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Roma: inchiesta Caronte sul racket del caro estinto.

“Per gestire le camere mortuarie bisognava

pagare tangenti”

“Da Il Tempo” del 23 gennaio 2015.

 

 

 

 

 

 

«Per gestire le camere mortuarie negli ospedali bisognava pagare delle vere e proprie

tangenti». Gianluca Fiori, impresario funebre e presidente dell’Assifur (associazione imprese

funebri romane), è stato tra i primi a denunciare il presunto sistema corruttivo che girava

attorno al business dei defunti. Nel 2011 ha presentato un esposto alla Procura di Roma. La sua

testimonianza ha fatto luce in questo mondo sotterraneo.

Come funzionavano le cose?

«Per prendere gli appalti, l’impresa funebre doveva dare un contentino. Oltre all’affitto per la

camera mortuaria, che arrivava anche a 36 mila euro mensili, ciascuna ditta pagava svariate

migliaia di euro per entrare nel gioco».

A chi sarebbero andati a finire questi soldi?

«Ai partiti politici. Ora di destra, ora di sinistra. A queste mazzette, si aggiungevano le cene

elettorali. Se non si era agganciati a qualche agenzia funebre in particolare, non si riusciva

nemmeno a partecipare alla gara. Nel momento in cui veniva pubblicato il bando, si poteva già

capire per quale ditta era stato preparato».

Vuole dire che sarebbero stati confezionati bandi su misura?

«Sì, a seconda della corrente politica. I criteri selettivi erano restrittivi. I piccoli impresari, per

poter partecipare alla gara, erano costretti a consorziarsi».

Cosa veniva premiato?

«Si giocava tutto sulle offerte aggiuntive: costituivano fino al 70% del punteggio. I soldi pagati

per la gestione della camera mortuaria sarebbero serviti per la costruzione di asili nido per i

dipendenti dell’ospedale».

Le Asl sono a conoscenza di questo sistema?

«Sanno tutto ma non hanno mai posto rimedio. Nell’ambiente si dice che un’agenzia funebre

sia arrivata a denunciare la direzione della Asl di competenza perché l’ospedale in questione

«produceva» meno morti del previsto».

Recentemente però il servizio viene di nuovo gestito dal personale dell’ospedale?

«Dipende. A Roma non si sa come mai ci sono ospedali che hanno reinternalizzato il servizio,

ospedali che hanno dato l’appalto a una società di servizi e altri che chiedono i soldi alle

agenzie funebri per gestire la camera mortuaria. Sembra che ci sia l’interesse a voler

continuare ad appaltare. Da aprile 2014 l’Assifur ha presentato una proposta di legge alla

Regione Lazio che non è stata ancora calendarizzata. L’intero settore sta andando a rotoli, con

tutto l’indotto che si porta dietro».

E nelle cliniche private che succede?

«Alcune agenzie funebri hanno addirittura creato un proprio ufficio all’interno della struttura

ospedaliera. A questo punto, si potrebbe anche vendere articoli sanitari. Diventa un

supermarket. Ho anche visto un medico di una Rsa, che faceva assistenza domiciliare a un

malato terminale, consigliare alla famiglia a quale agenzia funebre rivolgersi. Considerato il

rapporto di fiducia che si crea con il medico, non c’è gara per le altre imprese».

Anche il padre di Alfredo Guagnelli, sulla cui scomparsa indaga la Procura, era 

nel business delle camere mortuarie?

«Sergio Guagnelli ha una ditta di marmi al Verano che partecipava agli appalti in Ati . Dopo la

scomparsa del figlio Alfredo, nel 2009, sembra siano scomparsi anche gli appalti vinti».

Secondo lei c’è un collegamento con l’inchiesta su Mafia Capitale?

«Un legame c’è. Mi chiedo però perché le cooperative di Salvatore Buzzi sono state

commissariate, mentre le agenzie funebri finite nell’inchiesta della Procura continuano a

svolgere l’attività . Troppi altri nomi di polititi non sono ancora venuti fuori. Destra e sinistra

erano d’accordo: un unico partito che si divideva il piatto. Non è un caso che la Mafia è uscita

da una camera mortuaria di un ospedale di Palermo e Tangentopoli per una mazzetta al Pio

Albergo Trivulzio di Milano. Roma non poteva di certo essere immune da questo sistema».

Valeria Di Corrado