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“Trattativa Stato-mafia”, parla il pentito Foschini: “Il giudice Scopelliti è stato ucciso per fare un favore ai corleonesi”

Trattativa Stato-mafia”, parla il pentito Foschini: “Il giudice Scopelliti è stato ucciso per fare un favore ai corleonesi”

“Si diceva che i Papalia avessero paura dei servizi segreti. Se L’educatore Mormile non accettava di essere corrotto doveva essere eliminato. Così mi e’ stato detto e così e’ stato fatto”. Lo ha detto il collaboratore di giustizia calabrese Vittorio Foschini, deponendo al processo di appello sulla trattativa tra Stato e mafia che si celebra dinanzi alla corte di assise di appello presieduta da Angelo Pellino, giudice a latere Vittorio Anania. I collaboratori di giustizia calabresi (ha gia’ deposto Antonino Cuzzola e poi tocchera’ a Salvatore Pace) devono riferire su punti specifici di cui hanno parlato, proprio a Reggio Calabria, nel procedimento che vede imputati il boss mafioso di Brancaccio, Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone, in particolare sul movente ed i mandanti dell’omicidio dell’educatore del carcere di Milano-Opera, Eduardo Mormile, l’11 aprile 1990, il primo ad essere rivendicato dalla “Falange Armata”. “Dopo l’omicidio di Mormile – ha proseguito Foschini – Antonio Papalia disse che furono i servizi segreti a dirgli di fare una telefonata di rivendicazione a nome della Falange Armata”. La sigla Falange Armata nel corso degli anni ha rivendicato altri omicidi eccellenti: dal politico democristiano Salvo Lima al maresciallo Giuliano Guazzelli fino alle stragi del 1992 e del 1993.

“A noi calabresi non ci conveniva toccare lo Stato e le Istituzioni. Il giudice Scopelliti, ucciso in Calabria, e’ stato ammazzato – ha aggiunto Foschini – per fare un favore ai corleonesi. La ‘ndrangheta era contraria alla strategia stragista di cosa nostra. Tuttavia – ha aggiunto Foschini rispondendo alle domande dei pg Fici e Barbiera – in Calabria ci fu chi brindo’ dopo la strage di Capaci. “Era Leoluca Bagarella che voleva continuare la strategia stragista. Si diceva che Giovanni Brusca era stufo e anche Bernardo Provenzano – ha detto Foschini – voleva fermare le bombe. Ma era Leoluca Bagarella, soprannominato il samurai, il piu’ agguerrito”. La Corte di assise, in primo grado, nell’aprile 2018, aveva condannato a 28 anni il boss Leoluca Bagarella, a 12 l’ex senatore Marcello Dell’Utri e gli ex carabinieri del Ros Mario Mori e Antonio Subranni; stessa pena per Antonino Cina’, medico e fedelissimo di Toto’ Riina; 8 anni di reclusione per l’ex capitano dei carabinieri Giuseppe De Donno. In appello la posizione di Massimo Ciancimino (condannato a 8 anni per calunnia) e’ stata stralciata e verra’ discussa il prossimo 13 luglio. Nella prossima udienza, il 15 giugno, e’ in programma la deposizione in video conferenza Maurizio Navarra e Franco Battaglini, esponenti dei servizi di sicurezza. (AGI)

8 Giugno 2020

 

fonte:http://www.ildispaccio.it/