Cerca

Si fanno statistiche, documenti, dichiarazioni, ma che lotta alle mafie si fa nel Lazio? Quasi tutte le inchieste partono da fuori regione e perché???

Si continuano a stilare statistiche, si fanno documenti, relazioni, convegni; si lamenta l’invasione continua delle mafie nei territori, il loro costante radicamento, le loro collusioni con la politica e con le istituzioni; ma non si affrontano mai i nodi della questione; non ci si domanda mai il “perché” avviene tutto ciò; non si denunciano mai le cause.

Non si propongono ed adottano i rimedi.

Le cause vanno prima di tutto ricercate a monte, nei partiti e nelle istituzioni.

“La battaglia contro le mafie va fatta a Roma, non a Palermo, a Napoli, a Reggio Calabria e così via”, ha detto qualcuno di recente.

Ed è così.

L’ultimo esempio pubblico è stata la mancata autorizzazione da parte della maggioranza della Camera dei Deputati all’arresto di Cosentino.

Ma ci sono una serie di episodi, di comportamenti, in apparenza irrilevanti, piccoli e di cui non si parla perché non si vedono, che ti fanno capire, giorno dopo giorno, quanto sia scarsa la volontà da parte di tanti esponenti politici ed istituzionali di combattere veramente le mafie.

Ci si riempie la bocca di parole come… ”cultura della legalità”, ”senso dello stato” e quant’altro, ma non si fa assolutamente niente per combattere i tanti comportamenti collusivi con i mafiosi che si verificano nella politica, nei comuni, nelle province, nelle regioni, nei Ministeri e quant’altro.

C’è una “questione morale” che sta uccidendo il Paese, una corruzione spaventosa, ma non si fa niente per denunciare i corrotti ed i mafiosi, cacciandoli dai partiti, essiccando lo stagno nel quale sguazzano questi delinquenti, come ha fatto e fa la Confindustria siciliana che espelle gli imprenditori suoi iscritti che colludono con Cosa Nostra.

Si dà l’impressione, invece, che i mafiosi o i sospettati di collusione con i mafiosi ed i corrotti vengono, anziché cacciati, premiati.

Se lo facessero anche i partiti politici, quello che fanno i dirigenti della Confiudustria siciliana, nei confronti dei tanti mafiosi che vi militano, si eviterebbero tanti guai perché le mafie trovano sempre sponda ed alimento nella politica e nelle istituzioni.

Senza l’aiuto di questi a quest’ora le mafie sarebbero già morte, come è avvenuto per le Brigate Rosse.

Tutti parlano di lotta alle mafie, ma, a quanto ci risulta, non ci sono stati finora uno straccio di partito, un gruppo di parlamentari, anche un singolo parlamentare, che abbiano chiesto di abrogare tutte le leggi fatte fino a qualche mese fa, a cominciare dall’eliminazione del reato penale del falso in bilancio e non solo (ne potremmo fare una sfilza), che hanno letteralmente messo la magistratura e le forze dell’ordine nelle condizioni di non poter fare il loro lavoro come si dovrebbe.

Si è voluto disarmarle, nel silenzio generale e con la complicità oggettiva di tutti.

Pigliamocela pure con il popolo bue, con questa massa informe di cittadini, la maggioranza purtroppo, che non mostra più segnali di vita, che si lamenta solo, ma che non denuncia, non segnala, non alza la voce, subisce in silenzio e nell’inerzia più assoluta; ma il discorso è più complesso ed articolato.

E’ vero che è sempre il popolo che ha espresso questa classe dirigente politica ed ha ragione chi ha detto che… ”questo Parlamento è screditato”, ma, al di là delle dichiarazioni ad effetto, delle enunciazioni di principi, delle sparate propagandistiche, chi è che affronta, ad esempio, il discorso della Prefettura di Roma o di Viterbo ai cui vertici sono stati nominate dal governo Berlusconi tutte persone secondo le quali… tutto va bene madame???

Chi si pone la domanda –e si corre ai ripari – sul “perché “durante la gestione Maroni al Ministero dell’Interno sono stati inviati alla Questura di Varese oltre cinquanta nuovi agenti, mentre, ad esempio, a quella di Latina, territorio di mafie, solo 1???

E, poi, tanti, tanti, tantissimi altri fatti che andiamo denunciando da anni mentre tutti fanno finta di non sapere, di non sentire, di non vedere.

C’è una situazione della Giustizia nel Lazio e, soprattutto, nella Capitale, da far paura.

Una Procura, quella di Roma, senza un capo, un aggiunto e così via.

Le altre, Civitavecchia, Tivoli ecc. ecc. , ridotte all’osso come personale e come supporti investigativi esterni.

Non vogliamo affrontare il discorso dell’impianto investigativo e della sua qualità nei territori perché non vogliamo offendere quei pochi che sono capaci, bravi e veramente si sacrificano fino all’inverosimile.

Finiremmo dopodomani di fare l’elenco delle cose che non vanno e sulle quali c’è un silenzio tombale.

Un disinteresse completo da parte dell’intera classe politica locale e nazionale.

Bla, bla, dichiarazioni, commenti, pubblicazioni, tutte chiacchiere e niente fatti, tutto fumo e niente arrosto.

Di denunce, con nomi e cognomi, nemmeno l’ombra, fatta qualche rara eccezione di qualche giornale coraggioso, come “La Voce delle Voci” e qualche altro..

Di richieste di provvedimenti concreti –i Comuni che dovrebbero rendere noti i nomi delle imprese che chiedono di partecipare alla gare di appalti, i vincitori di gare di appalti e subappalti, le Procure ordinarie che dovrebbero coordinarsi con le DDA, una centrale unica di controllo per evitare le infiltrazioni delle mafie nei lavori pubblici, la pulizia nei partiti e nelle istituzioni- peggio di peggio.

Abbiamo comuni che non osservano nemmeno la legislazione antimafia e non vediamo una denuncia, una protesta, un’interrogazione parlamentare, un procedimento giudiziario a carico dei responsabili che andrebbero, invece, messi in galera.

Non pigliamoci più in giro!