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Un Paese disperato e di disperati, dove ormai è tutto in svendita, di quel… poco che resta.

L’amarezza di un veterano di tante battaglie, di sacrifici, di pericoli, di ansie, di paure nel vedere il proprio paese ridotto quasi ad un ricettacolo di affaristi. maneggioni, corrotti, mafiosi ed incompetenti.
La sofferenza, il dolore incommensurabile di chi ha combattuto e combatte sin da ragazzo su tutti i fronti immaginabili ed inimmaginabili, da quello politico a quello sindacale, da quello sociale a quello culturale, pagando prezzi altissimi sul piano strettamente personale, per contribuire – od illudersi di contribuire? – alla creazione di spazi di vivibilità umana, civile e democratica, nel vedere tutto vanificato.
Viene voglia quasi – per sfuggire allo strazio di chi si vede costretto ad osservare, senza poter fare più nulla, intere generazioni ridotte alla disperazione e senza prospettiva alcuna se non quella del disagio e dell’incertezza – di cambiare Paese, di emigrare, di andar lontano, tanto lontano.
Te lo impediscono solamente la stanchezza fisica ed intellettuale tipica del viandante dell’ultimo tratto di percorso della sua vita terrena e quel pizzico di amore per la tua terra che caratterizza la personalità di chi ha combattuto, dando qualcosa a questa terra, al proprio Paese, senza chiedere alcunché in cambio.
La gratuità, un termine ormai in disuso in un Paese dissanguato dall’egoismo e dalla rapina sistematica, dove si contrabbanda tutto, valori e corpi, coscienze ed intelligenze. E’ tutto in vendita, per non dire in svendita, all’insegna del principio del pecunia non olet.
Un Paese disperato e di disperati che ha perso tutto quello che era stato costruito con il sangue di centinaia di migliaia di persone.
Abbiamo, chi più chi meno, oggettivamente o soggettivamente, tutti contribuito a distruggere l’edificio.
Oggi restano solo le macerie.
Non resta che sperare -per chi è credente – nell’aiuto di Dio.