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Tutte le strade criminali portano nel Lazio

Un’operazione contro i Casalesi e una contro la cosca calabrese Longo-Versace: due clan diversi che hanno ramificazioni nella regione. In arresto un ex consigliere del Comune di Fondi

Due operazioni distinte. Una contro la camorra. Un’altra contro la ‘ndrangheta. Con un denominatore comune, il Lazio. Terra di sperimentazione criminale. Dove da anni le mafie sperimentano nuove alleanze. Inquinando il tessuto sociale e economico. Ma anche politico. Come dimostra l’arresto di ieri dell’ex consigliere comunale e presidente della commissione Lavori Pubblici del comune di Fondi Antonio Ciccarelli e di suo cognato Francesco Palermo. I due imprenditori sono ritenuti responsabili del reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Il loro arresto rientra nell’operazione diretta dalla
Dda di Reggio Calabria, che ha portato alla cattura di 35 presunti affiliati alla cosca della ‘ndrangheta Longo, che opera a Polistena. Secondo l’accusa, Ciccarelli e Palermo attraverso la società Gival srl con sede a Fondi avevano acquisito appalti pubblici nel Comune in provincia di Reggio Calabria, consentendo poi che i lavori fossero effettivamente realizzati da ditte direttamente riconducibili alla famiglia mafiosa Longo- Versace. Inoltre, per aggirare la normativa antimafia sugli appalti pubblici, facevano risultare come assunti nella loro società soggetti appartenenti alla stessa cosca che erano, invece, dei veri e propri imprenditori, i quali in questo modo gestivano i lavori pubblici. La Gival, tra l’atro, fu una delle tre discusse ditte alle quali venne affidato l’abbattimento dell’ecomostro dell’Isola di Ciurli, sempre in provincia di Fondi. Ritardato proprio dall’inadeguatezza delle società chiamate dal Comune di Fondi che, per evitare di bandire una gara europea, suddivise l’incarico in tre lotti affidandolo a altrettante ditte “amiche” .
Quasi nelle stesse ore, la Direzione investigativa Aatimafia di Napoli sequestrava beni del valore complessivo di cento milioni di euro. I sigilli sono stati posti a 17 società, 2 ditte individuali, 31 fabbricati, 14 terreni, 16 autovetture e 118 rapporti finanziar, localizzati a Castrocielo, Cassino, Aquino, Frosinone, Formia, Gaeta, Roma e l’Aquila e riconducibili a Gennaro De Angelis, Antonio Saidi e Antonio Di Gabriele. Originario di Casal di Principe, ma arrivato nel Lazio negli anni ‘70, De Angelis secondo gli investigatori ha rappresentato per un lungo periodo un punto di riferimento del clan dei Casalesi, fino a diventarne «caporegime», dapprima nell’organizzazione di Antonio Bardellino e, successivamente alla scissione, nel gruppo camorristico capeggiato da Francesco Schiavone «Sandokan», con il quale è imparentato. Solo una settimana fa l’operazione ‘Hummer’ aveva portato al sequestro di beni per quaranta milioni di euro tra Roma e la Calabria. Facendo due conti, in soli sei giorni nella regione sono stati sequestrati beni di origine mafiosa per circa 150 milioni di euro. Abbastanza per preoccuparsi.

Vincenzo Mulè

(Tratto da Terra)