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Stiamo concentrando la nostra attenzione,dopo gli incontri che abbiamo avuto ieri con la madre di un ragazzo ammalato di Pianura e con le madri della Terra dei Fuochi in passato,su quanto ha dichiarato e sta dichiarando il pentito Perrella e stiamo raccogliendo il massimo possibile di documentazione per capire con CHI abbiamo a che fare e come impostare la strategia di azione che ci accingiamo a mettere in campo.Siamo consapevoli delle difficoltà e dei pericoli ai quali andiamo incontro ma la nostra coscienza di cittadini,di padri e di nonni non ci consente,di fronte a tante tragedie di bambini,bambine,genitori,di girare la faccia dall’altra parte.Che Dio ci assista!

OPERAZIONE ADELPHI SPUNTA ANCHE GELLI

NAPOLI – L’ ombra della massoneria si allunga sullo sconcertante intreccio politica-camorra scoperto dalla magistratura napoletana. Compare il nome di Licio Gelli, l’ ex Venerabile della loggia P2, nel blitz compiuto nella notte tra lunedì e ieri e concluso con 49 arresti su un totale di 115 ordinanze di custodia cautelare. La sua residenza è stata perquisita. Ci sarebbero seri indizi di un collegamento diretto con la temibile cosca dei Casalesi. L’ operazione Adelphi ha portato dietro le sbarre il gotha dei clan campani, ma anche amministratori e imprenditori. Un’ istruttoria che parte dal grande business dei rifiuti e sembra destinata ad allargarsi ancora. Ci sono due arresti eccellenti: quelli del liberale Raffaele Perrone Capano, già assessore provinciale all’ Ecologia, e del consigliere comunale repubblicano, transfuga dal Pli, Ermanno Pelella, inquisito con un’ accusa tremenda: il tentato omicidio di una “rivale” di partito, Amelia Cortese Ardias, assessore regionale. E tra gli indagati ci sono il dimissionario segretario nazionale liberale Renato Altissimo e il fratello dell’ ex ministro degli Interni Antonio Gava: Rosario. Nel dossier firmato dai carabinieri del gruppo Uno, 4000 pagine per 27 volumi, le verità del pentito Nunzio Perrella, un boss con il pallino per l’ imprenditoria che parla del patto scellerato tra esponenti del Pli e della camorra e dice di conoscere politici del calibro dell’ ex ministro Francesco De Lorenzo. Rifiuti d’ oro. “Avete rovinato Napoli! Mariuoli! Monnezza!”. All’ uscita della caserma Pastrengo una folla di 300 persone si scatena contro i personaggi arrestati nella notte. Sputi, insulti. E applausi, molti applausi per il generale dei carabinieri Carlo Alfiero, a capo di un nucleo di investigatori di alto livello, come il maggiore Vittorio Tomasone, il detective che ha portato al pentimento del padrino Nunzio Perrella. Da quel pentimento, un fiume di rivelazioni. “Dopo aver trafficato per anni in droga ho capito che i rifiuti erano una miniera d’ oro. Così ho conosciuto Mariano Fornaciari, titolare della società toscana Italrifiuti. Insieme abbiamo ottenuto l’ esclusiva per il trasporto di migliaia e migliaia di tonnellate di immondizia nelle discariche della Campania. Eravamo grandi, in questo: in tutt’ Italia nessuno è mai riuscito a fare quello che facevamo noi a Napoli e dintorni”. Proprio così: grazie all’ accordo con esponenti liberali la camorra ha ridotto la Campania a “pattumiera d’ Italia”, sostengono gli investigatori. All’ hotel La Lanterna di Villaricca venne firmato il patto. Da un lato sedevano Nunzio Perrella e Gaetano Cerci, ritenuto l’ anello di congiunzione tra la camorra del casertano e Licio Gelli. Dall’ altro, Ferdinando Cannavale (affarista ligure che vanta forti agganci con Renato Altissimo) e gli imprenditori Luca Avolio e Gaetano Vassallo (titolari di discariche in provincia di Napoli). Il sistema funzionava così: Cannavale intascava 100 milioni al mese dagli imprenditori per fare in modo che non avessero ostacoli nell’ esclusiva dello smaltimento dei rifiuti (compresi quelli tossici). Fondamentale ingranaggio del meccanismo era Perrone Capano, liberale, docente universitario. Violando ogni regola l’ allora assessore provinciale all’ Ecologia aveva concesso alle discariche Alma, Novambiente, Setri e Difrabi, legate ad ambienti malavitosi, l’ autorizzazione a ricevere immondizia dall’ intera penisola, in particolare dalla Toscana, area d’ interesse dei principali boss. Racconta Perrella: “Cannavale poteva fare tutto ciò perché, ci disse, era emissario di Altissimo e dunque perfettamente in grado di influenzare l’ attività di Perrone Capano. Così fu. Ci guadagnavamo tutti: su ogni chilo di rifiuti 10 lire andavano a noi dei clan e 25 a Perrone Capano per i liberali. La consegna del denaro avveniva all’ hotel Jolly di Napoli o alla Lanterna di Villaricca. Io stesso parlai al professore delle autorizzazioni da concedere e dei quattrini che avrebbe avuto in cambio”. I carabinieri del colonnello Gennaro Niglio hanno scoperto che nelle stanze della Provincia si celavano protocolli segreti, pratiche parallele, autorizzazioni “impossibili”. Da Gelli a Gava. Villa Wanda, ad Arezzo, era un rifugio sicuro per il clan dei Casalesi, per gli uomini del boss Francesco Schiavone, detto Sandokan, e di Francesco Bidognetti. Nella residenza di Licio Gelli, dicono gli inquirenti, Gaetano Cerci, nipote di Bidognetti e titolare della società Ecologia 89, aveva soggiornato più volte. Confermano i militari: “Nessun dubbio: Gelli è in contatto con la camorra. Da tempo”. Da villa Wanda sarebbero partite molte telefonate per gregari e padrini interessati allo smaltimento dei rifiuti. Non a caso, i pm Giuseppe Narducci, Aldo Policastro e Giovanni Melillo hanno disposto la perquisizione della residenza aretina di Gelli. Sulla quale il suo difensore, avvocato Raffaello Giorgetti, è categorico: “Non hanno portato via niente perché non hanno trovato niente. Cercavano floppy disk, ma Gelli non ha neppure il computer”. Altra perquisizione importante, nello studio del commercialista Rosario Gava, fratello dell’ ex ministro degli Interni. In piazza Bovio a Napoli. Sarebbe stata trovata la prova dei suoi interessi nella gestione della Difrabi, la discarica di Pianura gestita di fatto dai fratelli La Marca, Domenico e Francesco, famiglia in odore di camorra. Si indaga su Gava e Gelli, sospettati di “interessi nell’ affare dello smaltimento dei rifiuti”. Delitto politico. Il pentito della camorra rivela: “Mi recai dal consigliere Ermanno Pelella perché sapevo che aveva 30 posti di lavoro da vendere. Era il presidente dell’ Actp, l’ azienda dei trasporti provinciali. Lui mi confermò la disponibilità e mi chiese 8 milioni per ogni posto. Per Pelella avevo già sostenuto una campagna elettorale spendendo 10 milioni”. Rapporti confidenziali tra il liberale e il boss. Al punto da commissionare un omicidio. Secondo gli inquirenti è stato il consigliere comunale a chiedere al padrino di far fuori la liberale Amelia Cortese Ardias. Era l’ 85, tempo di elezioni regionali, poi vinte dalla Ardias, un “ostacolo” per la scalata di Pelella. Ma l’ assassinio sfumò. Motivo? “All’ ultimo momento mi mancarono i killer assoldati ed allora chiesi 100 milioni per l’ azione. Una cifra troppo alta per Pelella”. Il caso Pelella aggrava la situazione del consiglio comunale di Napoli, che ora rischia davvero lo scioglimento Pli e camorra. Il capoclan del rione Traiano afferma: “Nell’ 87 ho speso per le elezioni politiche e comunali qualcosa come 300 milioni per candidati liberali”. E’ il capitolo in cui compare il nome di Francesco De Lorenzo che il pentito dice di aver conosciuto. Dopo Altissimo, anche l’ ex ministro della Sanità viene tirato in ballo. Irata la replica dei due leader liberali. Per Altissimo “sono accuse ridicole”. E De Lorenzo manifesta “amarezza e inquietudine per deliranti affermazioni dei pentiti”. Nell’ operazione Adelphi tanti scenari, tante piste da seguire: non solo malapolitica, ma anche i collegamenti con il superboss Carmine Alfieri, la rotta colombiana della droga, il traffico internazionale di armi.

di GIOVANNI MARINO e CONCHITA SANNINO