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Stragi 1993, si indaga pure sull’attentato a De Gennaro

IL COLPO SALTATO – Firenze ha risentito il collaboratore Sparacio: raccontò del progetto per uccidere l’ex capo della Dia e dei suoi rapporti col figlio di un ex socio di Delle Chiaie

DI MARCO LILLO – Il Fatto Quotidiano

3 GENNAIO 2023

La Procura di Firenze ha recentemente interrogato il collaboratore Luigi Sparacio per verificare le sue vecchie rivelazioni su un attentato contro Gianni De Gennaro, allora capo della Dia, e sui rapporti tra i boss della mafia stragista con l’estremista di destra Stefano Delle Chiaie, sempre nel 1993, quando la mafia fece saltare in aria le basiliche di San Giorgio e San Giovanni a Roma e uccise 10 persone tra Milano e Firenze con due autobomba.

Inizialmente Delle Chiaie fu iscritto per le stragi del ’93 proprio per le sue rivelazioni. Poi però Sparacio fu considerato inattendibile dai pm fiorentini e finì indagato per calunnia e autocalunnia e Delle Chiaie fu prosciolto nel 2002 su richiesta dei pm stessi.

Ora però quell’inchiesta viene riguardata da due procure (Firenze e Reggio Calabria) dopo che si sono riaperte in Sicilia le indagini sulle rivelazioni (confidenziali) del boss Alberto Lo Cicero e della compagna Maria Romeo sui rapporti di Delle Chiaie con i boss nel 1992 in Sicilia.

I pm di Firenze Luca Tescaroli e Luca Turco e quello di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo ristudiano i suoi verbali e le indagini della Dia su Sparacio per comprendere se ci sia qualcosa di vero nelle sue rivelazioni (scartate già nel 2002) su un ruolo dell’estremista di destra nelle stragi del 1993.

Proseguono anche le inchieste giornalistiche sul punto.

Ieri Report su Rai3 ha trasmesso un’inchiesta di Paolo Mondani sui possibili mandanti esterni delle stragi del 1992 e nel 1993 (attribuite dalle sentenze solo alla mafia) intervistando anche Roberto Scarpinato. L’ex pm di Palermo, ora senatore del M5s, ha fatto notare che, quando indagava sui rapporti Delle Chiaie-Mafia nella seconda metà degli anni novanta nessuno lo mise al corrente delle rivelazioni di Sparacio sui rapporti tra Delle Chiaie e i boss nelle stragi del 1993.

Svalutazione? Mancato coordinamento? Segreto tra procure? Di certo se allora Palermo, Firenze e Caltanissetta avessero coordinato i loro sforzi questa storia delle stragi della mafia e dei neri sarebbe chiusa con maggiore chiarezza. Una premessa doverosa va ribadita: Stefano Delle Chiaie, fondatore di Avanguardia Nazionale, movimento di estrema destra sciolto negli anni ’70 per violazione del divieto di ricostituzione di partiti fascisti, è morto nel 2019. Indagato o processato per varie stragi – da piazza Fontana, a Milano nel 1969 alla stazione di Bologna del 1980 – è sempre stato prosciolto o assolto. A maggior ragione questa materia va trattata con la presunzione della sua non colpevolezza essendo stato indagato anche per quelle del 1993 e prosciolto su richiesta dei pm di Firenze nel 2002; indagato per i rapporti con la mafia anche dal pm Scarpinato nell’indagine Sistemi Criminali, nel 1998 e prosciolto anche lì su richiesta dei pm nel 2001. Tutto ciò premesso però resta un dato: quel che emerge dalle inchieste giornalistiche e giudiziarie sorprende non poco e merita di essere approfondito.

A partire dalle rivelazioni di Luigi Sparacio, citate ieri a Report in tv da Scarpinato. Le domande a cui bisogna rispondere restano le stesse dopo quasi 30 anni: perché Sparacio era inattendibile 21 anni fa per il pm di Firenze? Perché ora la stessa Procura di Firenze, quella di Reggio Calabria e l’ex procuratore Scarpinato tornano a leggere i suo verbali sui progetti di attentato contro De Gennaro e sul nesso mafia-estremismo nero nella fase stragista?

Partiamo dai verbali. Il 13 aprile del 1994 Sparacio racconta ai pm di Messina “di aver partecipato alla preparazione di un attentato nei confronti del Dott. Giovanni De Gennaro, attuale Direttore della D.I.A”. Sparacio racconta che alla fine del 1993 a Roma, dove era latitante, “era stato contattato da tale Mangano” che gli aveva fissato un appuntamento a un bar di Piazzale delle Provincie dove questo Mangano non meglio identificato “si era presentato in compagnia del noto boss mafioso latitante Leoluca Bagarella, cognato di Riina Salvatore, indiscusso capo di Cosa Nostra. A dire dello Sparacio – prosegue la DIA – Bagarella gli aveva chiesto una sua disponibilità ‘per controllare una situazione che a loro interessava’”. Segue secondo appuntamento. Mangano si presenta da solo e gli consegna una foto del capo della Dia da seguire a un ristorante. Mangano gli dice che a luglio De Gennaro “era stato pedinato fino a piazza Del Popolo mentre viaggiava a bordo di una autovettura Alfa 75 di colore grigio, unitamente ad altra persona”. Secondo Sparacio poi Mangano gli aveva detto che il capo della Dia era intercettato dalla mafia. Mangano gli indica il ristorante Aurora nell’omonima traversa di via Veneto. Lì “Sparacio avrebbe dovuto attendere l’arrivo del De Gennaro segnalandogli (a Mangano, Ndr) immediatamente l’arrivo del funzionario (…) lo stesso giorno, a dire dello Sparacio, si era recato in detto locale rimanendovi a cena. Verso le ore 21/30-22, erano sopraggiunti il De Gennaro unitamente ad una donna e ad altre coppie, prendendo posto ad un tavolo posto sulla destra entrando. Ultimata la cena, lo Sparacio si era allontanato non chiamando l’utenza cellulare fornitagli dal Mangano sia perché, avendo chiaramente intuito che la sua funzione sarebbe stata quella di avvisare i killers dell’arrivo dell’obiettivo da colpire, non avrebbe avuto alcun interesse a partecipare ad un’azione simile”.

Sparacio non ricorda il nome di Mangano. Quando un insospettabile di nome Antonino Mangano è arrestato nel 1995 nell’operazione dell’arresto di Bagarella, la Dia pensa sia lui.

Sparacio nei verbali successivi tirò in ballo Delle Chiaie. Disse “di aver conosciuto il Delle Chiaie tramite Nino Mangano” che lo conosceva da tempo. Sparacio disse, con scarsa precisione, che aveva accompagnato Mangano a Roma a incontrare Delle Chiaie nel suo ufficio in zona San Giovanni “vicino alla Coin”. Nella prima visita “Sparacio ebbe ad accompagnare Mangano sin nell’ufficio del Delle Chiaie e Mangano fece una fuggevole e sommaria presentazione, dopo di che Sparacio scese in strada per parcheggiare meglio l’auto. Nel corso della seconda visita Sparacio restò in auto mentre Mangano saliva da Delle Chiaie”. Di cosa parlava un boss come Mangano con un estremista nero del calibro di Delle Chiaie? “Secondo le informazioni avute successivamente da Nino Mangano”, proseguiva il racconto di Sparacio “i colloqui verterono sulle strategie e le iniziative, di quel periodo, di cosa nostra”. Poi arriva la rivelazione di Sparacio ai pm: “In occasione del primo incontro, Mangano scese da colloquio con Delle Chiaie portando con sé una cartina geografica che riproduceva l’Italia e sulla quale erano contrassegnate, con delle ‘X’, alcune località che Mangano gli disse costituivano obiettivi da colpire da parte di ‘cosa nostra’, precisandogli di averne parlato con Delle Chiaie perché lo stesso faceva parte di quel pezzo di massoneria, appunto, amica con Cosa nostra”. Sparacio poi precisa ancora che, “secondo quanto riferitogli dal Mangano, Delle Chiaie a quel colloquio era appunto espressione di tale massoneria coperta anche se non è a sua conoscenza quali potessero essere gli interessi che detta entità aveva in comune con Cosa nostra”. Scarpinato ieri si è lamentato giustamente di non esser stato informato, mentre indagava Delle Chiaie per presunti rapporti con la mafia, di tutti questo.

Per questi verbali a Firenze (mentre Scarpinato lo indagava e poi archiviava per associazione mafiosa con gli stragisti Giuseppe Graviano e Totò Riina) Stefano Delle Chiaie viene così indagato per le stragi del 1993. Poi però sarà prosciolto. Perché?

Sparacio sostenne di essere stato ospite di un imprenditore calabrese di nome Pasquale Leone a Roma ma poi aggiunse che conobbe il padre Rosario Leone non grazie al figlio ma da solo nell’ufficio di Delle Chiaie. Una stranezza per i pm.

Sparacio inoltre sostenne di avere avuto in uso un telefonino che era intestato a Rosario Leone, cellulare che dialogava con il telefonino di Delle Chiaie. Però il pm Gabriele Chelazzi il 13 giugno del 1999 contesta a Sparacio la sua versione. Da un lato il collaboratore in auto a Roma non riesce a individuare con precisione oltre alla zona anche il palazzo dell’ufficio dove aveva detto di aver incontrato Delle Chiaie con Mangano. Inoltre non conosceva i soggetti che avevano avuto contatti telefonici con il telefonino intestato a Rosario Leone che lui diceva di avere avuto in uso. Così quando negli stessi giorni del 1999 Chelazzi scopre il dato svelato dal Fatto il 29 dicembre scorso, cioé che il cellulare di Stefano Delle Chiaie ha agganciato la cella del prefisso 055 (corrispondente alla Toscana) due volte intorno alle 11 e 17 di mattina (in uscita) e alle 21 e 09 (in entrata) nel giorno prima della strage di Firenze, il 26 maggio, i pm Chelazzi e Nicolosi pensano a una coincidenza. Al massimo, pensano, Delle Chiaie passava in treno andando al nord verso Bolzano dove dormirà quella notte e chiamò alle 11 e 17 di mattina un suo vecchio camerata che lavorava in Toscana di nome A.T. Che poi lo richiamò in serata alle 22 e 09 quando secondo la Digos di Bolzano Delle Chiaie era già a Bolzano.

Ora le procure di Reggio Calabria e Firenze stanno riguardando però alcune cose che Sparacio disse allora e che trovano un qualche riscontro, sulla questione dell’attentato contro De Gennaro.

Innanzitutto Antonino Mangano sarà condannato per le stragi e quando lo indica Sparacio era uno sconosciuto.

Non solo. Sparacio dice di aver saputo che De Gennaro era pedinato da Cosa Nostra a luglio e la Dia riscontra che De Gennaro era andato a piazza del Popolo facendo quel che Sparacio diceva, cioé era uscito da un parcheggio chiuso da un’altra auto grazie al lampeggiante. Inoltre Sparacio descrive una scena di De Gennaro a cena con la moglie e gli amici al ristorante Aurora che si svolse proprio così.

Infine un messinese, fratello di due pregiudicati indagati in passato con Sparacio per mafia a Messina, è stato fermato nel 1994 davanti alla sede della Dia “mentre si trovava in atteggiamento sospetto in compagnia di altri due individui che si davano alla fuga”.

A questo punto c’è da chiedersi perché Sparacio sapeva così tante cose e perché disse quelle cose sulla cartina mostratagli con gli obiettivi da colpire concordati da Delle Chaie e Mangano.

Sparacio disse di essere stato ospite a Roma di un giovane calabrese di nome Pasquale Leone e aggiunge che non c’entra nulla con il progetto di attentato a De Gennaro e infatti non fu mai indagato. La Dia verifica che Leone frequentava nel periodo in questione il ristorante Aurora. Il padre di Pasquale, Rosario Leone, era stato un estremista di destra vicino ad Ordine Nuovo negli anni sessanta. Nei primi anni novanta era socio di Stefano Delle Chiaie e del suo avvocato Stefano Menicacci nella IEC, una società di import export con sede a Roma. Potrebbero essere tutte coincidenze magari sfruttate da Sparacio per fare le sue rivelazioni ai pm. Però Roberto Scarpinato ha ragione a lamentarsi di non essere stato avvertito di nulla alla fine degli anni novanta quando indagava su Delle Chiaie e Menicacci.

L’ipotesi di accusa (archiviata) era di avere partecipato “alla progettazione ed esecuzione di un programma di eversione dell’ordine costituzionale da attuare anche mediante il compimento di atti di violenza, allo scopo – tra l’altro – di determinare, mediante le predette attività, le condizioni per la secessione politica della Sicilia e di altre regioni meridionali dal resto d’Italia, così perseguendo il fine di determinare il rafforzamento ed il definitivo consolidamento del potere criminale di Cosa Nostra e di altre associazioni di tipo mafioso ad essa collegate sui territori delle regioni meridionali del paese”.

Fonte:https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2023/01/03/stragi-1993-si-indaga-pure-sullattentato-a-de-gennaro/6924055/