità penali dei singoli, il cui vaglio resta per intero affidato all’esclusivo lavoro dei giudici.

22 Aprile 2020

Fonte: https://mafie.blogautore.repubblica.it/