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Roma, Pelagallo: Le mafie controllano pezzi di economia del litorale del Lazio”,scrive oggi l’Agenparl. Noi dell’Associazione Caponnetto riteniamo monco e riduttivo quanto scritto in questo caso sull’Agenzia Parlamentare perché sostituiremmo quel “pezzi di economia” con “quasi tutta l’economia”.Renderebbe più chiaro il quadro.Quando noi sosteniamo che qua si rende necessario ed urgente un’opera di rivisitazione di tutto l’impianto istituzionale laziale ,quello giudiziario e soprattutto quello investigativo e prefettizio,per verificarne l’adeguatezza ,pregressa ed anche attuale ,a cominciare dalle Prefetture che non hanno assolto ai loro obblighi in materia di prevenzione antimafia ( quella di Latina,ad esempio,dalla quale si fa fatica a ricordare la partenza di un’interdittiva antimafia o di un accesso ispettivo in un quadro che vede una provincia occupata dalle mafie ).Se non fosse ,infatti,per le DDA e per la DIA,ancora oggi si vivrebbe nel letargo più assoluto.Ma va anche detto che,purtroppo, le DDA e i Centri Operativi della DIA stanno a 100 chilometri,a Roma e Napoli e da essi non é possibile pretendere i miracoli.Bisogna attivare i Prefetti invitandoli a dispiegare appieno le attività di prevenzione antimafia loro imposte dalla legge senza aspettare che sia la magistratura ad intervenire ; c’è da stimolare , coordinare ed armonizzare i comandi provinciali delle forze di polizia attuando quel “modello Caserta” che ai tempi di Cafiero de Raho ha prodotto tanti risultati positivi,inducendoli,peraltro,a dotarsi a) di personale più esperto in materia di indagini patrimoniali e finanziarie ,essendo le mafie IMPRESA ;b) di una più razionale organizzazione territoriale che agevoli la rimozione di eventuali aree secche e punti di criticità. Gli stili di vita e le frequentazioni,un capitolo delicato e complesso che,peraltro,non possono imporsi a chicchessia perché rientrano nella sfera privata dei singoli ,ma che,purtuttavia, sono importanti sul versante della salvaguardia dell’immagine e della credibilità delle istituzioni di cui si é a capo ed essenziali,inoltre, per la creazione di quei rapporti di fiducia con i cittadini chiamati a collaborare con le istituzioni. Noi ricordiamo con nostalgia e simpatia due grandi comandanti provinciali della Guardia di Finanza con i quali siamo venuti a contatto ,due colonnelli, oggi generali,Salato a Frosinone e Kalenda a Latina. Il primo,Salato,che ci disse “ Io vivo in caserma ,lontano dai salotti,per non subire eventuali condizionamenti da chicchessia ” e il secondo,Kalenda al quale potevamo dire,ascoltati,”Colonnello di tizio o caio si dice questo e quest’altro”.Ripetiamo : due grandi comandanti,di quelli che in giro se ne trovano pochi. In provincia di Latina il quadro che ci si presenta é quello ben descritto da Francesco Furlan ed Adriano Pagano su H24Notizie nel servizio che pubblichiamo contestualmente a questo e che entra anche negli interstizi degli apparati istituzionali.Un buon giornalista d’inchiesta deve sapere non solo raccontare i fatti ma anche,se non soprattutto,scoprire ed analizzare le cause che li determinano. Noi ci rendiamo conto delle gravissime difficoltà cui si trovano di fronte i Comandanti provinciali delle forze dell’ordine quando il quadro politico di un territorio é quello che é in provincia di Latina in particolare e nel Lazio ed in Italia più in generale.” Tutto é politico.Purtroppo”,ci diceva tempo fa un grande ed autorevole investigatore di una regione che non é il Lazio e noi comprendiamo l’imbarazzo di un Comandante provinciale o di un Questore nel vedersi avvicinare dal deputato tizio o dal senatore caio – o dal Prefetto tal dei tali che é l’espressione diretta sul territorio del potere politico – che tentano eventualmente di condizionarli nelle loro attività investigative .Ma due sono gli elementi che possono preservarli da tali eventuali condizionamenti e dei quali un Ufficiale integerrimo e reale servitore dello Stato deve tenere presenti:1)la loro veste di Ufficiali di Polizia Giudiziaria che li mette alle dipendenze dei Magistrati e che consente,quindi,una loro certa autonomia di azione ; l’eventuale rapporto di collaborazione e di fiducia che essi sono eventualmente in grado di instaurare con il mondo organizzato associativo,quello reale però e non parolaio e vuoto,il quale sa come e con chi rapportarsi ai livelli centrali in caso di eventuali contenziosi e tensioni con il potere politico locale .Ecco,se non si parla,non si collabora e si accetta supinamente quanto offre il convento,non si va da nessuna parte e si contribuisce a far nascere e a far incancrenire le situazioni delle quali ci lamentiamo .Il tutto,poi,a svantaggio dello Stato di diritto,della legalità e del bene comune ed a vantaggio,di converso,delle mafie !

Roma, Pelagallo: Le mafie controllano pezzi di economia del litorale laziale(AGENPARL)- Roma 13 nov  2015 –  “Aggressione all’ambiente. Le mafie controllano pezzi di economia del litorale laziale con affari nella speculazione immobiliare, nel ciclo dei rifiuti, nella gestione delle concessioni balneari, delle cave, fino ad arrivare ad aziende agricole e mercati ortofrutticoli. Occorre rafforzare un’azione comune di tutti contro il cancro dell’illegalità”
“C’è un asse che attraversa il litorale laziale a sud di Roma. Parte da Nettuno, l’unico Comune sciolto per mafia prima del municipio di Ostia, nell’estremo sud dell’area metropolitana. S’infila sulla Pontina, avvolge Latina, attraversa le spiagge a la mode tra Sabaudia e San Felice al Circeo. Interseca l’area del confine meridionale, tra il golfo di Gaeta e il Garigliano” così il giornalista Andrea Palladino qualche giorno fa su La Repubblica descriveva la situazione del litorale.
“Questa settimana gli organi inquirenti e le forze dell’ordine hanno portato allo scoperto la presenza dei sodalizi criminali su tutto il litorale. La guardia di Finanza ha arrestato un imprenditore di Nettuno. I reati contestati, a lui ed altri 13 indagati sono: associazione a delinquere, truffa, ricettazione, bancarotta fraudolenta, nonché l’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. Le truffe accertate sono servite al promotore dell’associazione per ammodernare un lussuoso lido balneare precedentemente distrutto da un incendio, nonché per la costruzione di alloggi residenziali nella città di Nettuno costituite da oltre cento unità immobiliari. Il giorno seguente sempre la GDF, su disposizione del tribunale di Roma ha sottoposto a sequestro un patrimonio mobiliare e immobiliare da circa 800 mila euro, nei confronti di soggetti appartenenti ovvero contigui al clan Gallace, consorteria di ‘ndrangheta operante nei comuni di Anzio e Nettuno, riconducibile al “locale” di Guardavalle. I destinatari dei sequestri – 11 in totale – erano riusciti ad accumulare un cospicuo patrimonio mobiliare ed immobiliare, del tutto incongruente con le rispettive capacità contributive. Nel complesso è stata sequestrata 1 ditta individuale, capitale sociale, quote societarie e intero patrimonio aziendale di 1 società, 10 unità immobiliari (fabbricati e terreni); 6 auto/motoveicoli; rapporti bancari/postali/assicurativi/azioni. In contemporanea la D.I.A. di Roma ha proceduto nelle province di Latina, Frosinone, Napoli, Isernia e Caserta al sequestro preventivo, disposto dal Tribunale Penale di Latina, di un ingente patrimonio riconducibile all’imprenditore di Formia, proprietario di cave di marmo e di società operanti nel trasporto merci su strada, nello smaltimento rifiuti e nel commercio di autovetture e autoveicoli. I beni sottoposti a sequestro riguardano oltre 200 camion, 2 cave di marmo, società, terreni e immobili per un valore di oltre 20 milioni di euro.Una crescita imprenditoriale forte, costante e, stando agli accertamenti della Dia, favorita dai rapporti privilegiati con esponenti del clan dei casalesi in particolare le fazioni Bidognetti e Schiavone di cui, secondo le indagini, assume in azienda dipendenti a esse riconducibili. Ancora più stretti i rapporti con il gruppo di Ettore Mendico, a capo della cellula casalese operante nei primi anni ’90, in particolare nel basso Lazio.
Come più volte denunciato le consorterie criminali si sono impossessate di pezzi di economia del litorale laziale con un’aggressione all’ambiente senza precedenti  e con affari nella speculazione immobiliare, nel ciclo dei rifiuti, nella gestione delle concessioni balneari, delle cave, fino ad arrivare ad aziende agricole e mercati ortofrutticoli. Una situazione, grave che conferma la necessità di rafforzare un’azione comune di tutti quei soggetti, economici e sociali, le associazioni antimafia e i presidi di legalità che assieme a Magistratura e forze dell’Ordine, si oppongono nei territori della nostra regione al cancro dell’illegalità.

fonte:http://www.agenparl.com