Il Mattino, Martedì 31 Gennaio 2017
Stese, omicidi e cocaina 50 clan all’assalto di Napoli
di Giuseppe Crimaldi
Sempre più frammentata, multiforme e complessa. In una parola: pulviscolare. Si declina al plurale, ormai, la parola camorra. Nella sola città di Napoli si contano almeno 50 clan, e il numero è certamente approssimato per difetto. Le camorre: figlie di un moltiplicatore criminale che ha generato decine di bande e gruppi capaci di affermarsi su un territorio ristretto, con tutte le conseguenza immaginabili, le stesse che poi portano a scontri, conflitti e faide. È quanto emerge dall’ultima relazione della Direzione investigativa antimafia consegnata al Parlamento: una radiografia che illustra la situazione aggiornata al primo semestre 2016.
«La camorra – si legge – si conferma un’associazione criminale multiforme fortemente radicata e difficile da inquadrare in una definizione unitaria. Il denominatore comune di tali aggregazioni, specie quelle operanti a Napoli, rimane senza dubbio la spregiudicatezza dell’operato criminale, che non di rado si manifesta con le cosiddette “stese”». I focolai. Dal centro storico alle periferie, sottolinea il dossier della Dia, non si ferma l’ondata di violenza: «Si continuano a registrare un elevato numero di omicidi, ferimnenti e atti intimidatori sintomatici della persistenza di molteplici focolai di tensione e di uno scenario disomogeneo con dinamiche diverse rispetto a quelle delle altre province».
Una realtà frutto della «convivenza forzata» di una pluralità di gruppi che interagiscono in equilibri precari e instabili, «ma con una connotazione comune: agire in territori caratterizzati da una densità abitativa molto alta, dove si concentrano povertà, emarginazione, assenza di gruppi familiari coesi e da un’integrità di valori e tassi elevati di evasione scolastica». I «ragazzini». «A Napoli – prosegue la Dia – si contrappongono sodalizi formati da giovanissimi con un curriculum criminale di tutto rispetto, che iniziano a delinquere dalla prima adolescenza, concludendo spesso la loro parabola poco più che maggiorenni, a seguito di azioni sanguinarie». Le donne. La camorra «in rosa».
«Una presenza importante delle donne trova conferma nel semestre in trattazione, atteso che sono loro a continuare a orientare e pianificare, sotto il profilo economico, le attività criminali, come dimostrano le vicende del clan D’Amico (di Ponticelli, ndr) e del clan Giugliano (Poggiomarino e Striano, ndr). Camorra imprenditrice. A questa espressione “pulviscolare” – si legge ancora – se ne affianca tuttavia un’altra rappresentata da clan più strutturati che limitando il ricorso ad azioni violente lasciando la gestione delle attività esecutive a gruppi satellite si dedica ad attività criminali di più alto profilo: dal riciclaggio al reimpiego di denaro di provenienza illecita. La gamma dei settori interessati spazia dalla ristorazione al commercio di capi di abbigliamento, dall’acquisizione delle commesse pubbliche fino alle truffe ai danni dello Stato, potendo contare sulla collaborazione – in Campania ma anche fuori regione – di soggetti collusi inseriti negli ambienti istituzionali e imprenditoriali».
Un abbraccio mortifero, quello tra camorra e imprenditoria collusa: «È evidente – si legge ancora – che in questo modo il sodalizio diventa una sorta di “associato in partecipazione occulta” dell’impresa, nella quale conferisce – al posto del denaro – la forza d’intimidazione camorristica ricavandone come compenso una percentuale sul corrispettivo percepito dall’imprenditore». La droga. Il traffico degli stupefacenti si conferma il business più produttivo per la camorra. «Tra le principali fonti di finanziamento che vede la camorra sempre più inserita nella gestione dei grandi flussi di provenienza sudamericana e nordafricana, potendo contare su strutturate reti criminali in grado di innovare tecniche di occultamento e modificare costantemente le rotte internazionali».
Ed ancora: la camorra ha stretto accordi con le principali famiglie ‘ndranghetiste calabresi oltre che con i narcotrafficanti stranieri: oltre alla Spagna e all’Olanda, i clan napoletani hanno contatti diretti con i narcos di Turchia, Ecuador, Colombia e Venezuela. Agromafie. È uno dei nuovi settori sui quali la camorra punta con sempre maggiore determinazione. «In questo contesto – scrivono gli esperti dell’Antimafia – le mafie tendono a fare “cartello” agendo sull’intera filiera: dall’accaparramento dei terreni agricoli, all’intermediazione nella vendita dei prodotti; dal trasporto e lo stoccaggio delle merci fino al reinvestimento dei profitti ilelciti nei centri commerciali, cui deve aggiungersi l’imposizione della vendita di determinate marche e prodotti di generi alimentari, quale altra forma di velata estorsione».
Tra i gruppi più attivi in tale ambito la Dia indica il clan Lo Russo e il clan Moccia: «quest’ultima, proprio da evidenze investigative raccolte nel semestre, è risultata proiettata in Spagna per espandersi sul mercato ortofrutticolo di Barcellona». Il fenomeno delle agromafie s’intreccia inevitabilmente con altre fattispecie delittuose da sempre appannaggio della camorra: a cominciare dallo smaltimento illegale dei rifiuti e il conseguente inquinamento di terreni e falde acquifere».