Cerca

Un fantomatico “terzo livello”

Un fantomatico “terzo livello”

Un fantomatico “terzo livello”

di Enrico Bellavia

In principio fu il Terzo Livello, forse la più paradigmatica delle vicende che arroventarono il clima nell’Antimafia degli Anni Ottanta. Intorno allo stesso totem si danzò per inneggiare a Giovanni Falcone e per demolirlo. E poiché la storia si ripete in farsa, puntualmente torna quel macabro balletto intorno alle spoglie del giudice. E le sue parole piegate financo al bisogno dei suoi detrattori.

Per Terzo Livello si intendeva indicare l’esistenza di una dimensione superiore a quella della mafia militare e dei suoi capi, fatta di colletti bianchi in grado di muovere le ricchezze accumulate dall’organizzazione criminale ma soprattutto di fatturarne il profitto criminale immateriale, ovvero quella condizione di apparente instabilità che il terrore mafioso riusciva a imporre per legittimare una scelta di restaurazione.

Apparve chiaro che se Cosa Nostra apriva una guerra alle più alte cariche istituzionali non era mossa solo dagli interessi immediati ma da ampie e sostanziose rassicurazioni sulla possibilità che l’eliminazione di politici, giudici, investigatori, fosse funzionale a dischiudere orizzonti nuovi di maggiore serenità. E di inossidabile impunità.

Giovanni Falcone non attribuì mai a quel Terzo Livello il significato di un organismo strutturato in grado di eterodirigere Cosa nostra. Mai immaginò che esistesse una sorta di consiglio di amministrazione sovraordinato rispetto ai clan capace di dettare le condizioni delle azioni criminali, quasi fosse una super Spectre.

Al contrario riteneva già Cosa Nostra una organizzazione perfettamente piramidale con un gruppo dirigente che contava al proprio interno intelligenze e professionalità le più disparate, ben inserite nel circuito politico economico legale assoggettate all’unico vincolo possibile: servire gli scopi dell’onorata società.

Fu chiaro a cosa facesse riferimento quando perseguì per mafia i cugini Nino e Ignazio Salvo, i potenti esattori siciliani, uomini d’onore di Salemi e poi molte altre cose ancora, ma, su tutte, grandi elettori democristiani cui faceva da contraltare il ruolo di ufficiali di collegamento tra i palazzi e la Cupola mafiosa.

(1 – continua)

25 novembre 2017

fonte:http://mafie.blogautore.repubblica.it