Torre Annunziata, la città del racket: 18 imprenditori in fuga dalla camorra
Giovanna Salvati
Nel buco nero aperto dalla crisi sono stati inghiottiti migliaia di imprenditori. Commercianti, artigiani, titolari di piccole botteghe costretti a chiudere per sempre le saracinesche dei loro negozi. Ma dietro quel cimitero di imprese fallite o sparite non si nasconde solo il crollo degli incassi. In alcuni casi più che di chiusure si tratta di vere e proprie fughe. Una corsa disperata lontano dai territori stritolati nella morsa del racket. Come è successo in questi mesi a Torre Annunziata, la città dei sette clan, la città della guerra di camorra e oggi anche la città del doppio pizzo di Natale: la tassa extra che gli esattori dei clan stanno chiedendo a tutti i commercianti per pagare gli stipendi ai detenuti e comprare partite di droga. «Un’offerta a piacere», ripete l’uomo incaricato dal boss di riscuotere i ratei estorsivi. Un’offerta che parte da un minimo di 200 a un massimo di 400 euro alla quale va sommata la «solita» tangente che tutti pagano a Natale, Pasqua e Ferragosto. Un salasso per le imprese già messe in ginocchio dalla pandemia. I dati ufficiali dell’ultimo censimento parlano di diciotto attività chiuse dall’inizio dell’anno ad oggi. E il sospetto che dietro quelle saracinesche abbassate ci sia l’ombra della camorra nasce dal fatto che molte di quelle imprese hanno deciso di trasferirsi altrove. Aprendo attività in altre città della provincia. Una fuga in avanti per scappare dalle catene dell’oppressione mafiosa e dalla timore di restare vittima di agguati o ritorsioni in caso di denunce. Lo ha raccontato – proprio ieri – uno di quegli imprenditori a Metropolis. «Sono scappato da Torre Annunziata», aveva detto ai nostri taccuini confermando il terribile muro di omertà che protegge le cosche. Dalle indagini condotte dall’Antimafia sul fenomeno del racket emergono però anche nuovi inquietanti particolari. A cominciare dalla rinnovata vocazione imprenditoriale dei clan. In alcuni casi, infatti, è stato accertato che soggetti ritenuti vicini alla camorra avrebbero rilevato le imprese stritolate dal pizzo. Prestanome e colletti bianchi che acquistano a prezzi stracciati le attività che poi diventano basi operative, centrali per il riciclaggio dei capitali illeciti gestiti dalla camorra. Un fenomeno esploso, assieme alle sempre più incessanti richieste di pizzo, in concomitanza con le scarcerazioni eccellenti. Nell’ultimo anno sono tornati in città diversi esponenti di spicco della criminalità organizzata. Scarcerazioni che hanno scompaginato gli equilibri della camorra, come dimostrano i numerosi episodi di violenza e intimidazione che hanno caratterizzato gli ultimi mesi (tra stese, agguati e auto incendiate). Ciò che viene fuori da questo ritratto è una città sempre più povera, un tessuto economico sempre più inquinato dai capitali dei clan. Emergenze che non possono essere più rimandate.