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Terracina – La sala giochi a servizio dei casalesi

Terracina – La sala giochi a servizio dei casalesi

Confermata l’interdittiva antimafia sul bar Kappa. In una lunga sentenza il Tar spiega come e da chi era controllata

Graziella Di Mambro

09/07/2022 13:00

Il bar Kappa di Terracina era permeabile ai casalesi per i rapporti che uno dei soci, Biagino Di Manno, ha con il clan casertano. Lo conferma la sentenza con cui il Tribunale amministrativo ha appena rigettato il ricorso dello stesso Di Manno contro l’interdittiva antimafia emessa dal Prefetto Maurizio Falco il 20 settembre 2021. Un provvedimento legittimo secondo i giudici amministrativi perché risulta provata la «permeabilità della società ricorrente (la Kappa ndc) ad influenze del clan dei casalesi». Il bubbone scandagliato negli atti della Prefettura scoppia quando il bar chiede l’autorizzazione per la sala giochi all’Agenzia dei Monopoli, la quale attiva la procedura di verifica antimafia e lì emerge il rapporto stretto tra il Di Manno e i casalesi. In quel giro il commerciante di Formia ci stava da un po’: il 13 gennaio 2016 la Dda di Roma ottiene l’applicazione di 11 misure cautelari nell’ambito dell’operazione «The Imitation Game»; tra gli altri finisce in carcere proprio Biagino Di Manno, parte di una rete controllata dalla criminalità organizzata nel settore dei giochi e delle scommesse. L’interdittiva fonda sullo stretto rapporto tra Di Manno ed esponenti apicali dei casalesi e si ritiene che la Kappa avesse quale sede secondaria la sala giochi «creata e gestita per conto del sodalizio criminale». Più nel dettaglio dall’interdittiva emerge che Di Manno è «stato coinvolto in vicende penali per le quali è stata adottata un’ordinanza che ha disposto nei suoi confronti la custodia cautelare in carcere, emessa dal Tribunale di Roma il 9 dicembre 2015 e, successivamente, una sentenza di condanna a due anni di reclusione per associazione a delinquere finalizzata ad una serie indeterminata di reati, divenuta irrevocabile l’otto febbraio 2020…». Nella vicenda in questione è stata riconosciuta l’esistenza del metodo mafioso, «in quanto l’associazione… organizzata secondo una struttura piramidale» era operativa «su piattaforme informatiche che consentono il gioco su siti non autorizzati dall’Amministrazione dei Monopoli, costituenti il cosiddetto ‘Sistema dollaro’, finalizzata ad avvantaggiare il clan dei casalesi». E Biagino Di Manno non era una pedina qualunque il quel sistema bensì «persona di fiducia» di un membro di vertice dell’organizzazione criminale casertana». Nel ricorso i legali di Biagino Di Manno, gli avvocati Giovanni Malinconico e Toni De Simone, avevano, invece, ribadito che l’uomo non aveva mai avuto rapporti diretti con uomini dei casalesi. Il provvedimento del Prefetto peraltro era supportato da informative delle forze dell’ordine secondo cui c’era stato un rafforzamento di rapporti pregressi.

Fonte:https://www.latinaoggi.eu/news/cronaca/206585/la-sala-giochi-a-servizio-dei-casalesi?fbclid=IwAR3jdlEfxoewLXznmx3iyIWQpPRjFzwCehb1ZXkqsuVcKDQbkCGd30w4V14