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Torre Annunziata, l’urlo del giudice Criscuolo: «La politica si liberi dai clan»

Torre Annunziata, l’urlo del giudice Criscuolo: «La politica si liberi dai clan»

Giovanna Salvati,

Ciro Formisano

Ogni giorno, sulla sua scrivania, passano atti, documenti, storie. Carte che sono lo specchio di un territorio dove dilagano collusioni e zone d’ombra, dove la camorra ha in mano interi pezzi di città. Spazi che «lo Stato deve riprendersi», come ripete a gran voce, Maria Concetta Criscuolo, giudice per le indagini preliminari del tribunale di Torre Annunziata. Perché «non abbiamo bisogno di eroi, ma della forza di tutti», dice nell’intervista rilasciata a “Metropolis Radio”. Una lunga riflessione che spazia dalle condizioni della giustizia ai tanti problemi che affogano i sogni di riscatto dell’area metropolitana di Napoli.

Lunedì l’Associazione Nazionale Magistrati ha indetto uno sciopero contro la nuova riforma della giustizia. Secondo lei quel testo rischia davvero di condizionare la libertà dei giudici?

«Per me è uno sciopero giusto. Questa riforma inciderà pesantemente sulla qualità della giurisdizione. Quando parliamo di giurisdizione parliamo di sentenze, ordinanze, di tutti i provvedimenti che i giudici sono chiamati ad adottare e che incidono sulla vita dei cittadini».

Vi preoccupa soprattutto la questione del fascicolo di valutazione dei magistrati?

«Non ci preoccupa la valutazione perché già esiste. Ogni 4 anni un magistrato viene valutato per la sua professionalità. Ma oggi si parla di valutazione delle performance. Verranno valorizzati dati statistici come il numero di provvedimenti emessi e soprattutto la conferma di ordinanze o sentenze nei vari gradi del giudizio. Secondo me e secondo l’Anm di cui faccio parte questo limita fortemente la libertà dei giudici».

In che modo essere sottoposti a questa valutazione può incidere sul vostro lavoro?

«Le spiego subito. L’attività di un giudice è quella di valutare le peculiarità del caso, di interpretare, di sussumere dei fatti concreti della vita reale nella legge. Il diritto deve camminare di pari passi con il progresso della società. Ed è importante, a volte, anche adottare pronunce innovative che aprano una strada ad una maggiore tutela dei diritti dei cittadini».

Con questa riforma, secondo lei, sareste condizionati alle pronunce di altri giudici?

«Esattamente. Il rischio è che alla fine la logica della valutazione possa spingere i giudici ad essere meno coraggiosi».

Altro tema dibattuto, in questi anni, è quello della separazione delle funzioni tra giudici e pm. Un tema che sarà affrontato nel referendum del 12 giungo. La giustizia ha bisogno davvero di questa rivoluzione?

«Io non credo. L’assetto della magistratura si regge su un progetto lungimirante immaginato dai padri costituenti. Ben venga il pm che diventa giudice . Io non credo nel magistrato inquirente come in una figura che si batte per far condannare l’imputato. Ma in un soggetto che se ha eseguito le funzioni del giudice vede la situazione a 360 gradi. Un pm che considera l’assoluzione non come una sconfitta ma come un’affermazione della giustizia».

Una giustizia che però ha tanti problemi. A cominciare dalla lentezza dei processi. Il tribunale di Torre Annunziata è un’eccezione che conferma la regola, ma nel resto della regione e in tutta Italia i dati sono drammatici.

«E’ vero a Torre Annunziata i dati sono virtuosi e ne siamo orgogliosi. Il problema generale è però un problema di risorse. Per vent’anni nella giustizia non sono stati fatti investimenti di personale e i concorsi in magistratura sono stati fermi per tanto tempo».

Quindi è colpa della politica?

«Dico solo che noi scontiamo queste difficoltà e queste inerzie. Ma ora pare ci sia stata un’inversione di tendenza con nuove assunzioni».

Nel territorio che lei vive ogni giorno la fiducia nello Stato è ai minimi termini. Spesso ci si volta dall’altra parte per connivenza o per paura (penso all’omicidio di Maurizio Cerrato a Torre Annunziata). Da dove deve ripartire la giustizia per ricucire uno strappo che ogni giorno diventa sempre più evidente?

«Le rispondo con una considerazione. Il giorno dopo l’omicidio Cerrato venne fatta una grande operazione per rimuovere le sedie, le fioriere e gli altarini che occupavano abusivamente per fini privati spazi pubblici. Mi chiedo: davvero la polizia municipale non sapeva? Perché devono succedere tragedie di questo tipo prima di porre rimedio? Io penso che sia giunto il momento che lo Stato si riprenda questo territorio. A volte è più comodo girarsi dall’altra parte, ma questo le istituzioni non se lo possono permettere. I cittadini devono vedere le istituzioni in prima fila solo così potranno avere coraggio. Non abbiamo bisogno di eroi, ma della forza di tanti».

Castellammare di Stabia e Torre Annunziata. Due Comuni sciolti per mafia. In tutta l’area del distretto del tribunale, negli ultimi 30 anni, sono stati 16 i casi di consigli comunali condizionati dalle pressioni mafiose. Sono così potenti i camorristi oppure è troppo debole la politica?

«Voi come giornale avete raccontato molto di queste storie, come delle vicende del voto di scambio a Torre del Greco. Basta leggere gli articoli, le ordinanze e in alcuni casi le sentenze per rendersi conto di un quadro chiarissimo dei contatti tra la politica, l’imprenditoria e la camorra. Emergono collusioni, cointeressenze. La magistratura ha il dovere di perseguire i reati ma la politica dovrebbe avere il compito di selezionare le persone da candidare sulla base di parametri etici, di competenze. Se emergono zone d’ombra è perché la politica non fa una selezione, ma aspetta le sentenze prima di prendere provvedimenti».

Allora è la politica che è più debole?

«Di sicuro si è impoverita in termini di partecipazione a dispetto delle tante emergenze di questo territorio. Il problema vero è che la politica, in questi 30 anni, ha allontanato la gente per bene».

Fonte:https://www.metropolisweb.it/2022/05/13/torre-annunziata-giudice-criscuolo-la-politica-si-liberi-dai-clan-partiti-allontanato-la-gente-bene/