Roma. “Certo che appare inquietante l’atteggiamento di Filippo Graviano che, evidentemente d’intesa con il più influente fratello Giuseppe, non solo ha accettato di sottoporsi al confronto con Spatuzza e che, invece di denigrarlo, come i mafiosi sono soliti fare con i ‘pentiti’ ha avuto per lui parole benevole lasciando preludere che potrebbe anche parlare”.
L’ipotesi di una prossima collaborazione di Filippo Graviano viene dall’ex pm di Palermo Alfonso Sabella, ora giudice a Roma che ha parlato a margine di un convegno del Csm sul narcotraffico, in corso nella sala congressi dell’hotel Ergife. Sabella ha gestito molti pentiti nella sua attività investigativa, arrivando all’arresto di circa 300 mafiosi, e sa decifrare i comportamenti che preludono alla collaborazione con gli inquirenti. Il riferimento è all’incontro, avvenuto in carcere, tra Filippo Graviano e il killer Gaspare Spatuzza, il pentito del Clan di Brancaccio gestito dai fratelli Graviano, che con le sue dichiarazioni ha parlato di legami tra la mafia, il premier Silvio Berlusconi e il senatore Marcello Dell’Utri come referenti ‘politici’ durante la stagione delle bombe e delle stragi.
Sabella: ”Su Spatuzza servono riscontri”
30 novembre 2009
Roma. “Le dichiarazioni di Spatuzza potrebbero avere un decisivo significato investigativo e processuale solo laddove trovassero nuove e autonome conferme in separati elementi di prova o nella fonte primaria da cui provengono, ovvero i fratelli Filippo e Giuseppe Graviano”. Lo ha detto l’ex pm di Palermo, Alfonso Sabella, ora giudice a Roma al tribunale di piazzale Clodio, parlando a margine di un convegno sul narcotraffico organizzato dal Csm e riservato ai magistrati, in corso nella sala congressi dell’hotel Ergife. Sabella – che nel corso della sua attività da pm in Sicilia ha arrestato circa 300 mafiosi e gestito numerosi pentiti – ricorda che, sempre a condizione di trovare conferme nuove e autonome, “le dichiarazioni di Spatuzza sarebbero un ulteriore anello di congiunzione di quanto dichiarato a me, già nel 1996, dai pentiti Pietro Romei e Giovanni Ciaramitraro”. Sabella ricorda che la dichiarazioni di questi due pentiti, da lui raccolte, furono inoltrate “a Firenze, al procuratore Chelazzi, che indagava sulla strage dei georgofili, e che vennero ritenute non sufficientemente riscontrate poiché Chelazzi fece richiesta di archiviazione nel novembre del ’98”.
(Tratto da Antimafia Duemila)