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Sentenza Appello Arfuso: pg ha colto i tratti dell’agire mafioso nel settore del Porfido

Walter Ferrari 09 Marzo 2023

Dopo la conferma in appello, sia pure con riduzione di pena, del primo verdetto di condanna mediante rito abbreviato per “associazione a delinquere di stampo mafioso”, si impongono alcune riflessioni.
La Procura generale ha evidenziato, riguardo al potere intimidatorio della locale di ‘Ndrangheta trentina, il suo diverso atteggiarsi in relazione ai fini perseguiti dall’associazione nello specifico caso trentino, rispetto a quelle che sono le modalità tipiche di assoggettamento mafioso nei territori di origine delle organizzazioni mafiose.
In questo senso ha citato una serie di episodi nei quali, con modalità diverse, il potere intimidatorio è stato utilizzato nei confronti delle controparti negli affari (episodio nel quale Mustafa si rivolge all’imprenditore Lorenzi affermando: “
tu puoi chiedere in giro chi siamo”), nel controllo del territorio intervenendo prontamente in sostituzione della forza pubblica, fino all’azione violenta vera e propria quale è stato il pestaggio del lavoratore cinese Hu Xupai, reo di aver insistito nel chiedere il pagamento per il lavoro svolto. A completare il quadro è stata citata la percezione nei lavoratori delle cave dell’esistenza di un “potere forte”, in grado di fare accordi con la politica, che in tal modo ha reso non necessari atti eclatanti, bensì la semplice “consapevolezza di aver contratto un debito” avvertita nei vari ambienti. Testimonianza evidente, secondo la Procura generale, sono state le segnalazioni alla Provincia effettuate dal C.L.P., a partire dal 2015, relativamente alle condizioni difficili dei lavoratori (definite di “sottomissione”), accompagnate dalla richiesta di istituire una Commissione d’inchiesta e controllo pubblico, fino a giungere ad interessare la Commissione parlamentare antimafia. “Un lento processo – ha sottolineato la Procura generale – sottovalutato dalle amministrazioni pubbliche”.
Come C.L.P. non possiamo che apprezzare quanto affermato dalla Procura generale, che ci pare abbia colto le peculiarità dell’agire mafioso nel settore del porfido, facendo intravvedere le cointeressenze nate e cresciute in questi anni dalla compenetrazione di interessi legali ed illegali.
Di fronte a ciò suonano male le dichiarazioni trionfalistiche rilasciate al 
TG3 dagli avvocati che rappresentano, quali parti civili nel processo “Perfido”, i sindacati confederali.
Non è, infatti, possibile tacere sul ruolo, di certo inconsapevole, che i sindacati confederali hanno avuto nel contribuire perlomeno a silenziare le sporadiche proteste operaie di fronte a tale situazione. Basti citare il loro silenzio per 7 lunghi anni sul mancato rispetto della legge, da parte dei Comuni, in materia di tutela occupazionale. Così come la raffica di accordi di conciliazione sotto firmati a partire dal 2015 al fine di evitare sanzioni per le aziende di fronte al sistematico mancato rispetto dei contratti collettivi, obbligo sancito nei disciplinari di concessione, in materia di regolare corresponsione dei salari.

Fonte:https://www.antimafiaduemila.com/home/di-la-tua/237-vedi/94294-sentenza-appello-arfuso-pg-ha-colto-i-tratti-dell-agire-mafioso-nel-settore-del-porfido.html