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Strage via d’Amelio: desecretati i verbali. Di Matteo: ”No a zone d’ombra nel Consiglio”

Strage via d’Amelio: desecretati i verbali. Di Matteo: ”No a zone d’ombra nel Consiglio”

Luca Grossi 20 Luglio 2022

All’interno l’estratto dell’audizione di Roberto Scarpinato

Quel documento evidenziava anomalie e tensioni che si erano create all’interno della procura di Palermo all’epoca diretta dal procuratore Pietro Giammanco e la mancata protezione a Paolo Borsellino dopo la strage di Capaci. E oggi, dopo trent’anni, il plenum del Csm ha approvato all’unanimità la desecretazione e la successiva pubblicazione sul sito dei verbali delle audizioni condotte il 31 luglio 1992. Nello specifico si tratta delle audizioni dei magistrati della procura di Palermo, del procuratore generale e dell’avvocato generale disposte tra il 28 e il 31 luglio del ’92 dal gruppo di lavoro per gli interventi del Csm “relativi alle zone più colpite dalla criminalità organizzata”.
Il Comitato ritiene opportuno disporsi la desecretazione anche delle audizioni svolte nel giorno 31 luglio 1992, e la pubblicazione di tutti i verbali – ha detto, presentando la delibera al plenum il vicepresidente del Csm David Ermini – considerando che la pubblicazione di tali atti sia utile ed opportuna per completare il quadro dell’informazione di tutti i cittadini in ordine a vicende che hanno segnato in maniera significativa la storia del Paese culminando con l’estremo sacrificio di magistrati che hanno strenuamente perseguito la difesa della legalità democratica”.
Dobbiamo perseguire come obiettivo quello di rendere” il “lavoro del Consiglio Superiore della Magistratura assolutamente trasparente e controllabile dall’opinione pubblica“, ha detto il consigliere togato Nino Di Matteo ricordando di avere già votato a favore il 22 gennaio del 2020 “sulla proposta di delibera della desecretazione di quegli anni, delle famose audizioni del luglio del 1992. E devo dire che ho poi constatato come la desecretazione di quegli atti sia stato in qualche modo utile anche alle autorità giudiziarie che conducevano, e conducono ancora, delicate inchieste su quei fatti”.

Questo a dimostrazione di quanto quella di desecretare non sia stato soltanto un atto dalla valenza formale e simbolica – ha aggiunto – ma dalla valenza sostanziale“. “Voglio fare una considerazione dalla quale mi assumo ovviamente la paternità e la responsabilità: quelle audizioni seguirono ad un documento firmato da otto magistrati della procura della Repubblica di Palermo subito dopo la strage di via D’Amelio, immediatamente dopo nelle ore successive“.
Quel documento evidenziava le anomalie e le tensioni che si erano create all’interno della procura di Palermo, all’epoca diretta dal procuratore Pietro Giammanco. La considerazione che voglio fare è questa: quegli otto sostituti (all’epoca), spesso sono stati magistrati che hanno trovato ostacoli di tutti i tipi nell’evoluzione successiva della loro carriera. Mentre coloro i quali all’interno della procura della Repubblica di Palermo si dissociarono o comunque non vollero firmare quel documento, spesso sono stati, è un dato oggettivo, quelli che hanno fatto le carriere” più “brillanti”.
Il magistrato ha in seguito auspicato che il comitato che ha avanzato la proposta di desecretazione, valuti anche “l’opportunità di desecretare e pubblicare sul sito anche quella attività, in verità molto scarna da quello che mi risulta, che il Consiglio superiore della magistratura nel 2017 fece in esito alle doglianze di alcuni familiari di Paolo Borsellino in relazione al depistaggio e alla vicenda Scarantino in generale”. Ci fu anche un’audizione di “un magistrato che chiese ed ottenne che la seduta della prima commissione”, di regola svolta ‘a porte chiuse’, “diventasse pubblica. Allora io credo che noi dobbiamo perseguire la strada intrapresa. Non ci devono essere più zone d’ombra nell’attività del Consiglio”, ha concluso Di Matteo.

Audizione di Roberto Scarpinato
La strage di via D’Amelio in cui furono uccisi il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta “poteva essere evitata”. Sono queste le parole dette dell’ex procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato appena dieci giorni dopo la strage, davanti al Consiglio superiore della magistratura. “Quando siamo corsi tutti sul luogo del delitto della strage e abbiamo visto quello che era accaduto e abbiamo concretizzato immediatamente con grande lucidità che quella strage, per le modalità in cui era stata eseguita, nel luogo in cui era stata eseguita, poteva essere evitata“, ha detto Scarpinato il 29 luglio del 1992. “È stata una strage indiretta, noi l’abbiamo vissuta momento per momento. Dinanzi la bara di Giovanni Falcone, quando migliaia di persone andavano a Palazzo di giustizia e parlavamo tra di noi, Borsellino disse: ‘Ciascuno di noi deve avere la consapevolezza che se resta il suo futuro è quello’ e indicò la bara di Falcone”. “Borsellino sapeva che doveva morire – aveva detto Scarpinato – E nella consapevolezza sapevamo che stavano preparando qualcosa di importante, i Carabinieri avevano segnalato che si stava organizzando un attentato, si aveva incertezza sull’obiettivo, sapevamo che era arrivato il tritolo, sapevamo che il prossimo della lista era Paolo Borsellino. Ecco perché è una strage indiretta. Sapevamo che Paolo aveva l’abitudine di frequentare la casa della madre a cui era molto legato”. Cosa gravissima in via D’Amelio “non c’era una zona di rimozione“, e che “non c’era una garitta che consentisse di visualizzare i movimenti nella strada. Quella strage non era un fatto inevitabile”.
Paolo Borsellino “è morto per il tritolo e per l’incapacità di questo Stato di proteggere i servitori dello Stato“. “Lì è scattata dentro di me la mia indignazione morale perché mi sono venute in mente altre cose, altre stragi annunciate, altri fatti che potevano essere evitati. Mi è venuta in mente, ad esempio, il fatto del servizio di elicotteri che era stato abolito per sorvegliare le autostrade di Punta Raisi perché ogni volo costava 4 milioni e che Giovanni (Falcone ndr) era addolorato di questo fatto. Mi è venuto in mente che era stato abolito il servizio di bonifica”.

Nei verbali desecretati viene fatto riferimento anche ad una telefonata intercettata a Catania in cui presumibilmente si stava parlando di Falcone.
Scarpinato ha detto che gli era venuta in mente quella telefonata il giorno prima della strage. “‘Lo facciamo domani’. Giovanni Falcone doveva arrivare il giorno dopo e poi non partì quel giorno per un inconveniente, viene con la moglie. Era abitudine di Giovanni tornare con la moglie. ‘Lo facciamo saltare al secondo casello, al secondo ponte'”. “Può darsi che la strage sarebbe avvenuta lo stesso, – ha detto Scarpinato – ma non sono con la coscienza a posto io Stato, perché tutto quello che potevo fare non l’ho fatto”.
La tutela dopo l’uccisione di Borsellino non era cambiata: Oggi a Palermo si può uccidere un magistrato con assoluta facilità”, aveva detto Scarpinato temendo per la sua vita e per quella dei suoi familiari: La zona di rimozione dinanzi alla mia abitazione dove abito io e dove abita mia moglie Teresa Principato, che sta seguendo la pista tedesca, la pista che si immagina sia anche una delle cause dell’omicidio di Borsellino…è la zona di rimozione di 15 metri. Se qualcuno mette una macchina al sedicesimo metro con una carica di esplosivo…saltiamo tutti quanti”. Per far rimuovere un cassonetto della spazzatura è dovuto intervenire un collega con una telefonata in prefettura: “Mi hanno fatto una cortesia…Se bisogna fare una lotta per rimuovere un cassonetto, immaginate voi a che livelli di inefficienza siamo…”.

Gli attriti dentro la procura
In audizione davanti al Csm, Scarpinato aveva parlato anche delle divergenze di quegli anni con l’allora procuratore capo Pietro Giammanco, soprattutto su certe indagini come quella su Gladio: “La nostra posizione, la mia e quella di Falcone, era di acquisire tutti gli atti. Ci viene obiettato, noi non possiamo fare un’indagine su Gladio, se ne sta occupando Roma, certo…ma si tratta di verificare se per caso una cellula impazzita all’interno di una struttura che in ipotesi può essere legittima abbia operato in quegli anni terribili in Sicilia in collegamento con la mafia”. Alla fine si era deciso “…che Falcone sarebbe andato nella sede dei servizi segreti, a guardare gli atti e a verificare se per caso c’era qualcosa che ci poteva interessare. Soluzione che mi lasciò insoddisfatto in quanto disse il collega si decise di affiancarlo con il collega Pignatone, fatto che lui visse male perché lo visse come una specie di mancanza di fiducia…”.
Un clima di poca fiducia che dalle parole di Scarpinato permaneva anche dopo la morte di Falcone quando Borsellino stava seguendo le indagini “all’insaputa del Procuratore. Naturalmente non posso dir niente per motivi di ufficio“. “Mi inquieto perché Borsellino è una persona che gode della mia assoluta stima e fiducia. Perché fosse stato qualsiasi altro magistrato avrei potuto pensare a qualche cosa di deteriore“.

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fonte:https://www.antimafiaduemila.com/home/mafie-news/309-topnews/90814-strage-via-d-amelio-desecretati-i-verbali-di-matteo-no-a-zone-d-ombra-nel-consiglio.html