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Sì,caro Vassallo,siamo d’accordo: il problema in Italia non é la mafia ma la politica e,di conseguenza,le istituzioni.Ma,a volerla dire tutta ,la politica ,a sua volta,trae forza e legittimazione dai cittadini che votano ladri,corrotti e mafiosi per ignoranza,convenienza,vigliaccheria o altro motivo.Quindi é il problema,a dirla ancora tutta,é il popolo:

 

 

 

Vassallo: “Il problema dell’Italia non è la mafia ma la politica”

Angelo Vassallo è stato sindaco di Pollica, paese di 2500 abitanti in provincia di Salerno dal 1995 al 2010. Prima di fare il sindaco, Angelo faceva il pescatore e non ha mai perso la passione per il mare: da qui il soprannome di sindaco-pescatore che salta fuori ogni volta che si parla di lui. Ad Angelo stava particolarmente a cuore l’ambiente, in tutte le sue componenti: era presidente della Comunità del Parco (organo del Parco nazionale del Cilento), fu promotore dell’inclusione della dieta mediterranea tra i Beni orali e immateriali dell’umanità (riconoscimento arrivato nel novembre 2010), ha fatto la guerra ai mozziconi di sigaretta e ha ripulito le acque della sua Pollica fino a farle guadagnare le 5 Vele della Bandiera blu di Legambiente e Touring Club. La buona politica inaugurata da Angelo, controcorrente rispetto alle pratiche clientelari in vigore nel paese, è stata interrotta bruscamente il 9 settembre 2010, quando nove colpi di pistola lo hanno raggiunto mentre guidava verso casa. Ufficiosamente i mandanti sono stati identificati nella camorra locale. Ufficialmente non è ancora stato individuato alcun potenziale colpevole dell’omicidio.

Il fratello di Angelo, Dario Vassallo, da quell’anno non ha smesso di girare l’Italia per continuare a far vivere l’eredità lasciata dal sindaco pescatore. I problemi d’altronde – spiega Dario – sono ovunque gli stessi: cambia solo il dialetto. In ricordo del fratello, Dario ha dato vita alla «Fondazione Angelo Vassallo» e nel 2011 ha pubblicato un libro sulla sua storia, intitolato proprio «Il sindaco pescatore», che lo accompagna sempre nel suo girovagare tra municipi, oratori, parrocchie, bar, e ovunque sia possibile instaurare un dialogo. Gli abbiamo fatto qualche domanda per riflettere sull’attualità a partire dall’omicidio di Angelo.

Suo fratello Angelo era entrato in politica prima con la Margherita e poi con il PD, quello stesso partito che ora ha subito il maggior numero di defezioni a causa dell’inchiesta di Mafia Capitale. Secondo lei è ancora possibile rimanere in un partito, perché se ne condivide l’ideologia, senza farsi contaminare dalle tante “mele marce”? Oppure la politica è un sistema troppo densamente malato per rimanere fuori da certi giri?

Il problema dell’Italia non è la mafia, ma la politica: questo è il mio pensiero. Con questo intendo dire che spesso il confine tra legalità e illegalità, tra politico e camorrista, è labile e bisognerebbe avere più paura di chi veste in giacca e cravatta e detiene il vero potere piuttosto che dei poveracci camorristi che si nascondono negli scantinati. Prima di Angelo, e purtroppo anche dopo la sua morte, a Pollica ha governato una politica feudale, clientelare. Nulla si muove se non si bussa alle giuste porte. Fortunatamente oggi vedo nelle nuove generazioni del sud tanta voglia di cambiare, tanto fermento. Tornando a Mafia Capitale, è chiaro che quello che accadeva si sapeva da anni, ma si è sempre taciuto. E allora sì, se si viene a conoscenza di certi meccanismi e non se ne fa denuncia, come è accaduto nel PD, ci si rende complice delle “mele marce”.

È recentemente approdato alla Camera il decreto legge che contiene anche il progetto di pulizia dei fondali marini e smistamento dei rifiuti recuperati in mare portato avanti da Angelo. Secondo lei la buona politica di suo fratello sta continuando a dare i propri frutti?

La legge è passata grazie alla Fondazione Angelo Vassallo. Altrimenti non avrebbe mai visto la luce. Certo, siamo stati aiutati molto da alcuni politici del Partito Democratico, che fortunatamente non è tutto marcio, ma se non l’avessimo spinta noi questo non sarebbe accaduto. Per quanto riguarda l’ambito locale, come dicevo prima, dopo la morte di Angelo la politica di Pollica è tornata indietro di vent’anni, a gambero. La rottamazione tanto millantata da Matteo Renzi a livello locale non è mai avvenuta.

Le indagini sulla morte di Angelo, a più di 5 anni dal suo omicidio, non hanno ancora individuato alcun potenziale colpevole. Ha ancora fiducia nella giustizia italiana?

Sì, ho ancora fiducia. I magistrati stanno facendo un gran lavoro, passando in rassegna ogni minimo dettaglio, interpellando continuamente chiunque possa risultare utile. Ma trovare la verità è difficile, soprattutto perché la scena del crimine è stata inquinata fin da subito: troppe persone attorno alla macchina, nessuna transenna. A questo va aggiunta l’omertà: nove colpi sono stati sparati quella sera e nessuno nelle vicinanze ha detto di aver sentito alcun rumore. Ma quello che soprattutto fa male è il fatto che la politica non si sia presa le proprie responsabilità, che sono grosse. Il legame tra politica e mafia è troppo stretto e troppo ambiguo. Io pretendo un processo politico, più che giudiziario.

I recenti fatti di Parigi, l’omicidio di Angelo: sono entrambi gesti finalizzati ad instillare la paura nei sopravvissuti e a spingerli a cambiare atteggiamento. Come si fa a non avere paura e continuare a portare avanti i propri ideali o, semplicemente, la propria vita di sempre?

Serve molta forza e bisogna accettare il fatto che da soli non si va da nessuna parte. Non bisogna isolarsi, ma stare insieme, fare comunità. La parte difficile è che una comunità non nasce dall’oggi al domani, ma si costruisce lentamente col tempo. Ciò che le amministrazioni locali devono fare è essere vicine ai cittadini e rigenerare in loro il senso di appartenenza a un gruppo. Anche l’educazione è importante: perché non parlare a scuola di mafia e terrorismo? Conoscendo i problemi, se ne ha meno paura. Non nego che il mio libro nasca dalla rabbia: rabbia per l’ingiustizia, l’omertà, la violenza gratuita. Quella è stata la mia prima reazione, poi sono venute la forza di reagire e la voglia di portare avanti le idee di Angelo. È triste dirlo, ma finché non ti capitano determinate cose non ti prendi carico di determinate battaglie.

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