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Una battuta alla Charlie Hebdo: se Luigi Imperadore, quello che ha comprato anche il castello di Faicchio, si trova così bene in carcere, facciamocelo rimanere

L’EDITORIALE. Una battuta alla Charlie Hebdo: se Luigi Imperadore, quello che ha comprato anche il castello di Faicchio, si trova così bene in carcere, facciamocelo rimanere. Riflessioni (serie) sull’interrogatorio di garanzia del “re della monnezza”

A volte, senza esagerazioni perchè poi magari si perde tempo, appare utile leggere le cronache e le ricostruzioni fatte da altri giornali

La ritualità degli interrogatori di garanzia non ha mai suscitato granchè la curiosità di Casertace. Come si suol dire, almeno nel 90% dei casi, si tratta di un mero automatismo che potrebbe anche non essere pubblicato, visto e considerato che quasi mai gli indagati entrano veramente nel merito delle accuse, limitandosi a una generica e generale negazione di esse, dibattendo punto per punto ma senza entrare dentro alle cose, consigliati anche a fare ciò dai loro avvocati nella legittima esplicazione di una propria strategia difensiva.

Però, che dobbiamo fare, il popolo è bue. Ama guardare le cose dal buco della serratura. Dalla serratura delle camere da letto e dalle serrature delle celle di un carcere altrimenti, se così non fosse, la tele non organizzerebbe i due terzi dei suoi palinsesti intorno a viteindirette, Durso piangenti eccetera.

Noi, che cerchiamo di non appesantire la vita, rimanendone appesantiti ogni volta dall’attonita necessità di pubblicare le fotografie del tempo, di questo territorio corrotto fino al midollo della sua società, come attitudine di vita della sua società prima ancora che come attitudine a violare il codice penale, facciamo anche delle battute satiriche certo che non avvicinabili a quelle del noto giornale francese, però ci piace anche leggere, qualche volta, senza esagerare, quello che scrivono gli altri e quello che hanno scritto, per esempio, relativamente all’interrogatorio di garanzia di Luigi Imperadore, cioè il patron della Termotetti.

Se è uscito fuori qualcosa del citato interrogatorio, questo qualcosa lo ha portato fuori, con la sagacia che gli è consueta, il suo avvocato difensore, cioè Giuseppe Stellato. Niente di particolare, fuori è uscito solo quello che era utile alle necessità dell’indagato, anche perchè è difficile che un gip oppure i pm inquisitori, pur presenti a ogni interrogatorio di garanzia, rispondano alla telefonata di un giornalista per raccontargli come si sia svolto l’interrogatorio.

Insomma, niente di male. Ma nella ricostruzione si comprende anche quale sia il livello di rapporto tra la stampa e l’imprenditoria locale.

Ora, non è che Casertace viva di aria. Anche Casertace ha assicurato contratti di pubblicità con imprenditori locali. Per esempio, Casertace non ha mai nascosto un’oncia del suo rapporto personale del suo direttore con Alberto di Nardi che anche in questi giorni abbiamo incontrato personalmente. Però, c’è una differenza fondamentale: qui a Casertace si bussa e si chiede, mai e poi mai al di la delle ricerche della micropubblicità convenzionale, quella che piace a noi, quella dei 50 e 100 euro di chi vuol vendere la mortadella,c he ci individua come strumento utile per farlo, in pratica sono gli operatori dell’economia verace, reale, non costruita attraverso i rapporti con il settore pubblico, al 90% si riceve una risposta negativa per eventuali contratti pubblicitari.

Negli ultimi 10 giorni, l’abbiamo fatto, per esempio, due volte. Ma negli anni questo giornale ha detto no ad almeno 150 mila euro di contratti sicuri proposti da imprenditori pronti a sganciare pur di avere un trattamento di favore. Se un nostro sponsor (domandante a Publiservizi quale fu il suo inferno nei 3 mesi in cui, qualche anno fa, il suo logo comparve sul nostro giornale) sgarra, noi valichiamo ampiamente il confine del racconto civile. Insulti, calci nel sedere. Li appendiamo letteralmente al muro.

E se perdiamo qualche contratto di pubblicità, chissenefrega. Nella vita ci sono cose più importanti, secondo noi. E oggi, domandate ad Alberto di Nardi come è stato trattato da questo giornale che lui ha deluso perchè se è stato sponsor di un euro, lui, in termini di immagine e in termini di prestigio personale, ne aveva guadagnati due dimostrando sensibilità nei confronti di questa iniziativa editoriale.

L’abbiamo letteralmente massacrato. Lui ha capito, perchè è ragazzo intelligente e ha voluto salvare il rapporto umano che resta e gli abbiamo detto, cambia vita radicalmente. Hai una chance sul terreno privato. L’ultima. Non la buttare via. Noi crediamo nella sua capacità di comprendere che questo modo di fare impresa che è stato anche il suo modo, non ha alcun futuro e non dà alcun futuro a chi lo attua e al territorio in cui questo si sviluppa.

Qui, invece Stellato, racconta che Luigi Imperadore sta bene, qualche giornale prende la palla al balzo, per gonfiare quasi il petto e dire che all’imprenditore di Gioia, un tempo allievo di “zio Mario” da Faicchio, il carcere fa un baffo, perchè evidentemente lui è uno tosto, duro, virile. Tutto sommato nella sua vita l’idea del carcere, almeno potenzialmente, ci poteva anche stare.

Imperadore nega tutto e il carcere gli fa un baffo. Roba da boss. Se qualcuno fa in modo che esca questo racconto è perchè probabilmente è utile anche a chi lo legge fuori, a chi trema per eventuali dichiarazioni che Imperadore potrebbe fare, ripercorrendo la stessa strada di espiazione e di pentimento che ha percorso almeno apparentemente, invece, Di Nardi.

E allora eccola la battuta di satira, alla Charlie Hebdo: se proprio ci sta così bene in carcere, Gino Imperadore, lasciamocelo. D’altronde, certi spessori, certe cifre di importanza si misurano dentro a taluni ambienti in base alla capacità di sopportare il carcere, visto non come luogo di riflessione, di resipiscenza, di rivalutazione di se, ma come posto in cui si consolida quello che si è stati fino al minuto prima di entrarci.

Gianluigi Guarino

PUBBLICATO IL: 17 settembre 2016 ALLE ORE 10:45

fonte:http://www.casertace.net