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Riflessioni di Arturo Gnesi, Sindaco di Pastena e dirigente dell’Associazione Caponnetto sul Convegno a Formia sulle mafie nel Basso Lazio e sulle strategie per contrastarle.

Formia : non si vince la mafia se non si cambia la politica

Superato l’anacronistico concetto che le mafie sono solo quelle d’importazione legate al soggiorno coatto o al confino, oggi bisogna fare i conti con le mafie locali e con gli uomini del posto che fanno gli interessi dei mafiosi. Una mafia che non ha bisogno più di estorcere denaro dai commercianti perché ormai controlla il mondo degli appalti, i clan che non devono più sopravvivere con lo sfruttamento della prostituzione perché lucrano con il traffico della droga, una mafia che si appropria delle borse e investe i suoi capitali all’estero.

La mafia non è solo in Sicilia e i clan malavitosi non sono quelli descritti in Calabria, Puglia e Campania ma esistono anche nel Lazio, disseminati sulle varie provincie, con basi a Roma e con una presenza significativa e ramificata nel sud pontino e nella bassa provincia ciociara. E’ risaputo che soprattutto il clan dei casalesi ha lungo le coste laziali e nella provincia di Frosinone numerose attività commerciali grazie ai proventi del traffico illegale dei rifiuti e della realizzazione delle opere pubbliche. Imprese sempre più competitive e un’organizzazione che riesce a prelevare, grazie alla disponibilità di ingenti somme di denaro, gli esercizi commerciali che strangolati dalla crisi economica sono costretti a chiudere. Non bastano le indagini delle forze dell’ordine, i sequestri di beni immobili, la scoperta e la denuncia di traffici illegali di sostanze stupefacenti, rifiuti e denaro sporco, i clan sempre più assiduamente controllano il territorio nonostante che tanti sindaci e amministratori locali continuino a negarlo. Mafia e pezzi dello Stato che incrociano i loro destini e che non sempre si ostacolano e si combattono ma spesso trovano l’accordo per una pacifica coesistenza. Non solo una mafia che infiltra le istituzioni ma pezzi delle istituzioni in mano alla mafia, non uomini collusi con la mafia, ma mafiosi che occupano lo Stato. Non sempre è così perché in tanti la combattono e soprattutto molte associazioni trovano quotidianamente la forza di arginarla e assieme alle forze dell’ordine tutelano la legalità e la libertà dello Stato. La mafia infatti per sua natura pone sotto ricatto lo Stato e i cittadini, li minaccia e li intimorisce e oggi con la crisi economica e il degrado etico addirittura se li compra, con lusinghe, favori e promesse di impiego. La politica è l’assente ingiustificata, eternamente distratta, attratta solo dal potere e dalla ricerca del consenso, a tutti i costi e con tutti mezzi.

Una politica che ha dimenticato i valori essenziali, scavalcata dall’opportunismo e dall’utilitarismo appena addolcito da imbarazzanti discorsi untuosi e fasulli. Una politica che si nasconde dinanzi allo sguardo critico dei cittadini, una politica dell’avere che ha tutto da perdere se si scoprissero gli altarini e venissero rese pubbliche le prebende e i rimborsi che garantiscono potere, successo e impunità. Altra cosa la politica che si pone al servizio della legalità della giustizia e della tutela dei diritti dell’uomo, è esattamente l’opposto perché questa non trama all’oscuro, non tesse rapporti compromettenti con il mondo spregiudicato e corrotto degli affari, non si lascia mettere il guinzaglio dalle corporazioni massoniche e mafiose che silenziosamente si infiltrano nelle istituzioni. Stato risanato e conti in pareggio se solo venissero cacciati i corrotti dalla politica e i ladri dalle istituzioni, un’operazione urgente e alla portata di tutti se solo ci fosse la buona volontà di non mirare agli interessi personali ma solo a quelli della collettività. Del resto non è più pensabile di sostenere una classe dirigente che ha assalito i palazzi romani e una volta occupati ha legiferato a proprio vantaggio e si è appropriato senza remore e vergogna dei beni e delle ricchezze a scapito dei bisogni e sofferenze del mondo circostante. In un contesto di fragilità ideale di declino etico e morale della politica assieme al disincanto della società civile e alla profonda crisi economica appare evidente che le mafie trovino ampi spazi e possibilità per diventare più forti e persuasive e di arrivare ad interloquire direttamente con le istituzioni attraverso gli ormai rinomati colletti bianchi. La mafia si arricchisce con gli appalti, con le forniture alle aziende ospedaliere, con l’affidamento dei servizi pubblici e oggi anche con il grande business delle energie alternative, eolico e fotovoltaico. Gli amministratori hanno pochi strumenti per verificare quanto puliti e raccomandabili siano i tecnici e le imprese che ricevono in gestione i servizi e si aggiudicano le gare di appalto. In genere bisogna diffidare di chi frequenta ambienti chiacchierati o addirittura contigui e collusi con i clan. Bisogna trovare strumenti legislativi idonei ma soprattutto occorre che gli imprenditori trovino il coraggio di denunciare chi pretende e intasca le mazzette, i tecnici e progettisti tornino ad avere fiducia nello Stato e dicano a chi passano le bustarelle, i funzionari pubblici allo stesso modo contrastino il malaffare e il malcostume dilagante portando dinanzi al giudice chi ha tentato di corromperli.

Oggi tutto questo non accade, le presunte vittime di un sistema che spreca le risorse pubbliche e mantiene politici nell’ozio e nell’opulenza, stanno al gioco convinte che non cambierà mai nulla e continuano a pagare sapendo che se si opporranno saranno emarginate e non troveranno più lavoro e le loro attività andranno in malora. Certo ci vuole coraggio e anche la Chiesa deve avere più coraggio schierandosi dalla parte dei giusti e degli oppressi e non assolvendo i potenti e i corrotti. Una chiesa che incontra la gente per strada e che non predilige i misteri e i linguaggi oscuri, che non si preoccupa delle ricchezze ma di portare ovunque l’annuncio del vangelo.

La mafia si può vincere ma senza illusioni e senza sperare nei miracoli ma solo se ognuno farà la sua parte e soprattutto se una politica rinnovata troverà il coraggio di allontanare chi ruba, di tenere fuori dal palazzo quei tanti colletti bianchi, portaborse, faccendieri e ruffiani che nulla sanno della povertà sociale, che nulla vogliono fare per la società e che non hanno alcuna voglia cambiare questo Stato. Una rivoluzione anzitutto culturale, una rinascita morale per una società bella efficiente economica e pulita, sotto tutti i punti di vista.