Amore litigarello, si sa. E tra il ministro per i Beni Culturali e il presidente della Camera fioccano scintille. Nel dibattito organizzato da Alessandro Campi direttore della nuova “Rivista di Politica”, vediamo l’aedo Bondi scagliare i suoi ditirambi mentre un Fini sempre più in odore di ‘eresia’ non fa sconti al partito.
Il cofondatore del PdL infatti attacca la legge elettorale, i clientelarismi, rivendica il diritto al dissenso, chiede un congresso e più attenzione all’unità nazionale e legalità. Poi l’affondo, riferito a Cosentino «Quale Paese al mondo ha un sottosegretario del quale hanno chiesto l’arresto per gravi reati?» e su Brancher «Non voglio che ci sia il sospetto che qualcuno si faccia nominare ministro per non andare in tribunale».
Bondi conclude amareggiato: «Mi scoraggio, così avremmo avuto i comunisti al governo».
Ma forse, anziché sventolare il logoro spauracchio comunista avrebbe potuto citare – trattasi pur sempre di defunti – il sommo Poeta declamando elegantemente all’ingrato Fini “Amor che a nullo amato amar perdona“.
(Tratto da Politica in diretta)