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SICILIA – L’emergenza che non finisce mai

L’emergenza che non finisce mai

15 Maggio 2020

La gestione del ciclo dei rifiuti in Sicilia rappresenta un terreno di storica interferenza tra interessi privati e pubblica amministrazione.

Negli ultimi vent’anni funzione politica e ragione d’impresa si sono spesso incrociate lungo un piano inclinato che ha mescolato inerzie, inefficienze e corruttele. La governance regionale sul ciclo dei rifiuti e stata spesso ostaggio di un gruppo di imprenditori che hanno rallentato, anche per responsabilità di una politica compiacente, ogni progetto di riforma che puntasse a un’impiantistica pubblica, con la conseguenza che l’unico esito possibile dell’intero ciclo resta oggi il massiccio conferimento in discariche private (eccezion fatta per l’impianto di Bellolampo).

Come ebbe modo di riferire il Procuratore della Repubblica di Palermo Francesco Lo Voi alla Commissione Bratti sul ciclo dei rifiuti: “Si può ragionevolmente presumere una permanente deviazione delle funzioni pubbliche in favore di imprese private operanti nel settore di interesse”. In altre parole, una sorta di monopolio consentito, garantito e protetto dagli apparati amministrativi e politici a beneficio dei titolari delle grandi discariche private.

[…] Uno dei temi più ricorrenti della presente inchiesta è rappresentato dall’incidenza dell’aspetto emergenziale su quello che è stato – e che continua ad essere – l’approccio strategico al tema della gestione dei rifiuti in Sicilia. Pertanto, e di peculiare importanza, prima di procedere alla trattazione dei singoli punti della relazione, provare a ricostruire la genesi storica di quella che, senza timore di smentita, può essere definita un’emergenza costante, avendo anche cura di evidenziare le scelte di indirizzo politico degli organi di governo via via succedutisi. Ricostruzione che raffigura plasticamente come l’emergenza, o la sua semplice evocazione, abbiano finito per svilire qualsivoglia aspetto programmatico o per favorirne il repentino accantonamento.

In Sicilia si incomincia a parlare di crisi dei rifiuti a partire dal gennaio 1993, durante il Governo Capodicasa al quale, il 31 maggio 1999, con l’ordinanza n. 29834 del Ministro dell’Interno vengono attribuiti i poteri di commissario delegato. All’epoca il Piano dei rifiuti in vigore in Sicilia era quello del 1989: gli impianti erano prossimi al collasso ed i rifiuti avevano ormai invaso le strade senza che si riuscisse a procedere alla loro tempestiva raccolta e allo smaltimento.

Obiettivo del Governo nazionale era quello di abbandonare il modello di smaltimento basato sulla presenza di una discarica per ogni singolo comune, in favore di un sistema – in linea con quanto previsto dal cosiddetto “Decreto Ronchi” all’epoca vigente – incentrato sulla raccolta differenziata.

E noto che tale proposito falli: il P.I.E.R. (Piano Interventi Emergenza Rifiuti) di Capodicasa, di fatto, non venne mai attuato. Cosi come spiega il professor Aurelio Angelini nel piano stralcio approvato dalla Commissione Ambiente dell’ARS nel maggio 2018: ?dal 2000 ad oggi sono stati approvati dai Commissari Delegati dal governo nazionale ben tre Piani Emergenziali, che per loro natura sono incompleti e parziali, perché rispondono alla necessità di realizzare interventi indifferibili e urgenti per il superamento degli accadimenti emergenziali e non di provvedere alla gestione e alla legislazione ordinaria?.

Torniamo al 1999. L’anno successivo il governo Capodicasa viene sfiduciato e a Palazzo d’Orleans, dopo la breve parentesi di Vincenzo Leanza, nel luglio 2001 – con la prima elezione diretta del Presidente – arrivava Salvatore Cuffaro cui vengono affidati, come per i predecessori, i poteri commissariali per l’emergenza. Cosi il giornalista Antonio Fraschilla ricostruisce in Commissione

le fasi piu significative dell’azione del nuovo commissario delegato:

FRASCHILLA, giornalista. Nel 2001 con il governo Cuffaro si inizia la grande manovra per realizzare i termovalorizzatori, cosa che già era iniziata a farsi in tutta Europa, che si stava facendo nel resto d’Italia… perché in quel momento la stessa Unione europea spingeva verso la valorizzazione energetica. Attraverso i poteri speciali che sono stati dati al governo ed al presidente della Regione Cuffaro, in Sicilia accadono due cose: innanzitutto viene quasi esternalizzata tutta la partita rifiuti dalla macchina burocratica regionale e si crea un’Agenzia per i rifiuti e l’ambiente, la cosiddetta A.R.R.A.9 L’agenzia e una sorta di corpo esterno, anche se del tutto dipendente dall’amministrazione regionale, ma questo consente di bypassare una serie di norme, di regole che riguardano la pubblica amministrazione, sia per spese, per il personale, e cosi via. Si inizia questa avventura dei termovalorizzatori con delle mega gare che valgono oltre un miliardo di euro perché il governo Cuffaro decide di realizzare quattro termovalorizzatori per una capacita di incenerimento enorme… come se tutti i rifiuti dovessero andare alla termovalorizzazione senza considerare una differenziata o la possibilità di fare scarti.

Altrettanto netto è il giudizio della Commissione Bratti: “Il commissariamento, per lo piu, divenne lo strumento attraverso il quale il governo Cuffaro pianifico la costruzione dei quattro termovalorizzatori, impianti che avrebbero dovuto servire a bruciare l’80 per cento dei rifiuti prodotti in Sicilia. Tanto e vero che – dalla pubblicazione dei bandi di gara (agosto 2002), alla stipula dei contratti con le ditte aggiudicatarie (giugno 2003) fino al 2008 – tutti gli atti del governo regionale ovvero della struttura commissariale (2001-2006) e dell’Agenzia regionale per i rifiuti e l’ambiente erano indirizzati quasi esclusivamente alla realizzazione dei termovalorizzatori”.

Ma nell’agenda di Cuffaro non c’è solo l’affaire termovalorizzatori […]. Nel novembre 2002 fanno la loro apparizione gli ATO (Ambiti Territoriali Ottimali), ovvero le cosiddette “società d’ambito”. I 27 ATO in poco tempo finiranno per esautorare i comuni dalle proprie funzioni in materia di rifiuti, con conseguenze devastanti per le casse della Regione. In altri termini, come ricostruito dalla Commissione Bratti, la voce “rifiuti” scompare dai capitoli di bilancio di numerosi enti locali che, per il tramite di accordi sindacali, trasferiscono alle società d’ambito il proprio personale addetto all’igiene urbana. Significativa sul punto la fotografia offerta dal giornalista Giuseppe Pipitone:

GIUSEPPE PIPITONE, giornalista. In tutte le regioni italiane, anche nelle più grandi, la Lombardia… al massimo si sono avuti cinque/sei ambiti ottimali di gestione per un numero di abitanti che e praticamente il doppio di quelli siciliani… A che cosa servono 27 ATO? Essenzialmente, e ripeto non lo dico io, ma mi baso su fatti acclarati, a moltiplicare poltrone da presidenti di società, poltrone da consiglieri di amministrazione di società e, soprattutto, posti di lavoro dentro le stesse società… Come spesso succede con gli strumenti pubblici di questa terra si sono utilizzate risorse pubbliche come ammortizzatore sociale indiscriminato.

A ciò va aggiunto quanto puntualizzato dalla Commissione Bratti:

Questo perverso modus operandi, unito all’incapacità di fronteggiare sia l’elusione che l’evasione di TARSU, TIA e TASI, ha determinato l’impegno di ingenti risorse finanziarie al fine di scongiurare una gravissima emergenza occupazionale ed economica, risorse che avrebbero potuto essere investite per infrastrutture, raccolta differenziata e acquisto di mezzi ed attrezzature

di servizio”.

Insomma, risorse sottratte alla realizzazione di un’impiantistica pubblica che avrebbe dovuto e potuto riscrivere il ciclo dei rifiuti, prevedendo il conferimento in discarica come esito finale di una parte marginale del rifiuto raccolto. Ed e in questo contesto che Cuffaro, nella veste di commissario delegato, emette l’ordinanza commissariale n. 1166 del 18 dicembre 2002 recante l’adozione del “Piano di gestione dei rifiuti e delle bonifiche in Sicilia”. Inattuato anch’esso, cosi come sopra anticipato.

L’emergenza continuerà fino al 31 dicembre 2006. Gli ampliamenti di discariche per i rifiuti urbani a titolarità pubblica e a gestione privata, inizialmente vietati, a far data dall’8 aprile 2003, verranno invece autorizzati con l’abrogazione di alcune disposizioni dell’ordinanza n. 2983.

Alla fine, le discariche comunali saranno chiuse per essere sostituite, quale risultato pratico (come rimarcato dalla Commissione Bratti), da impianti ancora più grandi. Per converso, i numeri della raccolta differenziata continueranno a non registrare significativi miglioramenti.

Fallisce anche il progetto dei quattro termovalorizzatori. Diciannove mesi dopo la fine dell’emergenza, la partita degli inceneritori registra una significativa battuta d’arresto con la pronuncia della Corte di Giustizia Europea del 18 luglio 2007, secondo la quale la procedura per la stipula delle convenzioni per l’utilizzo della frazione residua dei rifiuti urbani non ha rispettato le forme di pubblicità previste dalla direttiva 92/50.

Ciò non impedirà alla Regione Sicilia di mantenere comunque in piedi la gara. Siamo al passaggio di consegne tra il governo di Salvatore Cuffaro e quello di Raffaele Lombardo il quale, con delibera n. 124 del 21 aprile 2009, rimetteva all’A.R.R.A. il compito di rinnovare la procedura conformemente al dettato comunitario, salvo poi procedere – cosi come avremo modo di vedere nel

prosieguo – all’annullamento in autotutela delle originarie procedure con D.P. n. 548/2010.

Le imprese a quel punto adiranno le vie legali pretendendo risarcimenti milionari (contenzioso conclusosi poi nel giugno 2015 attraverso un accordo transattivo). Dal canto suo, la D.D.A. di Palermo avvierà sulla gara d’appalto una capillare attività d’indagine che, nonostante l’esito finale (archiviazione per intervenuta prescrizione), svelerà – come si avrà modo di riferire più avanti – un vero e proprio accordo a tavolino. Accordo sul quale – già nell’ottobre 2010 – la Commissione Parlamentare presieduta dall’On. Gaetano Pecorella aveva speso parole durissime:

La vicenda dei termovalorizzatori… fornisce uno spaccato allucinante della situazione in Sicilia, perché dimostra come la criminalità organizzata abbia una straordinaria capacita di avere contezza di quelli che sono gli affari e questo presuppone l’esistenza di un’area di contiguità estremamente estesa e consolidata che abbraccia interi settori delle professioni, della politica e della pubblica amministrazione…”.

I termovalorizzatori dunque non si faranno. Nel frattempo si continua, in quantità sempre maggiori, ad abbancare presso le discariche. Cosi tanto, che risulta necessario autorizzare ampliamenti su ampliamenti. Oneri per le casse della Regione, guadagni milionari per i gestori privati degli impianti […]. Intanto a luglio 2010 e di nuovo emergenza. A Raffaele Lombardo – che tre mesi prima, con la L. R. n. 9 dell’8 aprile, aveva costituito per ogni ATO (passati da 27 a 10) le cosiddette SRR (Società per la Regolamentazione del servizio di gestione Rifiuti) – vengono attributi i poteri di commissario delegato18 con il compito di predisporre l’adeguamento del Piano regionale dei rifiuti del 2002. Per farlo, Lombardo si affiderà ad un team di super consulenti, formato, tra gli altri, da due futuri assessori: Claudio Torrisi e Maurizio Croce.

Secondo le cronache del tempo, all’interno del gruppo di lavoro sorsero parecchi contrasti di vedute legati alla possibilità o meno di ricomprendere nel Piano l’utilizzo dei termovalorizzatori e di preferirli, in assenza di specifica impiantistica, alla soluzione del conferimento in discarica. Indiscrezioni che, in parte, sono stati confermati a questa commissione proprio da Maurizio Croce: […].

Il Piano di Lombardo verrà approvato con decreto del Ministero dell’Ambiente l’11 luglio 2012 ma la sua esperienza di governo nel frattempo era giunta al termine.

Al posto di Raffaele Lombardo nell’autunno 2012 arriva Rosario Crocetta che si troverà a dover subito affrontare la crisi della discarica di Bellolampo chiedendo ancora una volta al Governo nazionale di dichiarare lo stato di emergenza in materia di rifiuti (decreto legge n. 43 del 2013).

L’emergenza inizialmente interesserà solo il sito di Bellolampo salvo poi comprendere, in base alla legge di conversione n. 71 del 2013, l’implementazione di tutto il sistema impiantistico regionale20. Lo stato d’emergenza cesserà, ufficialmente, il 31 dicembre 2013. Nessun’altra proroga. Ma la crisi, in Sicilia, non accenna a spegnersi. La Giunta Regionale cambia ancora una volta indirizzo della governance sui rifiuti e con la L.R. n. 3 del 9 gennaio 2013 istituisce gli ARO (Ambiti di Raccolta Ottimali), deputati a sostituire gli ATO, riassegnando ai comuni l’onere di provvedere alla raccolta dei rifiuti.

Ma e di nuovo emergenza. Crocetta bussa alla porta del Governo nazionale per chiedere il conferimento dei poteri speciali 21. La risposta stavolta e negativa. Tuttavia con il D.Lgs. n.152/2006 (cd. Codice dell’ambiente) Roma gli consentirà di emettere una serie di ordinanze contingibili ed urgenti. Solo una soluzione pilatesca, nel commento della Commissione Bratti:

Si e passati dalle ordinanze del commissario di Governo a quelle di somma urgenza del presidente della Regione. Sebbene lo strumento sia cambiato, nei fatti la sostanza resta quasi identica, giacche si continua ad andare in deroga a diverse norme regionali, leggi nazionali e soprattutto direttive europee”.

Il resto e cronaca. Le cosiddette “ordinanze contingibili ed urgenti” hanno un solo esito: rendere le discariche sempre più strumento indispensabile ed imprescindibile di chiusura del ciclo dei rifiuti, nonostante le intenzioni iniziali di Crocetta – ed in particolare del suo assessore, il magistrato Nicolò Marino – fossero quelle di porre fine all’oligopolio delle discariche private.

L’assessore Marino farà di più e istituirà una Commissione interna per passare al setaccio i procedimenti autorizzativi dei quattro principali impianti (Valanghe d’Inverno, Siculiana, Mazzarra e Grotte di San Giorgio). L’esito dell’indagine – come avremo modo di vedere in dettaglio più avanti – evidenzierà gravi e diffuse invalidità procedurali.

Allo spirare del Governo Crocetta, nonostante i molti proclami e gli inevitabili rinvii, in Sicilia continua a mancare un piano dei rifiuti.

Nell’autunno 2017 si insedia il governo di Nello Musumeci. Nel gennaio 2018 viene autorizzato uno degli ampliamenti più grandi di discariche in Italia ossia quello relativo all’impianto di contrada San Giorgio, a Lentini (SR), gestito dalla Sicula Trasporti. Due mesi più tardi, l’8 febbraio 2018, il Consiglio dei Ministri dichiara l’ennesimo stato di emergenza in Sicilia per un periodo di 12 mesi,

nominando Musumeci commissario delegato. La causa e sempre la stessa: la maggior parte dei comuni siciliani continua a conferire rifiuti indifferenziati in discarica, con la conseguenza della saturazione delle stesse.

Ritorna – meglio, resta – attuale l’esigenza di un piano rifiuti in Sicilia che guardi oltre il dato emergenziale e sappia disciplinare l’intera filiera del rifiuto. La soluzione ad oggi sembra ancora lontana.

Lapidario ma efficace – in tal senso – il giudizio con cui la Commissione Bratti, già nel 2016, aveva fotografato la situazione in Sicilia: “Invero tutti i più importanti atti emanati dal 2010 in poi non sono collegati a nessun Piano ma seguono la logica della continua e perdurante emergenza. In sintesi si può affermare che tutto ciò che riguarda la capacita di smaltimento delle discariche, il trattamento dei rifiuti, la costituzione delle SRR, la raccolta differenziata dei comuni, l’impiantistica a supporto del riciclo e molto altro ancora e regolamentato attraverso provvedimenti di somma urgenza che, di volta in volta, contengono deroghe a diverse norme regionali, leggi nazionali e soprattutto direttive europee. Nella sostanza, negli ultimi anni, si e passati dalle ordinanze del commissario di Governo a quelle del presidente della Regione. Strumenti diversi che hanno portato ad identici risultati”.

Fonte:http://mafie.blogautore.repubblica.it/