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Sarebbe un errore gravissimo considerare “ chiuso” il “caso Fondi”.Per noi é solo all’inizio

«Ci siamo sempre rifiutati di considerare chiuso il ‘caso Fondi’ e la ripresa degli attentati incendiari di queste settimane lo conferma. Le preoccupazioni, anzi, aumentano, ora che pare stiano saltando gli equilibri che hanno garantito una sorta di ‘pax mafiosa’ tra le grandi organizzazioni criminali, presenti sul territorio». A parlare è Elvio Di Cesare, segretario dell’associazione «Antonio Caponnetto», dopo le condanne emesse dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (Ce), che hanno segnato la conclusione della prima fase delle indagine condotte sull’intreccio di interessi criminali sul Mercato Ortofrutticolo di Fondi (Mof). Le condanne riguardano nove appartenenti tra il clan dei Corleonesi e dei Casalesi, coinvolti nella gestione dei trasporti del Mof, individuati, per un totale di 74 arresti, con l’operazione condotta dalla Squadra Mobile di Caserta e dalla Dia di Roma, tra il maggio 2010 e il gennaio 2012. È proprio nelle pagine dell’ordinanza di custodia cautelare che si legge il nome dell’associazione «Caponnetto»: «spunti investigativi forniti», in quanto osservatorio speciale, per vocazione e operatività, delle dinamiche criminali del territorio, in particolare del Sud Pontino. «La mafia a Fondi non è solo il Mof, sarebbe un grave errore crederlo, poiché essa pervade tutto il tessuto sociale ed economico. In un territorio di mafia – racconta Di Cesare – non c’è foglia che si muova che la mafia non voglia. In quest’ottica gli incendi e gli attentati di questi giorni a Fondi potrebbero provare due cose: o che la mafia non controlla il territorio e che essi potrebbero essere quindi, attribuiti alla criminalità comune, estorsori, cravattari e altra genia del genere non necessariamente collegata con camorra, ‘ndragheta e cosa nostra; o che ci sono atto dei sommovimenti che potrebbero portare a nuovi equilibri e, quindi, a nuovi scenari». “Siamo partiti, molti anni fa, da una nota dei carabinieri di Cefalù (Pa) – racconta il segretario spiegando il contributo alle indagini sul Mof, fornito con le intuizioni dell’associazione – in cui si parlava di un incontro in una villa di Fondi di una persona in odor di mafia, tra elementi di spicco della camorra campana e Cosa Nostra. Questo fatto ci ha portati a pensare che su Fondi, ci fosse stata una saldatura tra le varie composizioni criminali. Il passo successivo è stato evidenziare che un’azienda si occupava in particolare dei trasporti da Fondi (Lt) a Gela (Ct). Così esternammo queste condiserazioni agli inquirenti”.

“Comunque, siamo solo all’inizio di un processo di individuazione di questa presenza a Fondi, come nel Sud Pontino – spiega ancora Di Cesare – perchè purtroppo bisogna lamentare una certa lentezza da parte degli organismi istituzionali, che non hanno prestato abbastanza attenzione fino all’arrivo a Roma del procuratore Pignatone, del vice Prestipino, del colonnello dei carabinieri Russo e dl capo della squadra mobile, Cortese. Proprio per questo, stiamo facendo una continua richiesta di un rafforzamento dei presidi delle forze di polizia, dei tribunali, delle procure, perché nel Lazio i ritardi sono notevoli. Basta considerare che, fino a qualche anno fa, il tribunale di Roma, non ha mai emesso una condanna in tema di 416 bis, neanche per i componenti della ‘banda della Magliana’. E’ inquietante, così come sapere che sia ‘ un fatto culturale, per cui se c’è un clima negazionista, la giurisprudenza si adegua’, come sostenuto da Otello Lupacchini, sostituto procuratore generale della Corte d’Appello”

(online news)