Passa l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa
di Leandro Del Gaudio – Il Mattino
Un patto su più livelli: politica, clan e imprese. Tre gambe, stesso tavolo, all’ombra del comune di Sant’Antimo. I politici, gli imprenditori titolari degli affari che contano, la camorra, quella – per essere diretti – che fa capo da quattro generazioni al clan Puca. È l’istantanea scattata ieri sera dai giudici della terza sezione penale del Tribunale di Napoli, che ha condannato – tra gli altri – politici, imprenditori e uomini d’affari. Durissimo il verdetto riservato ai tre fratelli di Luigi Cesaro, ex senatore e in passato uomo potente di Fi, la cui posizione venne stralciata ai tempi del suo mandato di senatore azzurro. Ma proviamo a leggere il verdetto: dieci anni e sei mesi per Aniello Cesaro; 11 anni per Antimo Cesaro; 10 anni e sei mesi per Raffaele Cesaro.
Erano accusati di concorso esterno in associazione mafiosa, mentre il solo Antimo rispondeva anche di corruzione elettorale, a proposito della presunta compravendita delle schede elettorali in relazione alle consultazioni amministrative di dieci anni fa, alle porte di Napoli. Un verdetto che accoglie quasi integralmente il ragionamento della Procura, rappresentata dai pm Giuseppina Loreto e Antonella Serio, che avevano chiesto condanne di poco più alte. Decisivo il lavoro del Ros, guidato dai comandanti Andrea Manti e Salvatore Sferlazza, che hanno piazzato cimici e captato conversazioni tra uomini d’affari, oltre a mettere a fuoco i verbali di collaboratori di giustizia, ex boss della camorra dei Puca. Nel mirino la genesi di un potere familiare, su cui è logico attendersi la replica dei difensori dei tre fratelli, dopo aver letto le motivazioni dei giudici. Ma andiamo con ordine, partendo dal resto delle condanne. Inchiesta della Dda di Napoli, riflettori puntati sulla stagione amministrativa legata al rinnovo del consiglio comunale. Siamo tra il 2015 e il 2016, volano schede elettorali, in cambio di soldi.
Verdetto firmato dai giudici della terza sezione penale, presidente Elvira Russo, Alessandra Cananzi, Luana Romano, partiamo da una assoluzione: è stato infatti assolto Corrado Chiariello, ex candidato sindaco, che era assistito dal penalista Ivan Filippelli. Poi le condanne: Pasquale Puca incassa 5 anni e 6 mesi; Luigi Abbate, 5 anni e 6 mesi; Cesario Bortone, 13 anni e otto mesi; Nello Cappuccio, 11 anni e 5 mesi e Francesco De Lorenzo, 16 anni e sette mesi (entrambi ex consiglieri comunali); Raffaele Di Lorenzo, 8 anni e 7 mesi; Francesco Di Spirito, 10 anni e 5 mesi; Raffaele Femiano, 11 anni e 10 mesi; Ferdinando Pedata, 4 anni; Camillo Petito, 15 anni e 2 mesi; Lorenzo Puca, 13 anni e 6 mesi; Luigi Puca (classe 1962), 11 anni; Luigi Puca, classe 1995, 11 anni e 6 mesi; Alessandro Ranucci, 9 anni e 3 mesi; Filippo Ronga, 13 anni e 8 mesi; Agostino Russo, 15 anni e 9 mesi; Francesco Scarano, 13 anni e 4 mesi.
Condannato anche l’ex capo di gabinetto del Municipio, vale a dire Claudio Valentino, per il quale era stata avanzata una richiesta di condanna a 18 anni di cella. Tutti gli imputati condannati, lette le motivazioni del verdetto, avranno modo di difendersi in appello e vanno considerati pertanto innocenti fino a prova contraria. Ma in cosa consistevano le accuse? C’è un doppio livello: quello imprenditoriale e quello del consenso elettorale. Secondo alcuni pentiti del clan Puca, i Cesaro devono parte delle loro fortune imprenditoriali a soldi di origine opaca. C’è un retroscena che risale a diversi anni fa, quando attorno allo stesso tavolo c’era il boss Puca e lo stesso Luigi Cesaro. Il pentito raccontò di aver sentito delle urla da parte del boss, che avrebbe imposto le sue regole. Stessa pressione nei confronti dei tre fratelli di Luigi Cesaro, in particolare nei confronti del centro polidiagnostico che un tempo apparteneva alla famiglia del senatore. Per anni, Antimo, Aniello e Raffaele si sono battuti per dimostrare che i loro interessi erano lontani rispetto alle attività politiche di Luigi. Stessa versione da parte dell’ex senatore, che ha sempre ribadito di essere stato lontano dalle vicende politiche del comune di origine. E sono sempre i tre fratelli Cesaro ad aver ricordato di aver subìto per anni il pressing mafioso del clan Puca: vittime, non complici; taglieggiati, non concorrenti di un reato o soci in affari. Una ricostruzione su cui pesano i verbali di collaboratori di giustizia e il lavoro di appostamento dei carabinieri del Ros.
fonte:https://www.ilmattino.it/napoli/area_metropolitana/napoli_clan_mafia_politica_fratelli_cesaro_forza_italia_condanna-8107363.html