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Roma, «l’ostentazione mafiosa» dei Casamonica. La Dda: c’è forza di intimidazione del territorio

Il Sole 24 ore, 8 Maggio 2018

Roma, «l’ostentazione mafiosa» dei Casamonica. La Dda: c’è forza di intimidazione del territorio

di Ivan Cimmarusti

L’ostentazione provocatoria del potere e della forza di intimidazione del territorio. È il «metodo mafioso» del clan Casamonica, un’organizzazione più volte sfuggita alle condanne per 416 bis, che con la barbara aggressione al Roxy Bar del quartiere Romanina della Capitale (zona sud-est) ha voluto manifestare il proprio predominio davanti a numerosi testimoni. L’indagine della Dda ha già consentito di arrestare quattro importanti esponenti del clan: Enrico Di Silvio, Vincenzo Di Silvio, Antonio Casamonica e Alfredo Di Silvio. Tuttavia gli accertamenti dell’Antimafia presto potrebbe riservare interessanti sorprese.

Enrico Di Silvio: «Allora volete la guerra» 
I fatti risalgono al primo aprile scorso, quando gli esponenti del clan arrestati hanno compiuto l’aggressione nel bar. I particolari degli atti giudiziari svelano aspetti raccapriccianti del potere criminale dei Casamonica. Come Enrico Di Silvio, 70 anni, che ai proprietari del bar ha urlato «allora volete la guerra», quando questi hanno resistito alle pressioni per non denunciare. Roxana Roman, moglie del titolare dell’attività commerciale, ha detto agli inquirenti che «dopo l’aggressione e i danni subiti al locale, questi giovani si sono sempre soffermati qualche minuto dinanzi al bar, a bordo di varie autovetture, con il chiaro intento di intimorire me e mio marito (…). Tutti i giorni continuano a tenere quest’atteggiamento di sfida, come volessero dimostrarci che sono rimasti impuniti per ciò che ci hanno fatto. Mio marito mi ha detto che venerdì scorso due di loro si sono fermati proprio davanti al bar guardando all’interno per pochi minuti, dopodiché si sono allontanati».

«Abbiamo cambiato le nostre abitudini di vita» 
Aggiunge particolare delle intimidazione: «tante volte abbiamo pensato di chiudere l’attività come avevamo fatto il secondo giorno dopo l’accaduto, ma dobbiamo andare avanti. Siamo costretti a tenere un comportamento di attenzione, sia per quanto riguarda il raggiungimento del luogo di lavoro e soprattutto per tornare a casa dopo la chiusura, cambiando itinerari, parcheggiando la macchina lontano dal domicilio con lo scopo di evitare che questi soggetti possano rintracciarci nel corso del tragitto o individuare la nostra abitazione anche attraverso la macchina parcheggiata». Afferma che «siamo costretti a cambiare le nostre abitudini di vita».