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Torturava vittime nella stanza degli orrori, 20 anni per il boss Carlomosti. A processo la banda de la Rustica. Carminati: “Quelli so brutti forte”

di Andrea Ossino

Oltre al boss il pm ha chiesto pene anche per Armando De Propris, il padre di Marcello, che nel 2019 fornì l’arma con cui fu ucciso un personal trainer di 24 anni, Luca Sacchi. E poi soldati semplici, luogotenenti e generali del crimine: 13 persone in totale, per 140 anni di carcere

29 MARZO 2023 ALLE 20:11 – La Repubblica

C’è Daniele Carlomosti, il boss, l’uomo che aveva allestito una stanza con teli di nylon dove torturare le vittime. E anche Armando De Propris, il padre di Marcello, il ragazzo che nel 2019 aveva fornito l’arma con cui è stato ucciso un personal trainer di 24 anni, Luca Sacchi.

E poi soldati semplici, luogotenenti e generali del crimine: 13 persone in totale. Sono tutti a processo, nell’aula dedicata al magistrato Vittorio Occorsio. E oggi hanno ascoltato il pm Edoardo De Santis mentre sollecitava condanne per tutti quelli che hanno gravitato intorno alla banda de La Rustica. La pena più alta è prevista per Carlomosti, 20 anni di carcere, ma il totale degli anni di carcere richiesti dalla procura supera i 140 anni di reclusione.

Carminati: “Quelli so brutti forte compà”

Gambizzazioni, torture, incendi, sequestri di persone e tentati omicidi. È un’associazione a delinquere dalle maniere forti, quella che i carabinieri del Comando Provinciale di Roma hanno sgominato.

“Quelli so brutti forte compà”, aveva profetizzato un pescecane come Massimo Carminati non sapendo di essere intercettato.

L’indagine è partita in seguito a una guerra tra Carlomosti e il fratello. Un conflitto, quello tra i due, senza esclusione di colpi: gambizzazioni, incendi, esplosione colpi d’arma da fuoco contro appartamenti e veicoli e anche sparatorie. Era il modo, per Carlomosti, di rimarcare la sua autorità. Non sapeva che i carabinieri lo stavano monitorando registrando ogni attività dell’associazione: dall’acquisto di milla chili di droga direttamente dal Marocco, portandolo in Spagna e in Italia a bordo di un gommone, fino al sequestro di persona e alle torture riservate a un pusher che non aveva saldato un debito di 64 mila, passando per un sequestro in cui la vittima è stata legata, spogliata e costretta subire minacce di morte e violenze fisiche per circa sei ore.

Carlomosti, detto “Bestione”, quando non prestava il suo volto alla serie Romanzo Criminale, nei film con Christian De SicaAlessandro Gassmann e Tom Hanks, o in Gangs of New York, di Martin Scorsese, conduceva una vita degna della sceneggiatura di un film. Aveva anche una stanza per le torture.

Quattro teli, cinque metri di corda: “Lo incaprettiamo”, diceva a proposito di un debitore. “Lo mettevo dentro un sacco e lo buttavo dentro a un secchione”, ripeteva.

Le intercettazioni ambientali hanno consentito ai carabinieri di scoprire la stanza di “Dexter”: dove la vittima, nello specifico un cattivo pagatore come Maurizio Cannone, detto “Fagiolo”, che aveva contratto un debito con Carlomosti per 64 mila euro di “fumo”, viene legata, costretta supplicare per la sua vita, mentre gli aguzzini stendono teli di plastica per non sporcare pareti e pavimenti con il sangue, prima di pestarlo con una mazza da baseball. Scene che sembrano rubate alla serie americana “Dexter” appunto, ma che a Roma accadono veramente. E non per caso.

Cannone era stato portato in quella stanza con il benestare della famiglia Senese. È l’11 dicembre del 2018: Il Bestione ha portato Cannone nella stanza delle torture con l’aiuto di due scagnozzi. “Lo sai che stai per morire – ammonisce il boss prima di assestare il primo cazzotto, che segna l’inizio della tortura – dammi questo orologio, ora ti ammazzo. Prendi i teli – ordina al complice – ora ti ammazzo, queste sono le ultime parole che senti, oggi muori”.

Cannone è piegato in ginocchio sul telo di plastica, le mani legate dietro alla schiena. “Ti ho dato 21 mila euro”, si difende la vittima. “E che sono – ribatte il boss – me ne devi 60 mila”.

“Prendi il trapano, il frullino”, ordina il Bestione al sottoposto. “Io ti do i soldi oggi – supplica la vittima – poi ammazzami, fai come ti pare Danié”. E lui: “Casa tua non ce l’hai più perché adesso diventa mia, la macchina diventa mia, gli orologi che hai diventano miei, la tua vita diventa mia”.

Ancora: “Fagiò io ti taglio le dita con le tronchesi”. Il Bestione  avvia una videochiamata con la compagna della vittima, per farsi portare gli oltre 40mila euro che mancano per saldare il debito. Poi  squilla il telefono di Cannone, il boss risponde e intima al fratello della vittima, Salvatore: “Se entro le quattro non mi mandate 60 mila euro lo faccio a pezzi tuo fratello, è chiaro?”. Risposta: “Io ti aiuto, ma dove li vado a prendere 60 mila euro”. Le violenze continuano finché Cannone non viene rilasciato dopo il pagamento di 8 mila euro.

I carabinieri però stavano registrando ogni cosa. E adesso il Bestione e i suoi rischiano di trascorrere molti anni dietro le sbarre.