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Testimoni di Giustizia abbandonati a loro stessi e senza alcuna protezione malgrado i tanti slogan,impegni e promesse.VERGOGNA !!!!!

La storia di Gianfranco Franciosi a “I fatti vostri”

Il testimone di giustizia di Ameglia intervistato da Magalli: “Tutto iniziò a mia insaputa con dei gommoni fatti per un membro della Banda della Magliana”.

Val di Magra – Dopo il delitto Morchi di Castelnuovo Magra, la trasmissione “I fatti vostri” è tornata ad occuparsi di un caso riguardante la Val di Magra. Ieri infatti il testimone di giustizia amegliese Gianfranco Franciosi è stato ospite negli studi di Rai2 per raccontare la sua vicenda di ex infiltrato nella banda di narcotraffico poi sgominata nel 2009 con l’operazione “Albatros”.
“Una storia da film” come l’ha definita lo stesso conduttore Giancarlo Magalli, parlando di “uno dei più grandi sequestri di droga portati a termine in Europa che fu possibile effettuare grazie alla presenza dell’infiltrato che collaborava con la Polizia”. Storia che lo stesso protagonista ha raccontato nel libro “Gli orologi del diavolo”, scritto con Federico Ruffo e riassunto in parte nella diretta televisiva in compagnia della criminologa Imma Giuliani.
“A fine 2001 venne da me un personaggio strano, un omone molto discreto e che sicuramente stava molto bene economicamente – ha spiegato il meccanico navale di Ameglia – mi disse di avere un’attività di diving, per me era quindi normale che mi chiedesse dei gommoni per portare attrezzature subacquee. Non c’era nulla di sospetto ed i pagamenti erano stati regolarissimi. Poi una mattina accendendo la televisione sentii il suo nome: era stato ammazzato a Roma con due colpi al volto. Dissero che faceva parte della Banda della Magliana e che il suo compito era proprio quello di importare sostanze stupefacenti da tutto il mondo. In quel momento mi resi conto che i miei gommoni potevano essere stati usati per quello scopo così andai ad autodenunciarmi alla Polizia per dire che non sapevo nulla”.

Dal primo incontro con Giuseppe “Tortellino” Valentini, poi freddato a colpi di pistola il 22 gennaio 2005 in un bar di Porta Metronia a Roma, iniziò dunque la strada che avrebbe poi portato Franciosi ad avere un ruolo di primo piano nell’operazione. “Dopo un paio d’anni una mattina al cantiere trovai due persone – ha proseguito Franciosi – risultati essere poi il boss del narcotraffico internazionale ed un uomo del clan Di Lauro. Mi chiesero di fare la stessa cosa visto che gli avevano parlato bene di me. Mi recai nuovamente alla Polizia di Stato che mi suggerì di proseguire facendo installare delle microspie per smantellare il gruppo ed una ventina di giorni dopo mi venne detto chi fossero queste persone e chiesto ancora di finire i gommoni visto che non rischiavo nulla. Una mattina – ha aggiunto Franciosi – provando un gommone il trafficante mi chiese di diventare anche pilota, cosa che dissi ad un vicequestore ed alla Dia chiedendo rassicurazioni. Spinto dal mio senso civico accettai ma a patto di non portare droga”.

Nel giro di poco tempo il meccanico amegliese si trovò così alla guida del gommone fra Italia e Francia con il braccio destro del boss, quando all’altezza di Marsiglia si rese conto di non essere monitorato dalle forze dell’ordine dato che il gps era stato scollegato. “Mi sentii abbandonato – ha rivelato rivolgendosi a Magalli – e con un espediente misi in avaria il mezzo che rimase fermo fino a quando arrivò un elicottero della Gendarmerie francese. In quel momento scoprii che chi era con me era già ricercato”.
Franciosi nonostante fosse già infiltrato finì in carcere in Francia per sette mesi e 24 giorni, “Mesi duri – ha rivelato – che mi hanno segnato profondamente ma nei quali mi sono guadagnato anche la stima del boss non dicendo nulla e diventando di fatto il suo uomo per l’Italia dato che tutti i trasporti passavano da me. All’uscita dal carcere come “premio” mi venne proposta la nave madre, un enorme supermercato della droga posizionato in mezzo all’Oceano Atlantico che tutti cercavano da anni”.
Il meccanico divenne così “la grande occasione” per le forze di polizia di mezzo mondo per compiere il sequestro del secolo e portare a termine un’operazione che dopo sei e anni trascorsi a stretto contatto con i narcotrafficanti ha stravolto la sua vita e quella dei suoi familiari.