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.Scomparsa la pen-drive di Zagaria.Come l’agenda rossa di Borsellino e il materiale nel covo di Totò Riina? C’é sempre qualcuno impegnato a nascondere le prove di collusioni fra potere e mafia

CAMORRA & MAFIA. PARALLELISMO SICILIANO. La pen-drive di Zagaria come l’agenda rossa di Borsellino? La cattura del boss di Casapesenna come quella di Riina? LA NUOVA PELLE DEL CLAN. Il male si rigenera, sempre

Seppur cronologicamente e geograficamente lontani, la strage di via D’Amelio ed il blitz in via Mascagni…

Nella foto Borsellino, Zagaria, Riina e Ardituro

Nella foto Borsellino, Zagaria, Riina e Ardituro


di Giuseppe Tallino

IL PARALLELISMO SICILIANO. La pen-drive di Zagaria come l’agenda rossa di Paolo Borsellino? Due misteri (per il momento) irrisolti.

Gli inquirenti partenopei,  con certezza, affermano l’esistenza di questo dispositivo informatico: era nel covo di via Mascagni il 7 dicembre 2011. Ritrovarlo, adesso, è quasi impossibile: alla Procura di Napoli, ora,  resta solamente comprendere il perché e le modalità di dissolvimento di quel database.

L’agenda rossa conteneva appunti che il magistrato palermitano aveva iniziato a scrivere dopo la strage di Capaci: in quel periodo Borsellino stava raccogliendo le dichiarazioni di collaboratori di giustizia di altissimo profilo, come Gaspare Mutolo.

Quel taccuino scomparve dopo l’attentato di via D’Amelio.

19 LUGLIO 1992/ 7 DICEMBNRE 2011. Il parallelismo tra l’arcano dell’agenda rossa e la dileguamento della penna usb, seppur cronologicamente e geograficamente lontani,  non è forzato. Probabilmente i contenuti di questi due congegni, uno cartaceo, l’altro molto tecnologico (come hi-tech, del resto, è stato il profilo da fuggiasco del boss di Casapesenna) creano timore: forse hanno un potenziale estremo, troppo grande, complicato, pericoloso persino da gestire in fase investigativa. E spesso quello che fa paura, che può sovvertire sistemi apparentemente imperituri finisce per scomparire.

La pennetta di Zagaria (detta così sembra un piatto da ristorante stellato) avrebbe potuto svelare i segreti e i meccanismi del clan, un’organizzazione capace di andare oltre il retrograda affare estorsivo, penetrando nell’alta imprenditoria  fino ad intrecciarsi, magari, con pezzi-ombra dello Stato.

“Michele parlava tramite ‘pizzini’ e tramite messaggi video memorizzati su pennette usb che egli aveva in uso”: sono parole, queste, del pentito Attilio Pellegrino (CLICCA QUI PER LEGGERE L’ARTICOLO). A chi erano diretti quei messaggi? A suoi subalterni? A politici? Ad impresari?

LE PAROLE DI ARDITURO. L’idea del parallelismo agendarossa-pendrive è venuta fuori dalla lettura di un’intervista, rilasciata dal magistrato Ardituro al giornalista Giovanni Tizian, pubblicata su L’Espresso.

Nel colloquio con il cronista che si è occupato per anni delle mafie al nord, il pm di Portici traccia “Zagaria come elemento regolatore, che assicura ordine e mette a tacere le schegge impazzite”. Ed è stata proprio questa la cifra dell’ex primula rossa. Zagaria ha fatto progredire l’organizzazione: l’ha tecnologizzata, trasformata in un’holding scacciando i mostri sanguinari animati da Setola.

“O la scomparsa (della pendrive ndr) – ha dichiarato Ardituro a Tizian, –  si inserisce in un caso di corruzione episodico oppure in uno scenario più ampio di trattativa e promesse di scambio e di tutela del patrimonio accumulato. C’è un altro elemento che si aggiunge e potrebbe rientrare in questo scenario di tipo siciliano […] L’ho definito senario siciliano perché se si dovesse andare nella direzione di una latitanza conclusa in maniera controllata allora ricorderebbe le ipotesi investigative seguite dai pm palermitani sulla cattura di Riina.”

ZAGARIA/RIINA? Dobbiamo ampliare il parallesimo? Agendarossa-pendrive e Riina-Zagaria? Che il clan dei Casalesi risulti legato, da tempo, alla mafia siciliana è argomento abbondantemente già trattato dai media: dalla leggendaria affiliazione di Bardellino a Cosa Nostra agli affari che si srotolano sull’asse Sicilia-Agro Aversano-Basso Lazio è stato scritto tanto.

Ma le parole di Ardituro, in realtà, hanno altro valore, diverso significato: devono spingerci ad una riflessione che va oltre i fatti, diciamo così, noti. “La ciclicità delle stranezze che accompagnano la fine della latitanza dei grandi capi, – ha continuato il pm, –  apre solitamente un cambio di stagione criminale”

La struttura della mafia casertana è implosa: le attente indagine della Dda hanno messo in crisi l’apparato militare e le sue condotte economiche. Ma il male si rigenera, sempre.

“Continua a esserci una forza significativa del clan Schiavone con le nuove leve che gestiscono le estorsioni. Allo stesso tempo però, – ha precisato Aridutro, – il clan dei Casalesi così come lo abbiamo conosciuto è stato disarticolato, quindi  quello che verrà sarà per forza una cosa diversa. Ora, dunque, siamo in quella che possiamo definire una fase di passaggio”

Il Clan dei Casalesi sta per finire:  l’ha detto Ardituro, che di camorra ne sa, e l’ha dichiarato in un’aula di tribunale anche il pentito Antonio Iovine, che la camorra l’ha fatta. Eppure il marcio che questa mafia ha rappresentato ed alimentato  per decenni assumerà, a breve,  altre forme. Quali?

Il Clan dei Casalesi è ai titoli di coda: restano ancora,  però, pochi ma importanti aspetti da chiarire. E’ esistita una trattativa Stato-Clan (CLICCA QUI)?  Quale fu il ruolo di Zagaria nel business dell’emergenza rifiuti? Con chi ha dialogato (CLICCA QUI)se dialogo c’è stato? Chi ha protetto la sua latitanza (CLICCA QUI)?

PUBBLICATO IL: 9 agosto 2015