REGGIO EMILIA – Il Comune di Brescello (Reggio Emilia) è stato sciolto dal Consiglio dei ministri per “infiltrazioni mafiose”. Il paese di Don Camillo e Peppone è dunque il primo municipio dell’Emilia Romagna che, dopo essere stato passato allo scanner dagli specialisti di una commissione prefettizia, viene dichiarato “a rischio di infiltrazioni mafiose”. Si tratta della dimostrazione del fatto che anche in una regione con anticorpi solidi, i tentacoli delle mafie sono capaci di influenzare scelte politiche e amministrative.

L’amministrazione comunale era finita nei guai a gennaio del 2015, quando dalle carte dell’inchiesta Aemilia (è in corso il processo che vede alla sbarra complessivamente oltre 230 imputati) erano affiorati gli interessi della cosca di ‘ndrangheta dei Grande Aracri nel settore degli appalti pubblici e delle immobiliari riferibili a diversi comuni, tra cui proprio Brescello.

Da qui la decisione della Prefettura di inviare degli specialisti per analizzare la vita amministrativa e le scelte dell’esecutivo. Alcuni mesi dopo è arrivata la proposta di scioglimento avanzata dal prefetto Raffaele Ruberto al ministro dell’Interno Angelino Alfano. Per la prefettura di Reggio Emilia nessun dubbio: esiste “il concreto pericolo che l’attività del Comune sia stata e sia tutt’ora condizionata da infiltrazioni mafiose”. Un convincimento nato dalla lettura della relazione della commissione d’accesso (formata dal vice prefetto Adriana Cogode, dal il capitano dell’Arma di Castelnovo Monti Dario Campanella e da Giuseppe Zarcone), secondo cui le ragioni d’allarme sarebbero diversi. Nelle carte si fa, ad esempio, riferimento a dipendenti comunali assunti con contratti a tempo determinato che sarebbero riconducibili alla famiglia del boss Nicolino Grande Aracri. C’è poi tutto un capitolo che riguarda gli appalti e subappalti, affidati con iter e sistemi tuti da chiarire. Non mancano poi improvvisi, quanto sospetti, cambi di destinazione d’uso di terreni (il riferimento in questo caso riguarda il quartiere chiamato, guarda caso, Cutrello) in cui abita Francesco Grande Aracri, fratello del boss Nicolino. Non bastasse nella bufera era finito anche il sindaco Pd, Marcello Coffrini, dimessosi il 30 gennaio scorso, a seguito di alcune sue dichiarazioni nelle quali definiva il boss del clan di ‘ndrangheta persona una persona perbene e stimabile.