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Torre Annunziata. Gionta torna libero dopo 9 anni di cella, è l’erede del clan

Giovanna Salvati

Gli avevano stretto le manette ai polsi il 27 novembre del 2014, e dopo quasi dieci anni trascorsi in una cella del carcere di L’Aquila, Valentino Gionta jr è a un passo dalla libertà definitiva.

Lo avevano arrestato dopo mesi di ricerche in una casa trasformata in bunker nel cuore del rione Provolera, nel suo impero, nel cuore di Torre Annunziata. Valentino Gionta junior, figlio di Aldo, nipote del padrino, considerato l’erede della cosca di Palazzo Fienga, non si era mai spostato dalla sua terra, nonostante si era reso irreperibile. Si era rinchiuso in una botola segreta scoperta durante un blitz che rappresentò l’ennesino colpo assestato dalla Stato alla criminalità organizzata.

Per Gionta le porte del penitenziario stanno per riaprirsi. Il figlio di «Alduk» il poeta, il primogenito di don Valentino e Gemma Donnarumma è pronto a tornare a Torre Annunziata.

Finirà di scontare la sua pena nelle prossime settimane, anzi sul suo cedolino penitenziario, al contrario di quelli di suo padre e di suo nonno rinchiusi al 41 bis, è già segnata da tampo la data di uscita: 6 agosto 2023, fine pena.

Non ci saranno, almeno secondo indiscrezioni, prescrizioni particolari nei suoi confronti, il rampollo dei Gionta, sarà un cittadino libero di ricostruirsi una vita dopo aver saldato i suoi conti con la giustizia.

Il suo ritorno rappresenta ovviamente un motivo in più per alzare il livello d’allerta delle forze dell’ordine che lavorano incessantemente per tenere aggiornata la mappa del crimine, i collegamenti e le nuove alleanze.

Valentino Gionta troverà uno scenario diverso rispetto a quello che aveva lasciato da ricercato finito in manette.

Non c’è più la sua casa, per esempio, quella residenza in via Nicolò D’Alagno, a due passi dal fortino della morte e del malaffare. Il nipote del capoclan viveva in una casa con vista parziale sul mare. Una casa diventata quartiere generate della famiglia e smantellata definitivamente nella logica di cancellare ogni ricordo orribile di una stagione intrisa di sangue e piombo a Torre Annunziata.

Lo Stato ha murato il quartier generale del clan e lo ha fatto per lanciare anche un segnale di fiducia e di speranza alla città. L’edificio dove abitava Valentino Gionta fu demolito un anno dopo il suo arresto.

Ai fatti, però, sono seguiti i soliti ritardi, e Torre Annunziata non ha mai riconosciuto il riscatto sociale ed urbanistico in grado di sottrarre terreno fertile alla camorra.

Anzi, c’è di più: la stagione degli arresti e dei processi può addirittura considerarsi un’occasione sprecata per ristabilire un clima accettabile di legalità, non a caso, dossier dell’antimafia alla mano, il ministero ha sciolto il consiglio comunale con un’accusa infamante per il sindaco, il suo vice ed altre cariche importanti del Palazzo: associazione mafiosa.

Giunta jr è il figlio Aldo, è il primo nipote del super boss dal quale ha ereditato il nome. Da piccolo era stato il destinatario di una lettera che intercettata e sequestrata fece scalpore: gli si chiedeva di imparare ad usare armi da guerra per continuare la battaglia di sangue contro i clan rivali.

Erano i messaggi del «Codice Gionta», un complesso sistema di messaggi cifrati che uscivano dal carcere e venivano trasportati a Torre Annunziata per impartire ordini agli affiliati liberi.

Attività che è proseguita anche in futuro fino a quando, come scrissero i giudici della Cassazione, «sarebbe emersa la volontà di Giuseppe Carpentieri», marito di Teresa Gionta e genero del padrino, «di assumere un ruolo di comando all’interno del clan».

Valentino Gionta jr e suo padre Aldo furono condannati il 17 marzo del 2016. Le indagini erano scattate a seguito dell’ultimo blitz del 2014 che smantellò la restante parte della cupola di via Bertone. Alla retata nell’ex fortino della camorra entrambi sfuggirono alla cattura, ma poi entrambi dovettero arrendersi: il primo il 16 agosto e il secondo il 27 novembre. Aldo Gionta era in Sicilia, al porto di Pozzallo, pronto per salpare verso Malta. Valentino junior, invece, si nascondeva in una botola ricavata all’interno di un’abitazione al rione Provolera.

Sono trascorsi quasi dieci anni di buona condotta, ma è presto per capire se il carcere lascerà uscire un uomo diverso o un boss più forte e potente. Secondo la legge della camorra, Valentino Gionta jr ha addosso i galloni del comandante, su di lui pesa l’eredità criminale di una cosca smantellata dalle faide e dalle condanne durissime.

Lui, come Sasà Paduano e Gaetano Amoruso, prima di finire nel carcere di L’Aquila era un nome pesante nella schiera dei rampolli della cosca. Uno destinato a prendere il comando delle operazioni e delle strategie illegali di famiglia.

Si tratta dunque di un’altra scarcerazione “eccellente”, così come è capitato con i suoi zii Teresa Gionta e Giuseppe Carpentieri (poi riarrestati), una scarcerazione che potrebbe cambiare nuovamente gli equilibri della cosca e della criminalità locale.

Attorno al nome di Valentino Gionta non è escluso che possa ritornare in vita una colonna della cosca: amici, familiari, giovani riconoscenti di un sistema di assistenza illecito che nonostante tutto garantisce ancora soldi e affari consistenti.

Valentino Gionta potrebbe ereditare la guida della cosca dal momento che suo zio Carpentieri è detenuto. L’Antimafia ha rialzato le antenne, preoccupata che oltre a cambiare gli equilibri instabili delle pax e delle alleanze, possa tornare ad affacciarsi una stagione complicata e cruenta.

Una situazione che desta forti preoccupazioni in un momento delicato per la città che è chiamata a ricostruire il suo tessuto sociale ed economico e il suo futuro amministrativo con le prossime amministrative.

Fonte:https://www.metropolisweb.it/2023/06/13/torre-annunziata-gionta-torna-libero-dopo-9-anni-di-cella-e-lerede-del-clan/