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Sorrento, Rosario Fiorentino ed il contrasto alle mafie

Il 23 maggio è stato un giorno speciale per una serie di motivi. In primo luogo la visita a Napoli all’Istituto per gli Studi Filosofici in Via Monte di Dio. Un centro di cultura e storia. L’aria che si respirava è quella che difficilmente riesci a dimenticare. Un qualcosa che ti tocca dentro ed inonda il tuo corpo ma soprattutto la mente. L’occasione è stata l’incontro con un pool di Magistrati e Funzionari dello Stato impegnati in prima linea nel contrasto alle mafie e alla politica mafiosa.

Con grande attenzione e in un silenzio assoluto gli interventi scandivano parole e messaggi al popolo dell’antimafia nel ricordo di Giovanni Falcone. Ai tanti sembra quasi che sia calato il sipario sulle stragi politiche mafiose del 1992-1993 ma per chi, come molti di noi, ha vissuto e vive il ricordo del 23 maggio 1992 e del 19 luglio 1992, no.

Eppure in alcuni interventi sembrava quasi trattare la vicenda umana personale che sconvolse l’Italia ieri come oggi con il processo sulla trattativa Stato-Mafia con sufficienza.

Ma andiamo con ordine e vediamo quali aspetti e considerazioni enucleare per un associazionismo antimafia che non faccia sconti così come del resto ha dichiarato il Segretario Nazionale della Caponnetto dott. Elvio De Cesare, ma al tempo stesso si sappia che solo un ampio fronte può contribuire ad un profondo processo di rinnovamento antropologico e strutturale prima ancora che civile, democratico. Se è vero che alcuni prefetti della Campania, come è stato ricordato, sono inquisiti per fatti gravissimi, se l’ex Ministro degli Interni peggio, etc. etc… se la nomenclatura dello Stato viene decapitata, ancora esitiamo a non voler dire che ormai siamo di fronte ad uno Stato collassato difficile da rianimare se non con una dura e lunga terapia d’urto?

Possiamo ancora continuare a far gestire ai Prefetti la sicurezza dei magistrati e non solo o invece è arrivato il tempo ora e non domani che il coordinamento sia affidato al Procuratore Capo? Ciò non solo per l’autonomia e indipendenza che gode l’ordine giudiziario ma anche per una stretta connessione tra l’azione di contrasto alle mafie e malapolitica e la sicurezza dei magistrati e non solo.

Quando faccio riferimento al “collasso istituzionale“ mi riferisco anche a ciò che è accaduto in questi anni nei Comuni e più in generale negli Enti Locali. Una degenerazione diffusa, mancanza totale di controlli, un ruolo residuale dei consiglieri e del consiglio. In special modo una legislazione carente, solo di facciata, come la recente norma sulla trasparenza e anticorruzione. Oppure le diverse interdittive emanate dalle Prefetture che crollano davanti ai TAR in modo che lo Stato dopo la sconfitta riceve anche la richiesta di danni. Una vicenda che deve essere fermata subito. Gare truccate, turbative d’asta, facili condoni, permessi illegittimi, varianti ai Piani urbanistici comunali che celano affari milionari etc etc.

Ma è mai possibile che per evitare tangentisti e malaffare serve nominare un’autorità di controllo e sorveglianza come avvenuto a Milano con Expo? E poi con quali ruoli e funzioni?

Torniamo ai Comuni e agli Enti Locali. Ieri la mafia cercava e si alleava con la politica, oggi la politica cerca i voti, soldi, affari e soci con la mafia. Il rapporto si è completamente capovolto. Siamo ad un altro livello eppure in giro ancora ci sono i negazionisti, quelli che sottovalutano il livello di minaccia e di penetrazione nell’economia e nei territori non ad alto indice di mafiosità ma quei territori che chiedono investimenti, facili affari con cifre da capogiro.

L’intreccio palese di riciclo di denaro, istituzioni e concussione sta lì a dimostrare lo stato comatoso di diversi pezzi di territori della Campania.

Infine, ma non per importanza, la questione dei beni confiscati. Quali risultati sono stati conseguiti? Davvero mancano i fondi e le capacità di gestione? Ma perché non si formano tecnici in grado di superare quell’anomalia di una società di copertura o di investimento che sia e se proprio non si può far nulla allora si devono vendere all’asta come per i manufatti abusivi.

Chi fa semplicemente il proprio dovere nella pubblica amministrazione viene visto con sospetto, isolato, deriso e – se il caso – rimosso dall’incarico e trasferito.

Ecco perché sono di grande attualità le parole del filosofo Bertrand Russel rivolte ai giovani: “Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni… Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro… Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai”. Rosario Fiorentino