La genesi del fenomeno risale alla fine degli anni Settanta, con l’avvento di Giuseppe Cirillo e poi con Santo Carelli. La capitale della mala sibarita alla fine del secolo scorso si sposta da Corigliano a Cassano mentre omicidi e inchieste fiaccano i clan. Si apre adesso una nuova fase nella storia della criminalità dell’Alto jonio cosentino
di Marco Cribari 1 aprile 2023
Un territorio fertile, baciato dal sole e da un’economia florida. Il passato glorioso di una civiltà millenaria, adombrato da un presente fatto di abusivismo, infrastrutture obsolete come la Statale 106, la strada della morte che fa decine di vittime ogni anno. Terra di mille contraddizioni la Sibaritide, che della provincia di Cosenza è stata ed è ancora la parte più esposta agli appetiti delle cosche mafiose.
La storia criminale dell’ultimo mezzo secolo lo dimostra ampiamente. La genesi del fenomeno risale alla fine degli anni Settanta, con l’avvento di Giuseppe Cirillo, camorrista amico di Cutolo e primo boss a estendere il suo dominio su tutta la costa jonica, da Cariati fino a Rocca Imperiale. Un regno instabile il suo, come lo saranno anche quelli dei suoi successori. La sanguinosa guerra per il potere, la prima che si ricordi, segna la fine di Cirillo e l’ascesa di Santo Carelli, ma a metà degli anni Novanta, l’operazione “Galassia”, seguita da arresti e condanne, metterà un punto a quell’epopea oscura.
La capitale dell’impero è ancora Corigliano, ma alla fine del secolo si sposta a Cassano, dove il gruppo dei nomadi si è fatto ‘ndrangheta con la benedizione del Crimine di Cirò. La parola torna alle armi. Il conflitto si fa etnico e li contrappone agli “italiani” dei Forastefano, lasciando una scia di lutti che lo Stato interrompe con due grandi operazioni di polizia, “Lauro” nel 2003 e “Omnia” nel 2006. Tutti in galera, pentiti o morti ammazzati i protagonisti di quella stagione oscura, seguono anni di calma apparente.
Nel 2017, però, la Dia lancia l’allarme: qualcosa si muove a Sibari e dintorni. Il male si sta riorganizzando. Nuovi aspiranti boss avanzano e altri come Leonardo Portoraro che riaffiorano da un passato che si riteneva ormai sepolto. Gli eventi corrono più in fretta delle indagini. Una nuova serie di omicidi ancora quasi tutti irrisolti, fra cui proprio quello di Portoraro, è il segnale della riorganizzazione in corso. Le intimidazioni a imprenditori e commercianti crescono in modo esponenziale. Il male è tornato, insomma. Ed è più forte di prima.
l pentimento di uno storico boss come Nicola Acri promette sviluppi interessanti, ma non fotografa l’attualità. Zingari e italiani potrebbero aver seppellito l’ascia di guerra per diventare una cosa sola e regnare così sulla Sibaritide. Non è ancora una certezza, solo un sospetto investigativo. Prologo a una storia ancora tutta da scrivere.
Fonte:https://www.lacnews24.it/cronaca/sibaritide-ndrangheta-mammasantissima-zingari_168675/