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Sopravvivere al berlusconismo

Lorenzo Baldo 17 Giugno 2023

Siamo molto tristi, è morto Berlusconi, una persona così brava, che ha fatto tanto del bene…”. Eccolo il ritratto di quella parte del Paese che ha versato tutte le sue lacrime per l’Unto del Signore, per il Cavaliere… per il Caimano. Quel popolino si è riconosciuto nell’oscenità della proclamazione di un lutto nazionale profondamente ingiusto, e nelle bandiere a mezz’asta. Decisioni che gridano vendetta al cielo nei confronti dei veri martiri di questo Paese – Falcone e Borsellino in primis – per i quali non sono state prese simili direttive. Ai fedelissimi di B. è sembrato più che giusto fermare i lavori parlamentari per una settimana, infischiandosene beatamente che la stessa cosa non sia avvenuta dopo l’omicidio di Aldo Moro. Analoga negazione da parte dei fan del Caimano di fronte alle prove, sancite da sentenze definitive, che Berlusconi pagava la mafia, stesso rifiuto nei confronti delle (ennesime) indagini sul suo possibile ruolo tra i mandanti esterni delle stragi del ’93. La sua condanna definitiva per frode fiscale? I processi per falso in bilancio, corruzione, Lodo Mondadori e via dicendo, la mercificazione del corpo delle donne e i processi per prostituzione minorile? Insomma: il sistematico smantellamento della giustizia a colpi di leggi ad personam (che prosegue tutt’oggi attraverso lo scempio perpetrato da Carlo Nordi) con relativi attacchi violenti alla magistratura? Per i suoi devoti c’è una semplice spiegazione: accanimento giudiziario.

Quando Berlusconi si è impadronito delle coscienze
E’ un passaggio illuminante quello contenuto nel libro di Franco Maresco “La mia Battaglia” che vale la pena ricordare. Il regista palermitano chiede a Letizia Battaglia quando sia cominciata la sua delusione e il suo dolore. E Letizia risponde con malcelata amarezza: E’ cominciata quando è arrivato Berlusconi. Quando Berlusconi si è impadronito delle coscienze di molta gente. E ho visto che la gente non capiva più niente. Non aveva più ideali buoni e non voleva più la bellezza, quella autentica, quella profonda”.
Chissà come commenterebbe Letizia la morte di un pregiudicato che non ha mai svelato i segreti sui suoi rapporti con la mafia – che porta nella tomba i segreti di una trattativa inconfessabile – e soprattutto che 
si è impadronito delle coscienze di molta gente”. O è stata quella stessa gente a vendersi a lui al miglior prezzo? Come la madre di una delle “olgettine” che, intercettata dalla polizia, chiedeva alla figlia quanti soldi avesse preso da Berlusconi il giorno dopo il bunga-bunga. Potremmo disquisire a oltranza sullo stato pietoso in cui versa la coscienza popolare di questo Paese, una coscienza sfregiata dal più becero berlusconismo. Che sopravvive indenne a colui che l’ha partorito. La cui morte sortisce ulteriormente l’effetto di dividere, di imbarbarire, di aizzare l’uno contro l’altro, mentre quel sistema di potere – di cui Berlusconi ha fatto parte, ma che da quello stesso potere è stato anche manovrato ad arte – osserva compiaciuto. Tutto come da copione. Con la stragrande maggioranza dei grandi media nazionali – marcatamente complici di questo obbrobrio – che occultano la verità dei fatti come servi indefessi, del tutto appagati mentre continuano a fare da stuoino al loro ex padrone e a chi ne raccoglierà l’eredità.

‘A livella
La morte sai cos’è?… è una livella”, scriveva così il grande Totò nel 1964. In quella sua splendida poesia che è ‘A livella l’indimenticabile attore napoletano spiegava in maniera eccelsa il concetto, tanto semplice quanto profondo, di quando un essere umano muore e varca le soglie del cimitero. “Un re, un magistrato, un grand’uomo, passando questo cancello, ha fatto il punto che ha perso tutto, la vita e pure il nome: non ti sei fatto ancora questo conto?”. Per Totò in quel preciso momento non esistevano più differenze o caste: c’era una livella che metteva tutti sullo stesso piano. Quella stessa livella che accoglie ora l’uomo che si definiva immortale. Chi è credente si aggrappa alla fede che questa volta Re Silvio non potrà sottrarsi all’ultimo processo di un Giudice che non può corrompere a suon di miliardi. E questa volta non ci sono leggi ad personam che tengano, né tanto meno avvocati che facciano rinviare le udienze, e soprattutto non c’è una Corte “benevola” pronta ad assolverlo.
Per chi è laico è sufficiente un’analisi asciutta dei fatti: i reati commessi da B. sanciti da qualche sentenza, ma anche quelle tante prescrizioni che lo hanno salvato grazie alle sue leggi, così come quelle archiviazioni gravide di ombre su fatti gravissimi. E soprattutto rimane la sua sistematica metodologia di instillare nel tessuto sociale un modello di vita a suo dire vincente: apparire, incantare, mentire e poi ancora delinquere, violentare valori e principi nel nome del dio denaro, facendola sempre franca davanti alla legge. Rimane quindi la sua storia. Che narra di un uomo nel quale si sono rispecchiati milioni di italiani – spesso squallide sanguisughe, dentro e fuori l’agone politico, ma anche semplici cittadini vogliosi di reiterare il suo modello di vita. Tutti assieme, pronti a prostituire la propria dignità per trasformarsi in quello che lui voleva: un esercito di replicanti obbedienti. Berlusconi ha saputo contaminare le coscienze di tanti giovani con una strategia mirata, attraverso l’arma potentissima dei media, con l’obiettivo appunto di creare un popolo suddito di non-pensanti. Se oggi assistiamo a tragedie metropolitane in cui giovani youtuber provocano incidenti stradali dove muoiono bambini di 5 anni, e dopo lo scontro c’è chi ha ancora il coraggio di  continuare a filmare, stiamo grattando il fondo di questa civiltà. Una civiltà dove troviamo anche lo studente di 16 anni che arriva al punto di accoltellare la sua insegnante. Chiudere gli occhi di fronte alle conseguenze di certi modelli per i nostri ragazzi ci rende complici. Ed è difficile poter negare che lo svuotamento delle loro coscienze non sia figlio di quella forma strisciante di berlusconismo dove tutto è lecito e vige l’impunità. Una società dove i suoi giovani si consumano dietro falsi idoli, bruciano le proprie vite seguendo gli esempi di quei feticci, o si suicidano dopo aver lanciato richieste di aiuto inascoltate, ebbene quella società ha fallito. Tutti noi abbiamo fallito se non creiamo i presupposti per invertire la rotta.

Altre voci dall’Italia del Caimano
Guarda che Berlusconi pagava la mafia…”No, no, non ci credo, lui ha creato tanti posti di lavoro…”. “Ma ci sono sentenze che lo dicono, e se non credi a me ti giro un articolo dove ne parla perfino Alex Zanotelli”. “No, no, non mandarmi niente, non voglio vedere nulla”.
Ecco le altre voci di un’Italia che non vuole vedere e non vuole sentire. E probabilmente basterebbe questo per cedere allo sconforto.
In un altro Paese – commentava nel 2005 Alexander Stille nel suo celebre film, riferendosi a quella parte di magistratura coraggiosa che era stata capace di istruire il Maxiprocesso  gli artefici di una tale vittoria sarebbero stati considerati un patrimonio nazionale. Dopo aver vinto la prima battaglia a Palermo, ci si sarebbe aspettato che Falcone e i suoi colleghi fossero messi nella condizione di vincere la guerra. Invece in Italia avvenne proprio il contrario”. Per poi aggiungere con grande lungimiranza: Berlusconi non sarebbe sopravvissuto nemmeno un anno, con un’informazione aggressiva e capace. L’avrebbero distrutto in mille occasioni (…) In una democrazia l’informazione è il potere che dovrebbe sorvegliare gli altri. Infatti: in Italia la democrazia è zoppa”. Un anno dopo l’editorialista del Guardian, Martin Jacques, aveva definito Berlusconi il più grave e pericoloso fenomeno politico in Europa. Rappresenta la più seria minaccia alla democrazia europea dal 1945. Il suo governo ha esercitato una maligna influenza sulla vita democratica italiana”. Quella “maligna influenza” che la sua morte ha tutt’altro che cancellato.
Ma proprio perché in mezzo a questa palude c’è ancora la parte sana di un Paese dove vale la pena continuare a resistere: con la forza, la determinazione e la lucidità di chi sa di essere nel giusto. Assieme a quella parte di Italia che non si è sentita in lutto dopo la morte di Berlusconi, che non ha messo le bandiere a mezz’asta – come impavidamente ha fatto il rettore dell’Università per Stranieri a Siena, Tomaso Montanari – che ha avuto il coraggio di dire le cose come stavano anche rischiando pesanti conseguenze. Accanto a tutti quei giovani che continuano a gridare nelle piazze, che lottano ogni giorno per costruire una società migliore: liberi da chi aveva ipotecato il loro futuro.

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fonte:https://www.antimafiaduemila.com/home/primo-piano/96019-sopravvivere-al-berlusconismo.html