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Sicurezza: il decreto del governo

Ronde di cittadini ed ex agenti, estensione a sei mesi della permanenza degli immigrati nei Cie, divieto degli arresti domiciliari per chi è accusato di violenza sessuale e pene per lo stalking. Sono queste le principali norme contenute nel dl anti-stupri approvato dal Consiglio dei ministri ma che non convince Chiesa, opposizione e giuristi. Si smarca il Quirinale

Il Consiglio dei ministri ha dato il suo via libera al decreto legge in materia di pubblica sicurezza e contrasto alla violenza sessuale. Un provvedimento che raccoglie alcune misure previste nel disegno di legge sulla sicurezza varato il 4 febbraio scorso dal Senato e attualmente all’esame della Camera. 13 articoli e 12 norme che aspirano a rispondere ai recenti fatti di cronaca, di cui l’ultimo è stato lo stupro nei pressi del parco romano della Caffarella ai danni di una giovanissima ragazza, realizzando quella lotta “cattiva” invocata dal ministro dell’Interno Maroni nelle scorse settimane. Un decreto legge, l’ennesimo, contestato al governo dall’opposizione nel metodo e nel merito, con annesso allarme delle associazioni giuridiche e non solo. E con una non troppo velata polemica col Quirinale che si smarca dalle scelte dell’esecutivo.

Tra i principali elementi di novità introdotti: l’obbligatorietà della custodia cautelare in carcere per coloro che si macchiano di reati come violenza sessuale, prostituzione minorile, pedopornografia, turismo sessuale; l’esclusione dei benefici della legge Gozzini (come l’affidamento in prova e la semilibertà per i condannati) a quanti sono accusati di questi reati; il gratuito patrocinio dello Stato alle vittime dello stupro; il nuovo reato di stalking e la sanzione di minacce e molestie reiterate che potrebbero evolvere in stupro o omicidio, con sanzioni che saranno più severe se il reato è commesso dall’ex partner o verso soggetti particolarmente vulnerabili, e con il riconoscimento dell’ergastolo in caso di omicidio commesso dopo la violenza sessuale; la legalizzazione delle cosiddette ronde con associazioni di cittadini disarmati che, previa intesa con i prefetti, potranno pattugliare il territorio e che saranno formate “prevalentemente” da pensionati delle forze dell’ordine; l’investimento di 100milioni di euro nelle attività del Ministero dell’Interno e l’assunzione di 2500 unità di personale delle forze dell’ordine. Dulcis in fundo, il prolungamento da 2 a 6 mesi del trattenimento degli stranieri nei Cie, centri di identificazione e espulsione.

Una decisione politica che risponde, o meglio cavalca con occhio miope i recenti episodi di cronaca, sottovalutando il clima crescente di giustizialismo self made che si va diffondendo ad ogni latitudine del paese, con tutto il sostrato razzista che spesso gli fa da base ideologica e che dimentica il carattere ancora fortemente “italiano” della violenza di genere. Mentre da Torino a Lampedusa i centri che accolgono gli stranieri non riescono più a ospitarli in condizioni umane, sotto lo sguardo attonito di un Europa di cui sembriamo ogni giorno provincia incivile, mentre l’immigrazione clandestina continua a mietere vittime tra i canali del Mediteranno, senza nome e senza storia.

Non è un caso che l’opposizione suona la tromba della polemica. Dentro e fuori il Parlamento, coinvolgendo anche l’ondivaga formazione di Casini, e brandendo ragioni di metodo e merito.

In relazione alle misure antistupro il Pd fa infatti sapere per voce di Vittoria Franco come il governo abbia dimostrato un atteggiamento “schizofrenico”, visto che la “risposta doverosa” era tale anche “sei mesi fa quando il Pd propose di inserire nel primo decreto sicurezza queste norme e l’esecutivo rispose picche”.

“Svolta autoritaria”, ma anche “decadenza dello stato costituzionale di diritto a regime”, con “la violenza razzista che si certifica per decreto legge”: queste sono le espressioni usate da Patrizio Gonnella di Antigone per stigmatizzare il pacchetto sicurezza odierno, evidenziandone soprattutto i limiti in materia di immigrazione. Così come sottolinea anche Enrico Farinone del Pd che parla di una pericolosa mutazione perchè “i Cie si trasformeranno nei fatti in centri di detenzione”, con l’incognita sulla capacità di fare logisticamente fronte a questa scelta: “siamo sicuri che i centri di cui oggi disponiamo sono in grado di sostenere quest’allungamento del tempo di permanenza?”.

Bocciato sempre dai democratici anche il metodo con cui è stato introdotto il cambiamento degli ex Cpta: il prolungamento fino a 6 mesi del fermo in essi degli stranieri irregolari “rappresenta uno schiaffo al parlamento che aveva bocciato un provvedimento del governo che andava in questa direzione”, afferma il ministro ombra degli Interni Marco Minniti. Stessa opinione espressa dall’Udc Giampiero D’Alia che parla di un “infilare surrettiziamente una norma già respinta dal Senato”, dunque un atto “grave e irrispettoso”.

Sulle ronde è sempre Minniti a sferrare l’attacco definendole “una norma confusa che mette in discussione il monopolio della sicurezza da parte dello stato”. Preferibile sarebbe stato colmare “l’ampiezza dei tagli attuati” per offrire “più risorse, uomini e mezzi alle forze dell’ordine”.

A criticare la legittimità del provvedimento è anche l’Idv con Silvana Mura che riferendosi alle parole del premier afferma: “se è lui stesso ad affermare che non vi alcuna emergenza stupri”, afferma la dipetrista , “dove sono i requisiti di necessità e urgenza”, per cui il dl è solo un modo “per nascondere il fallimento”.

Le ronde ma soprattutto il prolungamento della permanenza nei Cie destano preoccupazione. Anche dell’Unione delle Camere penali che definiscono le misure “demagogiche e propagandistiche” e stigmatizzano l’operato del governo: perché non ci sarebbe “nessun presupposto di straordinarietà necessità e urgenza” oltre il fatto che le ronde “rischiano di innescare una spirale incontrollabile di violenza e intolleranza”. Misure che contrastano con i diritti dell’uomo, segnala l’Ucpi, e che sono “il segno di una concezione illiberale e autoritaria del processo penale”. Perché? Perché l’obbligo alla carcerazione preventiva è “in contrasto con i principi di presunzione di innocenza”, mentre la sospensione delle pene alternative “toglie ogni funzione rieducativa alla pena”. Per non parlare della questione Cie, trasformati in “veri e propri campi di detenzione estranei alla civiltà giuridica”. Stessa critica dall’Anm, il sindacato delle toghe.

Di “abdicazione dello Stato di diritto” parla monsignor Agostino Marchetto, segretario del Pontificio consiglio dei migranti, che rispetto alle ronde di volontari a tutela della sicurezza nelle città commenta: “non è la strada da percorrere”. Ma il Vaticano è sempre stato critico verso la (in)gestione della migrazione da parte del governo Berlusconi con Famiglia cristiana arrivata ai ferri corti con Maroni che non a caso l’ha querelata per aver definito le sue sclte “razziste”.

Parole che non sembrano toccare minimamente la maggioranza. Con il responsabile del Viminale che difende le misure perché “non sono state prese sull’onda emotiva” ma sono state “già previste dal ddl sulla sicurezza”. Le ronde, per il ministro, sono approvate anche dalle forze di polizia (“non contrarie” le definisce Maroni) rispondendo in questo modo alla lettera spedita ieri al capo dello stato Napolitano dai sindacati di polizia preoccupati: “le associazioni dei volontari sono un modo per regolarizzare quelle cosiddette ronde già ci sono in tante città” in quadro a suo dire “regolarizzato”. Mentre per i Cie, il leghista al Viminale parla di un allungamento dei tempi “necessario” per ricevere “il nulla osta per i rimpatri dai paesi di origine”, forse “non farà la felicità degli immigrati irregolari, ma sicuramente dei cittadini” afferma. E per far fronte ai numeri crescenti che questo allungamento temporale creerà fra la popolazione straniera nei centri, Maroni promette la costruzione di nuove strutture “in regioni dove i centri non sono presenti, in zone non troppo abitate”. Del resto, sostiene, “noi abbiamo anticipato una norma già approvata dal parlamento europeo per quanto riguarda asilo e rimpatri”. In sostanza decisioni che per il Viminale sono state prese con Napolitano con cui “abbiamo concordato senza alcuna obiezione o forzatura”. Ma le parole non piacciono al capo dello Stato che infatti fa presto sapere attraverso una nota ufficiale come il decreto sia il frutto di una “autonoma ed esclusiva responsabilità del governo” .

Soddisfatti dunque tutti i ministro coinvolti, dal guardasigilli Angelino Alfano alla responsabile delle Pari opportunità Mara Carfagna. Soddisfattismo poi il premier, il quale respinge ai mittenti le accuse. Secondo Berlusconi il ricorso alla decretazione d’urgenza è giustificato “in seguito al grande clamore suscitato da recenti episodi” di cronaca. Tuttavia, dice con non poca contraddittorietà, “rispetto agli anni 2006 e 2007, nel 2008 c’è stato un calo intorno al 10% degli episodi di violenza”. Il punto, anche in questo contesto dopo il caso Englaro, è che “i tempi che il parlamento impiega per approvare queste norme si dichiarano da soli”, perciò i decreti sono “essenziali” perché il governo “possa intervenire tempestivamente”.
Marzia Bonacci

(tratto da www.aprileonline.info)