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Riforma Nordio, Di Matteo: ”Penalizzerà indagini su mafia e pubbliche amministrazioni”

AMDuemila 17 Giugno 2023

Il sostituto procuratore nazionale antimafia: “Sempre più difficile controllo di legalità sui colletti bianchi”

La riforma della giustizia Nordio “nel suo complesso va nella direzione di rendere sempre più difficile il controllo di legalità sulla criminalità dei colletti bianchi. E renderà ancora più indifesi i cittadini rispetto agli abusi del potere“. “Penalizzerà anche le indagini sui rapporti, oggi più che mai pericolosi, tra le mafie e le pubbliche amministrazioni. E’ un bavaglio che si pone in assoluta continuità con quello introdotto dalla riforma di Marta Cartabia“.
Porterà, con la previsione della collegialità delle decisioni sulle misure cautelari, alla paralisi giudiziaria negli uffici più piccoli. Imporrà un ulteriore bavaglio alla informazione che comprimerà il diritto di ogni cittadino di venire a conoscenza di fatti e rapporti di grande rilevanza pubblica“. È questo l’allarme lanciato dal sostituto procuratore della direzione nazionale antimafia e già membro togato del Csm Nino Di Matteo (e riportato dalla Adnkronos) in merito al disegno di legge che, di fatto, porta avanti tutte quelle battaglie storiche fortemente volute da Silvio Berlusconi (deceduto quattro giorni fa), tanto che il Ddl è stato a lui dedicato.
La riforma prevede, in esterna sintesi, l’abolizione dell’abuso d’ufficio; un nuovo bavaglio alla stampa con un’ulteriore stretta sulla pubblicazione delle intercettazioni (non si potranno trascrivere e quindi nemmeno pubblicare le intercettazioni che riguardano terze persone); custodia cautelare applicabile solo dopo aver interrogato l’indagato (la misura potrà essere applicata solo dopo una decisione collegiale di tre giudici e una volta che l’indagato è stato avvisato almeno cinque giorni prima per l’interrogatorio) e per certi reati l’inappellabilità delle sentenze di assoluzione da parte dei pm (che verrà molto probabilmente dichiarata incostituzionale così come avvenuto nel 2006 con la legge Pecorella).
La norma sull’avviso di arresto per gli indagati “
mi pare evidentemente tesa ad agevolare le persone accusate di reati contro la pubblica amministrazione“, ha detto Di Matteo, come si legge sul ‘Fatto’.
Si tratta di meccanismo che per il magistrato è “una sorta d’incoraggiamento alla latitanza. In pratica si corre un rischio micidiale, si provoca il pericolo di fuga che fino a quel momento non c’era, anche perché magari l’indagato non sapeva di essere sotto inchiesta”.
A corti discorsi i colletti bianchi verranno ‘salvati’ dai magistrati. Anche l’interrogatorio che si dovrà fare cinque giorni prima dell’arresto va in questa direzione poiché cioè verranno ‘avvertirti’ in anticipo.
L’interrogatorio con il rischio di finire agli arresti, però, potrebbe spingere l’indagato a confessare o confermare parte delle accuse. 
Sarebbe paradossale se scattasse questo meccanismo, cioè l’utilizzo della minaccia della custodia cautelare come una sorta di invito alla confessione e alla delazione“, ha detto  Di Matteo.
Osservazioni sono state fatte anche in merito all’abolizione del reato dell’abuso d’ufficio (articolo 323 del codice penale): Di Matteo ha fatto notare come l’abolizione di questo reato sta avvenendo mentre “
stanno arrivando i miliardi del Pnrr da spendere. Senza considerare che recentemente, con il codice Appalti, sono state innalzate le soglie minime per gli affidamenti diretti senza gara”.
Quello di oggi è solo il funerale dell’abuso d’ufficio – dice Francesco Curcio procuratore capo a Potenza già in passato sostituto alla Dia presso la Procura di Napoli sempre al ‘Fatto’ – Con le riforme fatte in passato, l’ultima dal governo Conte, il reato era già morto. Porre un freno all’uso per finalità private e non istituzionali del potere pubblico però rimane una necessità. I politici raccolgono le doglianze dei loro colleghi, ma non considerano che, come dimostrano migliaia di denunce, i cittadini vogliono essere tutelati dagli abusi dell’autorità. Con l’abolizione del reato i cittadini sono rimasti senza tutele. Forse con le opportune correzioni si potrebbe ripristinare il vecchio ‘interesse privato in atti di ufficio’”. Quest’ultimo reato era stato abrogato nel 1990.
Ma il ministro ha già messo in chiaro di non voler ascoltare le critiche, e, anzi, di considerarle “inammissibili”: “
È patologico che in Italia molto spesso la politica abbia ceduto alle pressioni della magistratura sulla formazione delle leggi. Questo è inammissibile”.
Curcio ha commentato che “in un Paese democratico non si può privare il cittadino, qualsiasi cittadino, del diritto di esercitare il diritto di opinione e di critica, purché sia esercitato nei limiti della continenza. Mi sembra insomma un non senso: come dire che i virologi e i medici non potevano fare osservazioni sui provvedimenti che venivano presi dal governo durante la pandemia”.

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fonte:https://www.antimafiaduemila.com/home/primo-piano/96016-riforma-nordio-di-matteo-penalizzera-indagini-su-mafia-e-pubbliche-amministrazioni.html