Cerca

Schifani e Crocetta, il processo unificato mette a rischio alcune imputazioni

MONTANTE – Il neo governatore e l’ex presidente della Regione sono a giudizio per il “sistema” messo in piedi dall’ex presidente di Confindustria Sicilia. Ma con l’accorpamento dei due filoni rischiano di cadere per prescrizione l’accusa di rivelazione di segreto per il primo e quella di corruzione per il secondo

DI SAUL CAIA

Il Fatto Quotidiano – 20 OTTOBRE 2022

Un processo che dopo quattro anni rischia di ricominciare da zero. Capi d’imputazione che potrebbero essere prescritti. Estinta l’accusa allo 007 affidato ai servizi sociali. Lunedì 24 ottobre ricomincia il maxi processo sul ‘sistema’ messo in piedi dall’ex presidente di Confindustria Sicilia, Antonello Calogero Montante, che si celebra a Caltanissetta, in cui sono imputati il neo governatore Renato Schifani e l’ex presidente Rosario Crocetta, insieme a numerosi uomini dello Stato, tra servizi segreti, polizia di Stato, carabinieri e guardia di finanza. Giustizia di Fatto torna a parlarvi del processo, mettendo insieme alcune novità sullo stato del filone giudiziario.

Governatori imputati. Come dicevamo, è il processo dei governatori imputati. L’ex senatore Schifani accusato di concorso esterno in associazione per delinquere e rivelazione di segreto d’ufficio, e Crocetta di associazione per delinquere e di corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio. Se i reati associativi non rischiano la prescrizione, il discorso cambia per le altre imputazioni. Rischia di cadere nel tempo l’accusa di rivelazione di segreto per Schifani, che risale al 2015, e quella di corruzione per Crocetta che si prescriverebbe entro 10 anni, iniziata nel 2013, ma considerato l’atto interruttivo si potrebbe estendere fino a 15 anni.
Secondo i pm di Caltanissetta, Schifani avrebbe concorso esternamente al ‘sistema’ messo in piedi dall’ex paladino antimafia Montante, e nello stesso tempo avrebbe fatto da cassa di risonanza al travaso di informazioni coperte da segreto d’indagine, sull’inchiesta top secret ai danni di Montante e del colonnello dei carabinieri Giuseppe D’Agata. Crocetta invece sarebbe stato interno alla ‘galassia’ dell’ex industriale, e avrebbe messo a disposizione le sue funzioni di governatore per favorire Montante e il suo entourage.

Perché c’è il rischio prescrizione? È passato troppo tempo dall’inizio del processo, perché a Schifani è cominciato quattro anni fa, mentre quello a Crocetta è alle battute iniziali. L’unificazione dei due filoni è stata decisa dal giudice Francesco D’Arrigo sulla base della presunta continuità tra i reati associativi dei due emisferi del ‘sistema’. Il presidente ha già fissato 16 udienze fino a giugno, una media di 2 udienze al mese. Poche secondo l’accusa, che ne aveva chieste 2 la settimana, e in aula il pm Maurizio Bonaccorso ha lanciato l’allarme della prescrizione. Potrebbe esserci il rischio di dover risentire alcuni testi, che le difese del filone Crocetta potrebbero chiamare in aula; mentre accusa, difese e parti civili attendono ancora che vengano sciolte alcune riserve sulla richiesta di acquisizione di atti utili per gli esami dei testi. E pensare che in 4 anni, sempre a Caltanissetta, sono stati celebrati due gradi di giudizio con il rito abbreviato per Montante, e due gradi in ordinario per un altro processo, quell’ex giudice Silvana Saguto, in cui erano imputati 15 persone con 79 capi di imputazione. Il parallelismo con gli altri processi serve a far capire come si siano allungati i tempi per il filone Schifani, dovuto anche alla concomitanza dello stesso collegio giudicante del processo “Depistaggio via d’Amelio”, durato anche questo 4 anni, e che avrebbe avuto la priorità.

Fuga di notizie. “Arturo Esposito, Direttore dell’AISI – si legge negli atti -, rivelava a Montante, tramite D’Agata, la notizia, veicolata dal Andrea Grassi, che fosse stata disposta attività d’intercettazione nell’ambito del procedimento instaurato nei suoi confronti, nonché a Valerio Blengini, affinché si recasse da Bruno Megale, Questore di Caltanissetta, al fine di attingere ulteriori informazioni, ed a Schifani la notizia, sempre veicolata dal Grassi, che D’Agata fosse indagato nell’ambito del medesimo procedimento”. A questo punto, Schifani avrebbe trasmesso le informazioni ad Angelo Cuva, “avvocato, specialista in materia tributaria, e professore presso l’Università degli Studi di Palermo”, già “consulente della Presidenza del Consiglio dei Ministri” e “dello stesso presidente del Senato” carica rivestita all’epoca da Schifani. Puntualizziamo che in appello l’ex questore Grassi è stato assolto, mentre Montante è stato condannato a 8 anni in abbreviato. Resta in piedi il filone ordinario con Esposito, D’Agata, Schifani e Cuva imputati, mentre per Blengini parleremo più avanti.

Tabulati e intercettazioni. Il lavoro certosino della Squadra mobile di Caltanissetta ha permesso di risalire ai vari contatti tra gli indagati per capire come avviene la fuga di notizie. Dai tabulati telefonici, risulta che il 23 gennaio 2016, “Cuva si fosse sentito con Schifani” nel primo pomeriggio, ore 14.29, e dopo “l’utenza di Cuva non censiva più alcuna cella perché aveva spento il telefono”. Ma gli inquirenti notano che “il telefono riappariva solo alle 16:59” e che “la cella agganciata dalla sua utenza era a 65 mt di distanza dall’abitazione palermitana di Schifani”. Per questo motivi gli investigatori ritengono che “è Schifani il soggetto che Cuva aveva incontrato quel pomeriggio ed è Schifani che doveva fornirgli le notizie che a sua volta, Cuva avrebbe dovuto girare al D’Agata”. A quel punto il professor Cuva avrebbe chiamato (17:09) D’Agata per poi incontrarlo di persona pochi minuti dopo (17:19).

Il professore Scaglione. Durante le perquisizioni, i poliziotti di Caltanissetta hanno messo le mani sull’agenda di Montante e su quella di D’Agata. Nel file scritto dall’ex industriale, risultano appuntati 3 incontri tra Montante e Schifani, tra il 3 agosto 2004 e il 14 luglio 2015, quest’ultima data è successiva all’articolo di Repubblica che annunciava l’inchiesta per concorso esterno in associazione mafiosa su Montante. Mentre tra gli appunti di D’Agata, ci sono alcuni nomi in codice: “Sandokan” che sarebbe Esposito, e “Mastro”, che sarebbe Schifani. Ma dai dialoghi captati tra D’Agata e Cuva, risulterebbe che il neo governatore aveva un secondo “nome d’arte”, ovvero “Professore Scaglione”. Il 31 gennaio 2016, D’Agata parla al telefono con la moglie. “E ti chiamu in ufficio…ci dici, sui telefonini ppi ccamora evitamu per due tre mesi… cioè si iddru ciù cuntà a Schifani, si sapi ca Schifanii parra cu tia no?” dice la moglie. Ovvero: “E ti chiama in ufficio, gli dici, sui telefonini per adesso evitiamo per due tre mesi. Cioè se lui lo dice a Schifani, si sa che Schifani parla con te, no?” Il colonnello risponde: “Si, tramite Angelo… lo sa”. “Angelo” per gli inquirenti è il professor Cuva.

007 ai servizi socialiCome vi abbiamo già raccontato lo scorso 28 febbraio, l’ex 007 Valerio Blengini, già vice direttore Aisi, nominato sotto il governo Matteo Renzi e in pensione dal dicembre 2020, è stato affidato ad un programma di servizi sociali, su richiesta dei suoi legali, ottenendo la “messa alla prova” e la sospensione del processo.
Blengini era imputato per false dichiarazioni ai magistrati, perché secondo l’accusa avrebbe mentito in fase d’indagine sulla fuga di notizie coperte da segreto. Il 25 gennaio 2016, lo 007 incontrava il questore di Caltanissetta, Bruno Megale all’hotel Baglioni di Firenze, tentando di sapere su cosa si stessero indagato i suoi uomini. Ma il questore non si sbottona. Interrogato dai pm, Blengini spiega di aver saputo dell’indagine su D’Agata e Montante in maniera “molto vaga e generica”, e di aver tentato “l’approccio al questore Megale” solo per gli “incarichi rivestiti da D’Agata in Sicilia”. Ma per la l’accusa, lo 007 “mente sapendo di mentire”.

Reato estinto. I lavori socialmente utili, alla quale è stato affidato l’uomo dei servizi, hanno però ottenuto risultati positivi, tanto che lo scorso 24 settembre, il giudice del tribunale di Caltanissetta ha certificato l’estinzione del reato, facendo cadere ogni accusa per Blengini.

Fonte:https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/10/20/schifani-e-crocetta-il-processo-unificato-mette-a-rischio-alcune-imputazioni/6844920/