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Siamo alla frutta ormai.

Alla fine, in quello che per 70 anni è stata l’unica roccaforte della sinistra in Sicilia, a rimanere incastrato nella tenaglia dello scambio politico mafioso è stato proprio uno di loro, quel Giuseppe Nicosia, ex sindaco del Pd che l’anno scorso, a pochi giorni dal voto per le amministrative che avrebbero segnato la storica conquista del territorio di Vittoria da parte del centrodestra, aveva ricevuto un avviso di garanzia e una perquisizione nel suo comitato elettorale. Appalti e soprattutto posti di lavoro graditi ai boss della Stidda e di Cosa nostra. I fratelli Nicosia tenevano contatti diretti con esponenti della Stidda, gruppo attivo nella gestione economica di interi settori del Vittoriese come la raccolta della plastica e la produzione degli imballaggi per i prodotti ortofrutticoli. Ai lavoratori della ditta incaricata dello smaltimento dei rifiuti, Nicosia avrebbe assicurato in assemblea la stabilizzazione. E, pur rimanendo fuori dal ballottaggio, l’ex sindaco Pd, pur di tenere fede al suo patto con i clan, sarebbe riuscito ad ottenere l’assunzione al Comune di 60 netturbini facendo convergere i suoi voti, al ballottaggio, sul candidato del centrodestra poi risultato eletto, l’avvocato Giovanni Moscato, ora indagato per corruzione elettorale.

Quello fotografato dall’inchiesta della Dda di Catania guidata dal procuratore Carmelo Zuccaro, che ha portato agli arresti domiciliari Nicosia e suo fratello Fabio, attuale consigliere comunale e altre quattro persone tutte indagate per voto di scambio politico-mafioso, è uno scenario inedito per la città sede del più grosso mercato ortofrutticolo del Meridione dove le infiltrazioni non solo di Cosa nostra, ma anche di Stidda, ndrangheta e persino della camorra continuano a condizionare in maniera assoluta l’economia e quindi anche la politica di un territorio strategico per gli assetti dell’isola. Dove, stando alle risultanze dell’inchiesta della Dda di Catania, a scendere a patti con le cosche sarebbero stati proprio esponenti di quella sinistra che, forse proprio sentendosi mancare il terreno del consenso elettorale sotto i piedi, negli ultimi dieci anni avrebbe strizzato l’occhio ai voti dei clan.

Ci sono le amministrative del 2016 ma anche quelle del 2011 e del 2006, le regionali e le nazionali del 2008 e del 2012 sotto la lente di ingrandimento dell’indagine della Guardia di finanza che, l’anno scorso, a due giorni dal voto, fece irruzione nei comitati elettorali di tutti i candidati portando via diverso materiale. Anche in quello di Giovanni Moscato, il 40enne avvocato espressione di liste civiche di centrodestra poi eletto e risultato vincitore nel duello con l’uomo che negli ultimi cinquant’anni è stato il volto del Pci a Vittoria, il politico per antonomasia, sindaco per cinque volte dal 1978 al 2006, ricandidatosi a 70 anni, Francesco Aiello, già primo cittadino, assessore regionale all’agricoltura, parlamentare nazionale, quello che si è sempre vantato di essere l’unico politico ad ammettere che “a Vittoria la mafia c’è”.

E, stando alle dichiarazioni dei due collaboratori di giustizia le cui dichiarazioni stanno alla base dell’inchiesta della Procura di Catania, le “sirene” delle cosche ormai da anni avrebbero messo piede nei comitati elettorali della sinistra, di quello che fu il vecchio Pci vittoriese e del nuovo Pd che non sono mai andati d’amore e d’accordo, tanto che i fratelli Nicosia ( Fabio adesso sarebbe tra i candidati della lista alle regionali di Rosario Crocetta9) avrebbero appoggiato il centrodestra al ballottaggio piuttosto che l’esponente della sinistra.
Aiello e Moscato, i due candidati entrambi raggiunti da avvisi di garanzia alla vigilia del voto dell’anno scorso, non sono tra i destinatari dei provvedimenti della Procura catanese che invece avrebbe trovato elementi a sostegno del patto che avrebbe legato i clan agli esponenti del Pd, quello dell’ex sindaco Nicosia e di diversi altri candidati a lui vicini che avrebbero personalmente fatto da tramite con le cosche.

La Procura ha sottolineato che non è

stata chiesta alcuna misura cautelare nei confronti di Moscato perché il reato ipotizzato non la prevede. Secondo l’accusa, sarebbero stati i fratelli Giuseppe e Fabio Nicosia a fare convergere nel turno di ballottaggio i voti su Moscato candidato per il centrodestra, eletto sindaco nel giugno 2016. In cambio, secondo l’ipotesi accusatoria, Moscato avrebbe portato avanti la stabilizzazione di 60 dipendenti della ditta che si occupa dello smaltimento dei rifiuti.