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Torre Annunziata, il ricatto al Savoia: «In squadra devono giocare i figli degli affiliati al clan Gionta»

Il Mattino

Torre Annunziata, il ricatto al Savoia: «In squadra devono giocare i figli degli affiliati al clan Gionta»

Venerdì 7 Ottobre 2022 di Dario Sautto

«Il clan Gionta ha sempre imposto al Savoia di far giocare i figli degli affiliati». Una frase incompleta, in parte coperta da omissis, pronunciata nel corso di uno dei suoi interrogatori da Pietro Izzo, ex reggente del clan di Torre Annunziata oggi collaboratore di giustizia, apre altri scenari inquietanti sulla vicenda della squadra cittadina che sarebbe stata tenuta sotto scacco dalla camorra. Una frase a metà che lascia intendere qualcosa di più sulle accuse mosse dalla Direzione distrettuale Antimafia di Napoli nei confronti di tre elementi di spicco del clan Gionta e di un dirigente sportivo praticamente incensurato. Da due notti è in carcere Felicio Ferraro, 69enne ex direttore sportivo del Savoia, accusato di aver fatto da intermediario tra i vari presidenti che si sono succeduti alla guida della squadra e gli esattori del clan Gionta, tra cui spicca il nome del fratello 58enne Salvatore Ferraro, alias «’o capitano». Soprannominato Chiarugi, un anno fa Felicio Ferraro avrebbe «scortato» Giuseppe Carpentieri, marito di Teresa Gionta, la figlia del capoclan Valentino, al cospetto del presidente del Savoia che gli avrebbe consegnato una rata da 50mila euro in contanti a bordo campo nello stadio Giraud. Un dettaglio emerso dalle conversazioni tra le mogli di due ergastolani, poi confermato da Izzo, che ha spiegato come «i presidenti del Savoia hanno sempre pagato il pizzo al clan Gionta» e che nel 2015, quando lui gestiva la cassa comune, sarebbe stato proprio «Felicio Ferraro a consegnarmi 10mila euro per conto del Savoia». Tutte accuse che l’ex dirigente sportivo potrà chiarire in sede di interrogatorio e nelle fasi successive.

Un’estorsione per giocare tranquilli, che non si limitava alla semplice consegna di denaro, tra i 10mila e i 16mila euro solitamente, fino a 130mila euro in totale come ipotizza l’Antimafia. C’erano gli abbonamenti «regalati ai figli degli affiliati». E poi quelli più promettenti venivano inseriti nell’organico del Savoia, sostiene il collaboratore di giustizia, circostanza al vaglio degli inquirenti. Qualcuno esordiva anche in prima squadra. I nomi? Di certo, è attualmente in rosa il figlio di Umberto Onda, per anni reggente del clan Gionta e uno dei killer più sanguinari al soldo dei «valentini», che oggi sta scontando diverse condanne all’ergastolo. La sua, però, è una storia «diversa», visto che proprio su preciso ordine del papà detenuto il ragazzo si sarebbe sempre tenuto lontano dagli affari illeciti, dedicandosi allo sport e disputando sempre ottimi campionati in diverse formazioni di serie D, prima di far ritorno al Savoia. In passato, però, altri familiari di affiliati hanno vestito la maglia del Savoia, con alterne fortune.

Nel corso delle indagini, condotte dai carabinieri del nucleo investigativo di Torre Annunziata e coordinate dalla Dda di Napoli (procuratrice Rosa Volpe, aggiunto Sergio Ferrigno, sostituto Valentina Sincero) è insolita la testimonianza dell’ex presidente del Savoia, Alfonso Mazzamauro, che ha raccontato come si è trovato coinvolto nell’acquisto della società. «Fui contattato telefonicamente da tale Ciro, che si presentò come tifoso del Savoia, che mi propose di andare a Torre Annunziata. Io non ho trattato con lui, però il mio direttore sportivo prese contatti – ha spiegato Mazzamauro nella sua testimonianza – e dopo incontrai il sindaco Vincenzo Ascione che mi promise lavori allo stadio e il sostegno degli sponsor, cose che non ci sono mai state». Mazzamauro ha negato di aver mai pagato estorsioni al clan Gionta e di aver incontrato Carpentieri, confermando di aver lasciato Torre Annunziata per le promesse non mantenute dall’amministrazione comunale. Fonte:https://www.ilmattino.it/napoli/cronaca/torre_annunziata_savoia_calcio_clan_gionta_figli_affiliati-6975236.html