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“Tre Fiammelle adiacente a organizzazioni mafiose”. Le motivazioni del prefetto di Foggia sull’interdittiva a D’Alba

Di Francesco Pesante 3 Marzo 2023 INCHIESTE

Valiante pubblica stralci di inchieste già comparsi su l’Immediato. Nel documento si citano anche “Decima Azione” e il caso tangenti al Comune di Foggia. L’imprenditore accusato di “contiguità soggiacente”

Contiguità soggiacente che rasenta la contiguità compiacente”. Così il prefetto di Foggia, Maurizio Valiante motiva l’interdittiva antimafia alla società “Tre Fiammelle” dell’imprenditore Michele D’Alba, da anni attivo nel settore delle pulizie. In 18 pagine, Valiante cita anche stralci di inchieste pubblicati su l’Immediato nel novembre 2021. Il nome di D’Alba, infatti, compariva nelle carte dell’operazione antimafia “Decima Azione” ma anche in quelle sul caso tangenti al Comune di Foggia. Delle accuse mosse nei suoi confronti, l’imprenditore ha parlato pochi giorni fa alla nostra testata dando la sua versione e annunciando ricorso. Nel frattempo, ecco in sintesi le motivazioni alla base dell’interdittiva.

Tre Fiammelle è una delle principali aziende di un gruppo di imprese, facente capo alla famiglia D’Alba, tra cui la società ‘Lavit spa’ operante nel settore della lavanderia industriale e San Giovanni di Dio’ operante nel settore socio sanitario”, ricorda il prefetto. L’interdittiva evidenzia anche il ruolo di D’Alba nel Don Uva: “La sua famiglia è socia di minoranza della ‘Universo Salute’ il cui socio di maggioranza è il gruppo imprenditoriale Telesforo-Vigilante“.

Poi entra nelle questioni partendo da un assunto: “Ai fini della legittimità del provvedimento interdittivo è sufficiente la contiguità soggiacente agli ambienti della criminalità organizzata, non richiedendosi necessariamente la ben più forte contiguità compiacente”. In ogni caso, la condotta dell’imprenditore, come emerge dalle intercettazioni, rasenta la contiguità compiacente nel momento in cui nega ed invita i suoi congiunti a negare di essere vittima di estorsione da parte della mafia foggiana, comportamento rispetto al quale la denuncia dallo stesso effettuata il 27 ottobre 2017 appare pretestuosa perché nessun apporto fornisce alle indagini”. Il prefetto fa riferimento ad un episodio – già pubblicato da l’Immediato – accaduto nella sala d’attesa della Questura di Foggia quando D’Alba venne captato mentre era in compagnia di stretti parenti: “Dal dialogo di famiglia, intercettato, emerge un vero e proprio patto di non parlare’, stretto tra l’imprenditore D’Alba e i suoi congiunti, che, nel concreto, ha guadagnato l’impunità agli autori dell’estorsione, questi ultimi soggetti di spicco della mafia foggiana, ovvero Francesco Tizzano ed Ernesto Gatta“, entrambi arrestati e condannati a pesanti pene in “Decima Azione”, ritenuti affiliati al potenti clan Moretti-Pellegrino-Lanza.

Il 27 ottobre 2017 – scrive ancora il prefetto -, Michele D’Alba denunciava presso la Questura di Foggia alcune richieste estorsive, ricevute in data 25 ottobre 2017 sulle utenze dei cellulari in uso al genero, alla moglie e al figlio. Tuttavia, a specifica domanda della Polizia di Stato, nulla dichiarava in merito ai contatti dallo stesso avuti con Tizzano, di cui alla intercettazione ambientale dell’11 ottobre 2017, evidentemente antecedente alla sua denuncia, ed, anzi, alla domanda degli ufficiali di p.g.: ‘Lei ha mai corrisposto somme di denaro a titolo di tangente?’ risponde: ‘Mai’“.

Secondo il prefetto, il comportamento dell’imprenditore “denota la condivisione di fatto con la mafia di un sistema di illegalità volto ad ottenere i relativi benefici sia pure sotto la specie della ‘protezione’”.

C’è poi la famosa “lista delle estorsioni”, un foglio manoscritto rinvenuto nel marzo 2018 durante un blitz contro la mafia foggiana. Nell’elenco spunta “Tre Fiammelle” “con accanto la seguente dicitura: 4000 ogni tre mesi. L’assoggettamento della società all’attività estorsiva risulta confermata dalle attività tecniche della polizia giudiziaria, che hanno captato conversazioni tra esponenti di spicco della Società foggiana, intervenute tra l’ottobre ed il dicembre del 2017, e che riguardano D’Alba. Nel corso della conversazione, Tizzano conferma di aver incontrato l’imprenditore al fine di riscuotere la sua parte di contributo all’associazione mafiosa: ‘Sì sono andato a parlare io con Michele D’Alba, però io se arriva il marsupio, io ho lasciato detto che il marsupio glielo devo mandare a schiattamurt (Alessandro Aprile, ndr)’”.

E ancora Tizzano: “Io sto aspettando quello… sto chiudendo con Michele D’Alba. Aprile: “E deve portare pure una cosa di soldi”. Tizzano: “Non lo so se sono venti, trenta… non lo so quello che mi porta. Guagliù questo abbiamo avuto”.

Riguardo alle note intimidazioni ai Telesforo-Vigilante tra cui le bombe a “Il Sorriso di Stefano” e l’attentato all’auto di Cristian Vigilante, c’è l’ormai nota intercettazione nella quella i mafiosi dissero: Questa palla se la deve prendere D’Alba” consci del fatto di non poter piegare la famiglia Telesforo alle loro richieste estorsive. Peraltro, D’Alba ha messo al corrente della denuncia i soci di Universo Salute solo dopo qualche mese, giustificando così agli inquirenti la decisione: “Ho ritenuto di non allarmare le persone che lavorano con me”.

Infine, le carte sulle tangenti al Comune di Foggia, vicenda che portò all’arresto dell’ex sindaco Franco Landella e di alcuni amministratori dell’epoca. “Dall’ordinanza del giudice e dalle intercettazioni a sostegno – si legge sempre nell’interdittiva – risulta che l’imprenditore, evidentemente il dominus delle imprese riconducibili formalmente a componenti della sua famiglia, piuttosto che denunciare la illecita richiesta di danaro proveniente dai due amministratori pubblici, si dice semplicemente contrariato per le modalità con cui la stessa è stata posta in essere nei suoi confronti: ‘Io sono disponibile con tutti però è come si chiedono le cose che mi da fastidio’“. La circostanza è quella relativa a presunte richieste formulate a D’Alba dall’ex presidente del Consiglio comunale Leonardo Iaccarino e dall’ex consigliere comunale Antonio Capotosto. “Si deduce che D’Alba, pur avendo ben inteso il contenuto della pretesa corruttiva, riferisce al presidente del Consiglio comunale che non era sua intenzione denunciare la vicenda, aggiungendo ‘…perché vi voglio bene’“.

Alla cooperativa foggiana è contestato anche il tentativo di self cleaning “tardivo”, con la scelta di mettere all’interno della società militari in pensione. “La modalità con cui la società Tre Fiammelle ha effettuato le misure self cleaning, subito dopo la comunicazione di avvio del procedimento finalizzato all’adozione di un provvedimento interdittivo, non consente allo stato di ritenere che la riorganizzazione societaria abbia determinato un’effettiva diminuzione del ‘peso’ dell’ex rappresentante D’Alba sulla gestione degli affari societari, anche in considerazione del fatto che l’impresa Tre Fiammelle, unitamente ad altre imprese facenti capo alla famiglia D’Alba, sono socie in blocco di altri gruppi imprenditoriali e dunque non si può escludere una strategia imprenditoriale univoca di tutte le imprese della famiglia D’Alba”.

Valiante conclude spiegando che “l’impresa ‘Tre Fiammelle’ rappresenta un’entità economica ‘adiacente’ a organizzazioni mafiose, in quanto suscettibile di apprestare a soggetti appartenenti alla criminalità organizzata un contributo agevolatore anche indiretto, attraverso il pagamento della ‘tangente’, che finisce per rafforzare il nomen e la percezione collettiva di un ‘potere’ qualificato del clan di riferimento in un determinato contesto territoriale in cui è accertata la pervasività della mafia nell’economia legale”. 

Fonte:https://www.immediato.net/2023/03/03/tre-fiammelle-adiacente-a-organizzazioni-mafiose-le-motivazioni-del-prefetto-di-foggia-sullinterdittiva-a-dalba/